Firestorm

Scarlatto è il cielo, attraversato da dune solari, che come onde travolgono il rosso del sangue, di cui si tinge il soffitto della città di FireStorm. È un fuoco perenne, quello che resta acceso al di sopra di essa, vivo e caldo, scaccia sulla terra piccole gocce di brace, forse, ultimi residui di qualche stella ancora viva, che si sgretola divorata dalle fiamme.  Il giorno e la notte si confondono in un tramonto, di cui la fine non è ancora stata scritta. Ribolle il mare di lava, che si estende da lontano sino alla riva, come se il cielo all’orizzonte si fosse sciolto in una cascata, di cui la terra si è fatta culla. Si agita a stento, appesantito, sofferente, scotta la riva a piccoli accenni per poi rifugiarsi nei suoi abissi. Si erge fiero il pontile, confine naturale, nero bruciato, fumante di rabbia, per essersi riscaldato e svestitosi della sua consistenza. Profuma di catrame l’aria. I pochi edifici circostanti sono stati mangiati dai fuocherelli naturali, che prendono vita al semplice schiocco delle dita, percorrono in orizzontale e verticale i palazzi, le case, i negozi come se li recintassero, è un filo spinato accaldato, avaro di morte, che quanto più penetra all’interno più fa sanguinare, macchiando di rosso l’intonaco ormai consumato. Frequenti esplosioni si verificano intorno, sia all’interno delle abitazioni, che all’esterno per l’eccessiva temperatura. È una musica leggera il ripetersi in successione del frantumarsi di vetri, specchi, che leggeri cadono dall’alto, riflettendo come lucciole i colori accesi del cielo, scivolano brillanti sull’asfalto. È l’incontro di due anime che si avvolgono, è un bacio da cui restare inghiottiti. La natura è bruciata, morta, stecchita. Ne restano poche sembianze, se non gli esili scheletri carbonizzati a ricordare una vita ossigenata, pura. La stessa terra non sembra essere tale, è un lutto ciò di cui è spettatrice, sterile nel ventre, vedova e senza figli. Gli abitanti di FireStorm sono chiamati le torce, prima erano dei normalissimi essere umani, col sopraggiungere poi del surriscaldamento globale, lento e graduale, anche il loro corpo si è adeguato come l’ambiente naturale ricoprendosi di fiamme dalla testa ai piedi. Il loro corpo è fatto di fiamme, si distinguono le braccia le gambe e il busto con la testa ma non c’è traccia di dita, orecchie, capelli, naso. Nel rosso vivo di cui sono coperti sono visibili occhi e bocca incavati all’interno del focolare, di un giallo così intenso come se stesse appena nascendo una piccola stella nel nero della notte. È alta la temperatura a FireStorm è malinconica la vita delle torce è dolce il tramonto è romantico il cadere degli astri a cui affidare desideri caldi.

Ersilia Anna Petillo

Racconto pubblicato sul quotidiano "Il Roma" del 15 Settembre 2011