Figlia di una fiaba

Nata tra le fronde di rovere e le radici di un ciliegio rosso fuoco, rivestita dalle foglie di un faggio candelabro e dalle bacche d’agrifoglio, custodiva primule gialle nel cuore che suonava come se fossero trombettine giocattolo, camminava sul sentiero delle querce e accarezzava dolcemente le piccole viole del sottobosco...
Lo spazio terreno si rifletteva in questo sguardo azzurro ed è così che il cielo e il mare si rasserenavano, placava le tempeste e calmava le onde, scioglieva i venti gelidi con il calore delle labbra e baciava armoniosa le stagioni che si alternavano ciclicamente.
Era nata da una fiaba, partorita nel ventre dei sogni di tutti noi, uomini e donne, bambini e anziani, tutti desideravano che esistesse qualcuno che portasse in dono la serenità e la dolcezza,

la sincerità e la bellezza, per questo ora viveva...

materializzata e incarnata tra corolle profumate, polveri colorate, leggera come un’aria tiepida con il sapore del mattino e brillante, come i pianeti lontani che ruotano a cerchio intorno a noi, a lei, al mondo, facendo un eterno girotondo danzante tra le stelle e le galassie...

Un tempo l’uomo viveva al buio, nelle grotte e nelle spelonche, annidato e indifeso tremava per il freddo e la paura, era vittima degli eventi naturali, cibo per i predatori, subiva le intemperie e le glaciazioni senza poter affrontare il maltempo né le avversità...
non c’erano boschi ma solo foreste impenetrabili popolate da serpenti enormi, paludi sconfinate in cui regnavano coccodrilli giganteschi e montagne inaccessibili sorvolate da aquile preistoriche estremamente feroci e malvagie... avvistavano dall’alto le loro prede e le ghermivano con immensi artigli per cibarsene.

Il vento gelido desertificava le zolle e nei campi crescevano solamente arbusti spinosi e sterpi nodosi, le rocce erano seghettate e taglienti e i mari inarcavano la cresta di onde schiumose e roboanti che si frantumavano rabbiose sulla riva devastata, erosa, consumata.

Dov’era il cibo, dov’erano i fiori, l’erba, la pace di una terra verdeggiante e silenziosa...?

Non c’erano lucciole né farfalle ma solamente insetti voraci assetati di carne, pipistrelli con l’apertura alare di un elefante e ragni mostruosi, topastri pelosi, istrici deformi, tigri fameliche, rettili striscianti e rapaci notturni...

Nessuno conosceva la gioia, pochi avevano provato l’esperienza dell’amore, si diffondevano al contrario il terrore, la paura, l’orrore, l’inquietudine, l’incertezza e l’angoscia di vivere braccati come piccole lepri in un territorio di caccia.

Serviva qualcosa, una luce, una speranza, una magia che potesse cambiare le cose per ridare sorriso e spazio ai bambini che non avevano ancora sviluppato neppure il senso del sogno o della creatività... solamente l’ombra intermittente di paure e allarmi era l’universo noto esistenziale, solamente quello e nessuno poteva sfuggire a questo limite ideologico privo di fascino e seduzione.

Per questo i bimbi dei villaggi si radunavano ogni sera intorno a un grande fuoco e cantavano preghiere dolci insieme a tutta la tribù... inneggiavano il loro desiderio di pace dedicando al Dio Sole a alla Dea Luna il loro piccolo cuore, i loro sogni invisibili...

Passavano ere e glaciazioni, avanzava il deserto e recedevano le steppe, si spostavano orizzonti e progrediva l’uomo insieme ai primi albori di una civiltà ancora vergine di tecnologie... ma la mano sapiente di questa specie eletta imparò a dominare il fuoco e il ghiaccio, a costruire, nidificare artificialmente in tane progredite e accessoriate, decorate, personalizzate, ma nulla ancora poteva opporre alla forza della natura e alle energie oscure della notte, delle creature inquiete che popolavano leggende e, purtroppo, anche la quotidianità.

I bimbi si stringevano tra le pelli di bufalo e osservavano il cielo attraverso il singhiozzo di  lacrime piccine, gocce di pianto, stille umide sul viso impaurito dalle ombre nere di un pipistrello carnivoro, una nuvola di ragni e scorpioni, un tappeto di granchi velenosi... ogni rumore, ogni tumulto, ogni palpito del cuore erano momenti di silenziosa battaglia per rendersi invisibili, introvabili, prede senza tregua, mano nella mano, mentre i tuoni saettavano lampi e fulminavano le nuvole... finché un prezioso sonno li portava via, rapiti e distanti da questa realtà fuori misura, senza fiaba, senza dimensione...

Mutava il grande regno animale e i grandi rettili mesozoici lasciavano questo pianeta per riprodursi altrove... le rocce del triassico, ormai levigate, si immergevano nella falde delle dorsali oceaniche per fondersi in nuove leghe, creare nuovi minerali, nuovi elementi... la terra partoriva nuovi frutti, nuovi fiori, nuove forma di vita vegetale mentre i venti tropicali si fondevano con quelli siderali... era l’inizio di una grande metamorfosi della geologia globale... le nubi si addensavano per attanagliare la luce di un sole sempre più lontano, pioveva fango, nevicava cenere, solidificavano cristalli di sale e argilla cementando la superficie della terra e delle acque... i colori erano distrutti, assorbiti da questo manto irrespirabile fossilizzavano interi branchi, intere foreste, fiumi, laghi e continenti... mari... oceani...

La forza delle onde devastava scogliere millenarie che crollavano sbriciolate come macerie del passato, la melma imbizzarrita distruggeva coralli, atolli, fondali e litorali, cicloni trasversali, bufere vorticose, tornadi acquitrinosi strappavano le ultime forme di vita lacerandole nel nulla... la polvere, le polveri... l’aria, mancava l’aria, era tutto sepolto, sommerso, coperto... restavano solo i cunicoli sotterranei e le gallerie carsiche, i pozzi freatici, le grotte fluviali...

L’uomo diveniva talpa, i bambini senza sorriso strisciavano come topolini disorientati alla ricerca di frammenti di calore, le dita sfioravano, toccavano e, forse, accarezzavano la pietra umida alla ricerca di un abbraccio...

Ma il cuore del pianeta produceva solamente esplosioni vulcaniche, saliva il magma furibondo attraverso le arterie longitudinali e ribolliva sulla crosta saccheggiata, tremava la terra, ribollivano le catene montagnose che fondevano ghiacciai sulla barriera corallina, iceberg equatoriali, deserti pluviali...

I bimbi più piccoli succhiavano l’acqua che condensava sulle stalattiti, giocavano a schizzare ricami di calcare sulle candele di sale, si rincorrevano alla cieca tastando le colonne sedimentarie, saltando filoni e spaccature... non era rimasto più nulla, ma la mancanza materiale non impediva ai cuccioli d’uomo di credere ancora nella forza dei propri sogni...

Non c’era il giorno...

Non c’era la notte...

Solamente una gelida cavità sotterranea, rifugio di una specie che non era disposta a rassegnarsi, né estinguersi...

Cosa ha portato questa generazione alla sopravvivenza... quale straordinaria energia ha dato loro la spinta e lo stimolo per resistere secoli, forse millenni nel nulla e senza più nulla? cosa cercavano, cosa aspettavano, cosa credevano, in chi, a cosa... credevano?

Forse già allora la speranza di un messia, un cristo preistorico motivava la speranza di un’attesa, una liberazione, una rinascita...

I bimbi divenivano adulti e nascevano altri bimbi, pallide anime senza luce avevano sempre un grande dono nella sorgente linfatica del proprio cuore: immaginavano, sognavano, creavano... la forza di un sogno alimentava la loro crescita, colmava il silenzio, colorava il buio e rischiarava le caverne dipingendo stelle immaginarie sulle pareti, fiori di pietra, petali di sabbia, forse anche sorgenti e, forse, persino fragole, mirtilli, lamponi, ciliegie...

Tramandavano l’un l’altro il dipinto delle singole fantasie e definivano così un mondo parallelo popolato di cibo colorato... immaginavano tonalità di nero di aspetto differente: ascoltavano il petto pulsare e sentivano il colore del sangue, creavano un cielo attraverso la percezione del proprio sguardo pietrificato, ideavano l’azzurro e lo riflettevano in pozzanghere infinite popolate di scintille di vita armoniose, sinuose, un mondo colorato e variopinto dalle mille forme, dai mille sapori, profumi,  intonazioni...
L’energia tramandata di questi bimbi iniziò così a risalire, come in un camino magmatico, verso la superficie torbida della sfera terrestre... si propagava nell’aria paludosa, si infiltrava nelle viscere fangose, antidoto d’amore alle forze oscure che precludevano la vita...

I bimbi sognavano, sognavano ancora e la loro forza divenne vita, i loro giochi divennero luce, raggi, raggi di luce che improvvisamente iniziò a filtrare tra la densa coltre di vapori neri e le tenebrose nuvole dei temporali eterni.

Raccontavano una fiaba, i bambini... e forse anche gli adulti:

“Una bambina di nome Serenella, mentre giocava tra le stalattiti della sua grotta, smarrì la strada della tana familiare della sua tribù e cominciò a vagare nel buio, sola e infreddolita...
Tastava le rocce, accarezzava le pietre ma non riusciva a riconoscere il percorso abituale e passarono cicli di sveglia e cicli del sonno in cui sognava tanto di ritornare tra le calde braccia di sua madre... Nel silenzio, forse dormiva, una piccola scintilla le indicò un cammino e lei seguì la direzione indicatale, era stanca ormai e non aveva quasi più le forze per salire, stava per cedere esausta e sfinita ma quel puntino dorato era la sua speranza, il suo desiderio, il suo sogno... poteva condurla al tutto, alla sua tribù, alla sua famiglia, al calore, all’amore...

La prese tra le mani e cominciò a brillare, intermittente codice di vita, palpitava, volava, la seguì ancora fino a giungere ad una volta immensa, la caverna si allargava enormemente e sul soffitto c’erano tanti puntini brillanti, dorati, argentati... e altri ancora volavano intorno a lei. Percezioni nuove, sensazioni sconosciute... profumi... sentiva per la prima volta un odore diverso dalle putrescenti esalazioni della caverna, era un senso del buono, aveva fame, sete, era sfinita, camminava sul morbido ora, nessuna pietra, nessuna roccia, si sdraiò sul soffice tappeto e si addormentò... sogni...

Tanti, tantissimi sogni fino al risveglio circondata da meraviglie, magie, entrava nel sogno, lo toccava, lo sentiva, camminava nel sogno, su questo strato verde e profumato di fili morbidi, nessuna tempesta, nessun maremoto... Ora il soffitto della grotta era immane e lucente, chiaro... una grande luce calda dipingeva forme senza fine. Le montagne fiorite, il mare tranquillo, i canarini e le rondini, i passeri, il pettirosso... le farfalline azzurre e le piccole margherite ma soprattutto queste palline colorate e profumatissime che ridonano energia al corpicino sfinito di Serenella che riprende forza, impara a correre, toccare, sentire, vedere, ascoltare... profumi e suoni, rumori, calore, colore, raccolse alcune fragole, alcune ciliegie, papaveri e conchiglie, prugne dorate e garofani selvatici, sentiva gioia, provava amore per tutto questo... Questa immensa grotta dal soffitto multicolore divenne la sua casa per sempre, aveva tutto: dall’alto scendeva l’acqua per lavarsi e dissetarsi, a volte persino cristalli bianchi e leggeri, freddi... Intorno a lei la dolce compagnia di animali mansueti e pacifici, c’era un ciclo di luce, che chiamò giorno e un ciclo di buio che chiamò notte, in cui le divenne naturale assopirsi e dormire, sognare... che tutti i bambini di tutte le grotte potessero trovare questa via, questa lucina dorata che chiamò “lucciola” ... e giungere a questa grotta meravigliosa che chiamò “mondo”.... “

I bimbi sognavano tutto questo e ogni ciclo raccontavano la fiaba, questa fiaba, che dava corpo ai loro desideri e ai progetti di una speranza superiore.

Ma Serenella non era semplicemente una storia da raccontare... lei esisteva, era viva, reale figlia della fiaba stessa e il suo richiamo, il suo segnale di amore giunse al profondo di tutte le grotte, ai lontani abissi, nei cunicoli e nelle voragini...

il profumo del suo fiore color lilla tracciò un percorso che tutti i bimbi del grande popolo sotterraneo iniziarono a seguire... si alzavano, mano per mano e gioiosi giunsero tutti insieme a questa nuova cavità sconfinata chiamata Mondo...

Ora potevano correre, vedere, saltare, osservare, usare i sensi del proprio corpo per percepire sensazioni complete, totali, di amore e di piacere...

Era l’inizio di una nuova era che non appare nella storia geologica del nostro pianeta:

L’Era dell’Amore...

Non appare cronologicamente e neppure didatticamente ma noi sappiamo che è esistita e, forse, esiste ancora...

Quando sentiamo il profumo... un profumo vero sì... cioè... non quello di D&G o di YSL dentro le scatolette di vetro... NO... quello di un fiore, dell’erba, del mare o della pioggia... quando guardiamo le stelle, la luna, i ricami delle nuvole o i colori del sole, quando tocchiamo le acque e giochiamo con le onde ed i gabbiani... noi facciamo l’amore, con il mondo...

E Lei, forse, non era solamente una fiaba, un fiore, chissà...

Magari tra le stelle ci osserva nella speranza che le fiabe aiutino a crescere il senso della speranza per un mondo migliore in cui esistere, nascere e rinascere, vivere senza distruggere, gioire, sognare, amare...