Galoppo - Le corse della leggenda: la "Triple Crown" degli Stati Uniti (prima parte)

                                                = Introduzione =
Sul finire degli anni novanta dello scorso secolo cominciai a prendere appunti su fantini, cavalli e storie legate al mondo delle corse di galoppo. Alla fine del decennio precedente avevo cominciato ad interessarmi a quello sport, a quel mondo e alle sue storie seguendo avvenimenti su quotidiani e riviste, in tivù o nelle sale corse, dove attraverso vari circuiti televisivi privati e network a circuito chiuso venivano sovente irradiate immagini in diretta di corse importanti come, ad esempio, il Derby inglese di Epsom o l'Arc de Triomphe in Francia. Pur essendo appassionato di sport sin da ragazzino, fino ad allora avevo sempre visto con occhio sospettoso e con circospezione quella branca sportiva, ritenendola ‐ a torto ‐ di difficile comprensione. Una cosa ed un mondo a sé stante, sembravano per me, quasi inavvicinabile...una nicchia incomprensibile a tutti quelli che come il sottoscritto non fossero degli addetti ai lavori o  avvezzi alle scommesse; qualcosa per pochi intimi o aficionados e poco più (molti infatti la ritengono un settore di esclusivo interesse di scommettitori incalliti, miliardari o nobili: a misura fatta per i loro interessi, appunto!). E' invero cosa sicura, tuttavia, direi quasi del tutto matematica (o matematicamente esatta), che l'ippica ‐ e le corse di cavalli in genere ‐ possano apparire a volte un tantino noiose mentre cifre e statistiche siano del tutto indigeste talora ‐ e per i più ‐ trasformandosi spesso in un vero e proprio ginepraio in cui è difficile muoversi e districarsi ed altrettanto facile ‐ al contempo ‐ perdersi. Tuttavia essa (soprattutto il galoppo, per quel che più mi tange) riveste un fascino particolare, quasi inspiegabile, e quando la scopri o meglio impari a conoscerla e intendi che è così, allora non puoi più fare a meno di amarla. A dire il vero, però, ho amato, sin dall'infanzia, quegli animali a quattro zampe bellissimi nonché affascinanti che rispondono al nome di cavalli: molti li ritengono ‐ ingiustamente ‐ scarsamente intelligenti se no addirittura stupidi ma non è affatto così; al contrario invece essi sono intelligenti parecchio (molto spesso lo sono più dell'uomo, degli uomini e degli esseri umani tutti insieme!) e sensibili come pochi. Sono, in buona sorte e sostanza degli "spiriti liberi", dotati di un certo quid di selvaggio ma anche pieni di grazia e dolcezza, davvero qualcosa di...speciale! Tornando a quanto sopra scritto, debbo dire che il progetto era quello ‐ tanti anni fa ‐ di dare alla luce una serie di articoli (lunghi, monografici, col taglio a metà tra cronaca e storia da una parte e aneddotica, curiosità, statistica e quant'altro dall'altra) sulle grandi corse nel mondo, ovvero quelle che hanno fatto e segnato la storia del galoppo nel corso del tempo, dagli albori ai nostri giorni:  le corse più importanti, insomma, e prestigiose, in quei paesi dove esso è la specialità regina dell'ippica (dagli Stati Uniti ai Paesi britannici ed anglofoni in genere, come Australia e Canada; dalla Francia all'Italia e al Sud America passando per estremo Oriente e Paesi Arabi) rispetto al trotto. Ebbene, il progetto (quel progetto) l'ho accantonai in seguito ma lo scorso anno (dopo oltre un ventennio) ho ricominciato a mettere in ordine tali appunti, ad assembrarli razionalmente e ad aggiornarli statisticamente servendomi anche dello sconfinato patrimonio di dati, curiosità e notizie (quelle che Americani ed Inglesi chiamano "facts" o "trivia") oggidì disponibile sul web. Lo feci (e continuo a farlo perché trattasi di opera abbastanza lunga e difficile che abbisogna di continui restauri ed aggiornamenti) a partire dall'Arc de Triomphe, la corsa più importante di Francia e tra le più importanti e seguite in Europa, dalle corse inglesi e da alcune americane tra cui quelle della cosiddetta "triplice corona". Ne è scaturita (anzi, ne sta scaturendo perché molte volte mi capita di scrivere in "tempo reale", a braccio o di getto) una serie che ho intitolato"le corse della leggenda". Debbo dire, anzi, evidenziare bene (ritengo sia doveroso farlo per onestà verso molti appassionati e molte persone che operano nel settore come addetti ai lavori e spesso ricavano di che vivere da esso) che non amo particolarmente il trotto (ricordo, tuttavia, una storica edizione, la prima ‐ quella del lontanissimo, temporalmente ma no nei miei ricordi, 1978 ‐ del Gran Premio "Città dei Due Mari" disputata sulla pista dell'ippodromo "Paolo VI°" di Taranto e che vide protagonista principe un cavallo di nome Wayne Eden, leggenda delle corse in carrozzino: fatto curioso è che esso fosse nato proprio negli States per poi essere allevato dalla società Mira, in Toscana), benché esso sia specialità che vada per la maggiore in Italia (ma è così anche in altri Paesi europei come quelli scandinavi, o in Belgio: inoltre, nella stessa Francia, negli Stati Uniti e in Canada esso ha notevole seguito ed enorme volume d'affari sebben non tocchi i livelli della sua consorella). Ritengo, per mio conto, che quella del ‐ ed al galoppo ‐ sia l'andatura più naturale per un cavallo: la corsa, a quell'andatura, non viene snaturata dall'elemento tecnicamente innaturale come può essere il sulky (o carrozzino, o seggiolino che dir si voglia), appunto. Voglio concludere l'introduzione con un pensiero non mio ma da me pienamente condivisibile. Da qualche parte una volta qualcuno scrisse: "che meraviglioso racconto sono i cavalli, vi è qualcosa di memorabile in ognuno di loro!". ‐ La Triple Crown americana: i magnifici "tredici" e il poker di Whirlaway
La leggendaria "Triple Crown" (triplice corona) è l'evento più atteso della stagione negli Stati Uniti per i purosangue di tre anni. Si articola su tre prove: Kentucky Derby, Preakness e Belmont Stakes. Il termine venne coniato ad hoc ufficialmente da Charles Hatton, giornalista del Daily Racing Form di Chicago (la bibbia dei tabloid per gli scommettitori del Nord America), nel 1930, dopo le vittorie di Gallant Fox nelle tre corse, ma ufficiosamente era già in uso dal 1923, introdotto nel gergo tecnico‐sportivo da altri giornalisti. In un secolo di corse soltanto tredici cavalli sono stati capaci di completare il trittico (vincere, cioè, le tre prove che si svolgono annualmente nell'arco di cinque settimane, tra maggio e giugno, nella stessa stagione): Sir Barton (1919), Gallant Fox (1930), Omaha (1935), War Admiral (1937), Whirlaway (1941), Count Fleet (1943), Assault (1946), Citation (1948), Secretariat (1973), Seattle Slew (1977), Affirmed (1978), American Pharoah (2015), Justify (2018). Tra questi cavalli, però, l'unico che sia riuscito ad ottenere il "grande slam" fu Whirlaway. Questo castano puledro, che vide la luce alla Calumet Farm di Lexington, Kentucky, (uno dei sancta sanctorum delle scuderie, dell'allevamento e del galoppo americano) il 2 aprile del 1938, da Blenheim II°(vincitore nel 1930 del Derby di Epsom) e Dustwhirl, dop'aver trionfato ‐ dominandole ‐ nelle prove della "corona" (fu il primo degli otto vincitori di Derby nella storia per i suoi colori: l'ultimo è stato Forward Pass nel 1968) ottenne infatti il poker riportando le Travers Stakes, corsa che negli States è anche conosciuta come il "Mid‐Summer Derby" (Derby di mezza estate). Essa si disputa annualmente in agosto nel Saratoga Race Course che è situato nella omonima località dello stato di New York ed è il quarto più antico ippodromo della nazione. Nelle classifiche internazionali è inserita al 57°posto tra le cento pattern races o corse di gruppo uno più importanti al mondo (nel galoppo le corse sono classificate in gruppi, dal primo al terzo, secondo la loro importanza, tradizione e montepremi). La prima edizione si corse nel lontano 1854 e deve il suo nome a William Rubin Travers, avvocato e ricco uomo d'affari che fu uno dei fondatori dell'ippodromo di Saratoga nonché presidente della locale Racing Association (associazione delle corse). Whirlaway fu votato Horse of the Year (cavallo dell'anno) a tre anni di età e l'anno dopo, ottenendo rispettivamente nove e undici successi (prima di lui, l'impresa era riuscita solamente a Chalendon nel 1939 e 1940). In carriera ebbe un record di 32 vittorie su 60 corse disputate e guadagnò la bellezza di 561.161 dollari, cifra altamente considerevole all'epoca. "La maggior parte delle sconfitte", come scrive Peter Matthews nel suo The Guinness International Who's Who of Sport, "fu dovuta al fatto che egli avesse l'abitudine di cambiare condotta e ritmo di gara, quando era messo sotto pressione: il suo tallone d'Achille!". Morirà quindicenne (appena quattro giorni dopo il compleanno) a Haras‐de Fresnay‐le Burrard, in Normandia, nel nord‐ovest della Francia, dove si trovava nell'allevamento di Marcel Boussac, ricco magnate tessile (fu miglior proprietario dell'anno nel 1950 e 1951), il quale lo aveva acquistato per utilizzarlo nell'attività stalloniera solamente l'anno prima a titolo definitivo, dopo averlo tenuto in affitto tre anni. Terry Conway, corrispondente di corse per ESPN.com, nonché cronista e scrittore per il magazine Blood‐Horse e per numerose altre testate negli States (non soltanto di argomento ippico ma anche di arte, storia e viaggi) ha scritto: "il più delle volte le sensazionali gare di Mister Longtail (era il suo nick per via della lunga e folta coda che lo contraddistingueva) lo hanno portato sulle prime pagine delle sezioni sportive della nazione sopra Ted Williams che ha battuto .406 quell'anno, e Joe Di Maggio, che ha messo assieme una serie di 56 vittorie consecutive". E' inserito al 17°posto nel ranking dei 250 cavalli più forti d'ogni epoca di Horse Racing Nation, votato dagli stessi fans. Nel biennio 1997‐98 due allievi di Bob Baffert (dapprima Silver Charm e Real Quiet l'anno dopo) videro infrangere il loro sogno, diventato evidentemente una maledizione, all'ultimo atto: furono infatti entrambi sconfitti nelle Belmont, dopo aver vinto le prime due prove della triplice. Similmente, nel corso del tempo, è accaduto ciò ad altri diciannove cavalli, di cui ben undici dopo l'ultima impresa degli anni settanta firmata dal fuoriclasse sauro della Florida Affirmed: Spectacular Bid (1979), Pleasant Colony (1981), Alysheba (1987), Sunday Silence (1989), Charismatic (1999), War Emblem (2002), Funny Cide (2003), Smarty Jones (2004), Big Brown (2008), I'll Have Another (2012), California Chrome (2014). Bob Baffert è indubbiamente il trainer (tecnico) più  vincente del galoppo americano nell'era moderna (dal dopoguerra ad oggi ha vinto più di chiunque altro!) e uno dei più carismatici d'ogni epoca insieme a James Fitzsimmons, Horatio Luro, Charles "Charlie" Whittingham e Wayne Lukas. Due suoi cavalli, nel 2015 e 2018 (American Pharoah e Justify) hanno compiuto il triplo vincente mentre nel suo palmarès figurano ben sedici prove singole in totale (record assoluto): sei Derbies (numero di successi di Ben Jones eguagliato nel 2020 con Authentic), sette Preakness (record assoluto detenuto con Robert Wyndham Walden), tre Belmont. La sua storia è davvero fuori dall'ordinario. Egli incarna, infatti, la classica persona fattasi da sé, venuta su da sola (self‐made men, son soliti indicare Americani e in genere gli anglosassoni). La sua famiglia, in Arizona, allevava vacche e polli per poi distribuirli a ristoranti e locali della zona, mentre lui cominciò a cavalcare i quarter horses: lo faceva ogni mattina prima della scuola, su una pista in sterrato che il padre avea messo a punto arando un campo di fieno d'avena alle spalle del ranch in cui viveva, a Nogales (curiosamente essa confina, a nord, con la omonima cittadina messicana situata nello stato di Sonora). Ha continuato su quella strada, così negli anni settanta, prima di intraprendere l'università, arrivarono i primi successi da fantino e da tecnico, insieme ai guadagni ("non ho mai imparato da un vero allenatore, quindi sono stati tentativi ed errori. Per lo più errori!", dichiarò una volta egli stesso). Aveva talento, occhio per i cavalli ed anche tanto cervello. Nella metà degli anni ottanta si era fatto un nome, oramai, non soltanto in Arizona, ed era diventato allenatore d'alto livello. Un importante proprietario di cavalli, il magnate dei fast‐food Mike Pegram, si accorse di lui e lo convinse a compiere il gran salto nel mondo dei purosàngue veri (thoroughbred o blood horses in inglese). Baffert allora accettò la sfida e nel giro d'una decade di tempo riuscì a farsi strada ‐ a suo modo ‐ anche nel nuovo ambiente: i primi successi infatti non tardarono a venire (nel 1991 vinse la sua prima corsa graduata sul suolo americano: le Junior Miss Stakes, gruppo tre a Del Mar, in California, con Soviet Sojourn montato da Corey Nakatani, top‐jockey californiano degli anni novanta e duemila; con Thirty Slew, montato da Eddie Delahoussaye, fantino della Louisiana ritiratosi nel 2003 dopo una venticinquennale carriera e oltre seimila successi, trionfò nel Breeders' Sprint del'92), così come pure piazzamenti di prestigio (nel 1996 si piazzò secondo d'un soffio nel Derby il suo allievo Cavonnier, montato da Chris McCarron). In seguito diverrà fraterno amico di Pegram: i due insieme, tra le altre cose, nel 1998 porteranno al successo Real Quiet tanto nel Derby, quanto nelle Preakness, e Lookin At Lucky nelle Preakness del 2010. L'incontro tra il tecnico ed il miliardario fu importante, quasi fondamentale nella vicenda umana di Baffert: ha dato il via ad una grande storia nel mondo delle corse visto che da quel momento in avanti è cominciata una vera e propria escalation di vittorie e soddisfazioni per il tecnico dell'Arizona che non accenna minimamente a fermarsi. "Baffert ha fatto molta strada nelle corse dei cavalli", ebbe a scrivere Dave Wharton sul Los Angeles Times nel giugno di cinque anni orsono, poco prima che il suo allievo American Pharoah trionfasse nelle Belmont e lui ottenesse la prima Triplice in carriera. Oggidì Baffert è il trainer più famoso e stimato del galoppo targato "stars&stripes", nonché uno dei più noti al mondo. Le sue cifre da sole parlano: dal 1979 i cavalli che egli ha sellato hanno preso il via in 13505 corse, vincendo per ben tremilasettantotto volte (percentuale del 23%) e portando a casa oltre trecento milioni di dollari di montepremi vinti (cifra pazzesca...a dir poco da capogiro!).‐ A proposito di...quarterI cavalli di razza quarter sono tozzi, meno resistenti e più piccoli rispetto ai purosangue standard (le loro misure, al garrese, ossia l'altezza presa tra il collo e la scapola, possono variare da un metro e cinquanta a uno e sessantacinque). Questa razza è il risultato ottenuto da un ibrido tra i mustang americani e i purosangue inglesi: è riportato che l'incrocio sia avvenuto in Virginia nel 1756 tra un purosangue importato dall'Inghilterra di nome Janus e puledre indigene. Trattasi di animali in genere abbastanza docili, mansueti e propensi all'apprendimento ed al comando da parte dell'essere umano. Queste peculiarità caratteriali fanno si che siano predisposti non solo per la corsa: vengono infatti utilizzati in altre specialità ippiche come il dressage (vi sono stati cavalli, però, che si sono esibiti anche nel salto ad ostacoli) oppure in altri tipi di monte come quelle "western", durante i rodei; sovente e volentieri lo sono anche in attività di lavoro (ad esempio, per l'aratura dei campi là dove tale pratica venga ancora eseguita a quel modo, o per tenere a bada ed ordinare il bestiame nelle mandrie) e nell'ippoterapia. A proposito dell'ippoterapia è da dire che essa rappresenta un aspetto importante dell'attività di questi cavalli: trattasi invero di una pratica utilizzata per curare persone (soprattutto bambini) con limitazioni psichiche e psico‐sensoriali, la quale spesso da adito a risultati soddisfacenti. Tornando all'aspetto agonistico è da dire che le corse di cavalli su brevi distanze, negli Stati Uniti, presero piede in Virginia agli inizi del 1600, per opera dei primi coloni insediatisi nei pressi della cittadina di Jamestown. Esse venivano disputate sulla distanza di un quarto di miglio (da cui derivò in seguito il nome di quarter affibbiato ai cavalli), dapprima su ogni tipo di percorso disponibile poi su strade rettilinee vere e proprie. Il miglio è antica unità di misura utilizzata dai Romani. Entrò poi nel Sistema Imperiale Britannico ed è tuttora in uso nei Paesi di estrazione anglofona e negli Stati Uniti, nonché nel traffico per mare e cielo. Il miglio terrestre (o inglese) misura 1760 iarde che corrispondono a 1609,344 metri del Sistema metrico decimale. Le corse organizzate di quarter invece (come riferisce la Britannica Enciclopedia) iniziarono intorno agli anni quaranta del'900 e da allora in poi presero piede su circa 100 piste negli Stati Uniti, soprattutto nell'ovest del Paese. Venivano utilizzati cavalli di quella razza perché meno resistenti dei purosangue "classici" e più adatti, quindi, a distanze brevi. Oggi, negli Usa, sono classificate ben undici distanze di gara ufficiali, comprese tra 220 e 870 iarde (da 201 a 796 metri). Le gare di 550 iarde o meno si svolgono su percorsi privi di curva e le regole ‐ in genere ‐ sono simili a quelle delle corse standard per purosangue. E' stato creato un vero e proprio registro della razza quarter (stud), avente sede ad Amarillo, nel Texas; vi sono poi diverse organizzazioni di breeders (allevatori) ed owners (proprietari) nonché delle aste di vendita e un Jockey Club sul modello esistente nel tradizionale galoppo. Si disputa, annualmente, anche una Triple per quarter che si articola sulle seguenti prove (tutte si corrono al Ruidoso Downs Race Track, New Mexico): Kansas Futurity, a giugno, Rainbow Futurity, a luglio, All‐American Futurity, a settembre. L'unico cavallo che sia riuscito a realizzare la tris vincente fu Special Effort nel 1981. Nel pedigree suo figurano due "mostri" sacri dei purosangue standard: Raise A Native (nonno per parte di padre) e, soprattutto, suo padre Native Dancer. L'attività agonistica coi quarter fu propedeutica all'entrata in scena nel mondo del galoppo d'elite (vera e propria gavetta, direi), non solo per Baffert che guidò quattro campioni, ma anche per un'altro grandissimo tecnico della scena statunitense e mondiale come Darrell Wayne Lukas (quattrordici prove della Triple e venti della Breeders' Cup in carriera).
‐ Northern e Native: i due "danzatori" sfortunati 
La vittima più illustre nella storia della Triplice è senza dubbio Northern Dancer, cavallo canadese bàio (colore del mantello rosso scuro, tendente al castagno) da Neartic (figlio, tra l'altro, di quel Nearco che oltre ad essere considerato, insieme a Ribot, il più forte cavallo italiano mai esistito ed uno dei più grandi del novecento, fu anche influentissimo progenitore) e Natalma il quale, dop'aver battuto di una incollatura Hill Rise nel Derby (primo cavallo canadese della storia vincitore a Louisville), e di due lunghezze e un quarto The Scoundrel sul traguardo delle Preakness, fu soltanto terzo nelle Belmont (preceduto oltre che dal vincitore Quadrangle, che a sua volta era stato 5°nel Derby e 4° a Pimlico, anche da Roman Brother). Allievo di Horatio Luro, il trainer che lo guidò nel corso della carriera, è inserito al 42°posto nella classifica dei duecentocinquanta cavalli più forti di sempre stilata da Horse Racing Nation. Dopo aver smesso di correre in pista (lo aveva fatto in eccellente modo, vincendo quattrodici delle diciotto corse a cui prese il via, giungendo due volte secondo e altrettante terzo, guadagnando oltre mezzo milione di dollari), cominciò la carriera di razzatore a Chesapeake City, nel Maryland, e fu campione anche in quella: probabilmente, a detta di tecnici ed addetti ai lavori, il più influente nei tempi moderni. Fu miglior stallone negli Usa e in Nord‐America nel 1971 e in Inghilterra nel 1970, 1977, 1983, 1984. I puledri e le figlie che ha generato, così come i suoi nipoti e pronipoti, sono stati campioni nazionali in ben quarantaquattro diversi Paesi al mondo ed hanno trionfato in centoquarantasette gare di gruppo (alcune cifre parlano di centoquarantatre) tra cui Irish Derbies, Prix du Jockey Club a Chantilly (derby francese), in gare della Triple Usa e in tutte quelle della Breeders' Cup. Ha fatto nascere ben 49 yearlings (puledri dell'età di un anno) venduti alle aste a un milione di dollari o più. Era una vera e propria miniera d'oro oltre che una macchina (perfetta e ben...oliata) della monta. La rivista People così scrisse su di lui: "l'unica celebrità in grado di guadagnare un milione di dollari prima di colazione!". Il suo figlio più prestigioso fu senz'altro un tal puledro irlandese chiamato Nijinsky, cavallo preferito di sua maestà Lester Piggott, col quale il fantino di Wantage conquistò la Triple Crown in Inghilterra: 2000 Ghinee, Derby di Epsom e St. Leger. La sua linea di sangue (o consanguineità) si è fatta sentire, nel corso degli anni, perfino in nazioni apparentemente distanti tra loro (seppur abbastanza evolute nel mondo dell'ippica e del galoppo in particolare) come Brasile e Giappone, così come pure in tempi recentissimi: essa arriva, infatti, attraverso pédigrée ed albero genealogico ascendente e discendente dei cavalli, o dei vari incroci delle linee maschili e femminili anche sugli stessi campionissimi americani American Pharoah e Justify, ossia gli ultimi vincitori in ordine cronologico della Triplice Usa (rispettivamente sei e tre anni orsono). Nel 2004 accadde una cosa davvero straordinaria, uno degli eventi più incredibili nella storia dello sport mondiale, paragonabile ‐ a mio avviso ‐ a quel "giorno dei giorni" (25 maggio 1935) in cui Jesse Owens, fenomenale atleta di colore dell'Alabama, stabilendo cinque record mondiali in appena tre quarti d'ora, ad Ann Arbor, nel Michigan, aveva stravolto e al contempo riscritto ex‐novo tutta l'atletica e lo sport: ognuno dei diciotto cavalli schierati al cancelletto di partenza dell'Arc de Triomphe aveva il sangue di Northern Dancer nelle ve...nel proprio pédigrée! Joe Hickey, ex direttore pubblicitario dell'ippodromo di Pimlico, a Baltimora, nonché uno degli assistenti di Edward Plunket Taylor, suo allevatore e proprietario, alla Windfiels Farm di Oshawa, Ontario (Canada), ebbe a dire una volta:"è stato il più grande padre commerciale di tutti i tempi. Venderanno cavalli, per molti anni a venire, ma non sperimenteranno mai l'influenza mondiale trasmessa da Northern Dancer!". Morì nel novembre del 1990 (aveva superato i ventinove anni di età da circa sei mesi), a causa dei postumi di una colica intestinale (disturbo non infrequente tra cavalli anziani). Nel 1976 era stato inserito nella Canadian Horse Racing Hall of Fame (Arca della Gloria canadese dei cavalli da corsa), situata nei locali annessi al Woodbine Racetrack di Toronto, Ontario (Canada), al cui ingresso trovasi oggi una statua scolpita in onor suo. Nella primavera del 2011, in occasione del cinquantenario dell'Arca, vennero esposti per tre giorni al Woodbine cimeli, foto e trofei della carriera del cavallo oltre alla proiezione in video delle sue vittorie. In quell'occasione John Stapleton, presidente dell'Arca stessa, dichiarò al quotidiano di Toronto The Globe and Mail: "ciò che lo rende speciale e che aveva il temperamento e la volontà di vincere". La storia della "triplice" è intessuta, invero, di episodi curiosi ed importanti tanto dal lato umano, quanto da quello agonistico o puramente scarno, freddo eppur essenzialmente inevitabile e necessario delle cifre e delle statistiche (così come del resto accade dacché esiste il mondo tutto dell'ippica e delle corse di cavalli in genere). Ci sono cavalli, ad esempio, che hanno compiuto il percorso "incompleto" a ritroso...inversamente: ossia, dopo essere stati sconfitti nella prova d'esordio (Kentucky Derby), sono poi riusciti ad accaparrarsi le due Stakes, Preakness e Belmont. In quel caso, quindi, secondo alcuni esperti ed addetti ai lavori, si dovrebbe parlare di "double" riuscito piuttosto che di triplice...mancata. A giusta ragione, ritengo io stesso, perché comunque trattasi ‐ e sempre ‐ di impresa degna ugualmente di nota: portata a termine, cioé (nessuno dovrebbe mai dimenticarlo ma...soprattutto coloro i quali intendono essere i cavalli delle macchine da monta e da soldi soltanto!), da fantastici animali e bellissimi i quali, seppur siano allevati, curati addestrati e sellati da uomini (o da esseri umani in generale), intinsecamente posseggono dentro di sé (oltre alla bellezza, appunto) particolari doti fisiche, psico‐attitudinali e sensoriali che li rendono unici. In totale i "doppiettisti" (gli autori del misfatto...il double) sono stati undici nel corso del tempo: Bimelech (1940), Capot (1949), Native Dancer (1953), Nashua (1955), Damascus (1967), Little Current (1974), Risen Star (1988), Hansel (1991), Tabasco Cat (1994), Point Given (2001), Afleet Alex (2005).