Dialogo tra Dio e il Diavolo

“Eeehhhhiiii!!! Lassù! Ohh! Tu, cherubino! Sì, dico a te! Di’ al Padrone che ci devo parlare. Subbitooo!”
Un'eternità dopo.
“Perché mi disturbi Diavolo?”
“Uè, Padrone del creato! Io disturbare te? Ma quando mai? Che me ne sto nel mio piccolo regno, senza muovermi da qua.”
“Se see. E quei demoni che ho scovato l’altro eone a scorazzare per l’Empireo?”
“Ahh quelli. Non li ho mica mandati io. Sono scappati. Volevano vedere un po’ del creato.”
“Vabbè. vabbè. Comunque. Perché mi hai chiamato? Che c’è di così importante da disturbare Me?”
“Gli uomini, Padrone. Gli uomini. Non ne posso più. Devi riprenderteli nell’Eden. Io non ce la faccio a sopportarli.”
“E che problema ti danno gli uomini? Non ti ho forse lasciato corromperli e farli quasi a tua immagine, come volevi? Non ti adorano come un Dio forse?”
“Ma quale immagine e quale Dio! Hai detto bene, sono quasi a mia immagine. È per questo che mi fanno tanto arrabbiare.”
“Non capisco. Spiegati”
“Sì, non capisci, come no. L’Onnisciente non capisce. E ridacchia pure, mentre lo dice.”
“Forse, se tu mi spiegassi cosa non va con i tuoi uomini.”
“Lo sai benissimo cosa non va! Sembrano cattivi, combinano disastri meravigliosi. Ammazzano, distruggono, mentono, tradiscono. S’inventano ogni giorno qualche nuovo peccato.”
“E dunque? Non ne sei fiero e contento?”
“Sì. Lo sarei. Se poi, di colpo, non saltassero fuori con azioni belle ed eroiche e meritevoli. D’improvviso si sentono tutti santi, o quasi. Si mettono a pregare, a farsi favori, a coccolarsi perfino. Si amano anche!”
“Lo sapevi bene che l’uomo ha il libero arbitrio. È la cosa che più di tutte lo differenzia dalle altre creature.”
“Lo sapevo, sì. È per questo che ho potuto portartelo via. Ci mancherebbe che non lo sapessi.”
“E allora, di che ti lamenti?”
“Tu l’hai fatto apposta!”
“Apposta cosa?”
“Non fare il finto Inconsapevole con me!”
“Non ti seguo proprio, Diavolo. Volevi l’uomo e l’hai avuto. Te lo sei portato nel tuo regno. A peccare, a uccidere, a soffrire e far soffrire. Dovresti essere soddisfatto del risultato.”
“No! Per niente! Appena mi convinco che è ormai in mio possesso, uguale a me, feroce come me, si trasforma in una specie di angeluccio, fragile, amoroso, timoroso. Mi fa uscire di senno!”
“E io che posso farci?”
“Devi riprendertelo! Io non lo voglio a rovinare il mio regno!”
“Non posso. Lo sai. Sta a lui decidere. Ha il libero arbitrio. Si vede che s’è affezionato a te.”
“Non mi prendere in giro!”
“Eh eh eh! Magari potessi. Io dico solo la Verità, lo sai”.
“Devi convincerlo a tornare nell’ Eden! Manda i tuoi angeli, manda chi ti pare. Ma fammelo sparire da qua!”
“Mi dispiace, ma non funziona. Gli ho mandato perfino mio figlio. Non è servito a niente, se non a far divertire Te.”
“Ancora mi porti rancore per quella storia? Che ti aspettavi che facessi? Arriva il tuo figliolo, tutto pieno di grazia e d’amore. Come mandare un agnellino nella tana del lupo.”
“Appunto”
“Riprenditelo! Oppure distruggilo, annientalo. Fallo sparire!”
“Lo sai che non è possibile. Perfino l’uomo se n’è reso conto. Tutto si crea e nulla si distrugge. È la regola.”
“Nel mio regno non ci può stare. Non è come me, non assomiglia neanche alle mie creature.”
“E nemmeno nel mio può stare. Per un po’ fa il bravo. Poi si rimette a compiere scelleratezze. I miei angeli non ne sopportano neanche più l’odore.”
“Questa me la paghi. Prima o poi. L’eternità è lunga. Prima o poi te la faccio pagare!”
“Ammé, Diavolo. Goditi il tuo uomo”