Il 2 Novembre

Di buon ora, mia moglie ed io, ci siamo messi in macchina per andare al Camposanto, come di consueto, compiamo questo dovere ogni anno per la commemorazione dei defunti. Il giorno era piovigginoso con temperatura gradevole e le vie non erano invase da molto traffico, ciò mi diede, a prima vista, una impressione che le persone preferissero stare a casa  piuttosto che uscire, ed avrebbero, in quel modo, preferito il riposo nel giorno di festa. Ma non appena siamo arrivati nei pressi del luogo, ecco che una marea di macchine ed una confusione di persone erano raccolti nei pressi dell’entrata del cimitero.  Osservai con sorpresa il movimento della popolazione, che mi parve come se fosse stata chiamata a raccolta da un importante messaggio, ove la pioggia non limitò l’afflusso ne la voglia di radunarsi, allo stesso modo noi ci accalcammo verso il luogo santo, insieme agli altri, con condotta  decorosa e con volto sommesso. I fiori che si vedevano intorno, erano in quantità indescrivibile, i colori erano vari, e davano contrasto al momento mesto che ci avvolgeva, ed il loro ondulare fra una mano all’altra, dava un preludio di certezza di vita, ma il colore che dominava, era il nero, portato quasi dalla totalità delle persone, che come un enorme lenzuolo si estendeva  nel viale. Nessuno mostrava sorrisi o buono umore, tuttavia, quasi per incanto nei cuori si adagiava un senso di pace e di serenità, che avrebbe presto incrementato il rapporto con i nostri cari e trasmettere loro un alito di vita. Pensavo se fosse logico attendersi, dato il momento, un segnale della loro presenza o avere la percezione che stessero li ad ascoltarci, poiché e qui che l’incontro delle due nature, la vita e la morte, si avvicinano e l’atteggiamento spirituale di accostamento di queste due nature  da una sensazione che da un momento all’altro si potesse aprire un varco verso l‘aldilà. In questo momento, non mancano, certo, riflessioni sull’essere e le considerazioni di dolore di fronte al mistero della morte e della brevità della vita e volgere un pensiero dovuto a Dio, che decide la fine quando Egli vuole. Il vedere la loro fotografia, immobile, ci fa sentire più profondo il vuoto dell’ignoto che ci circonda e che ci separa da loro, i pensieri corrono nel nulla e tornano stanchi di delusione per la speranza che invano hanno cercato.  Al camposanto camminavamo con il capo curvo, gli occhi arrossati, quasi che cercavano conforto negli altri occhi che si incontravano, mentre il silenzio ci avvolgeva in una cupa atmosfera, ed un  singhiozzo amaro invadeva l’attimo e lo faceva diventare solenne.  Tutto si svolgeva ordinato e silenzioso, e solo una lieve voce di preghiera, trasmessa per mezzo di un altoparlante, sovrastava tutto lo spazio. Era la voce sommessa di un prete che stava celebrando il rito religioso, dando lode a Dio, in un culto ove la presenza era accorata dal calore e dall’affetto di numerosissime persone che ringraziavano il Signore misericordioso. Le preghiere sembravano salire al cielo con profumo d’incenso e con richiesta di grazia, affinché la vita eterna ci venisse donata per i meriti del Scavatore. E’ certo, un momento in cui l’anima nostra prova conforto e ci da la sensazione che davvero la vita sarà eterna perché il Signore ce la concederà, per cui dobbiamo aver fede e pensare a quel momento futuro, diverso del vivere quotidiano. Mentre ci si sta davanti alla loro tomba, essi già sono davanti a noi, come per simboleggiare quella meravigliosa vita, che sebbene non la vediamo ne sappiamo come essa sia, la fede in Dio ci conferma che certamente, sarà la migliore che ci sia. Davanti alla tomba di mio padre, mi sentii invaso da una profonda commozione d’affetto, volendolo accarezzare, toccavo solo la lapide fortemente, mentre i ricordi uscivano numerosi dalla mia mente e mi collegavano al passato come se fosse presente. Davanti ai miei occhi si muovevano immagini di vita vissuta insieme, ma non riuscivo a raffigurare un solo attimo di realtà, che mi facesse capire il senso della vita. Egli, che sempre mi guidava e mi esortava, ora era lì immobile, come se non fosse mai esistito, e solo  il ricordo, personificava la sua presenza nel mio pensiero, tal che faceva tremare il mio cuore ed indebolire il mio essere. Mi sentivo separato da un universo di dubbi, e sebbene scavassi in profondità, nulla potei trovare di utile ne di confortevole. Solo il singhiozzo mi faceva da interlocutore al colloquio dei pensieri e degli affetti che viaggiavano tra noi due, e mi circondavano senza alito di parola, nella muta bramosia di sapere di lui.  Non è cosa da poco trovarsi in questo atteggiamento e a questa ravvicinata distanza con quelli che dormono, quasi ci aspettiamo che parlino, che il loro spirito si materializzi e ci possa dare un attimo di conforto e di verità e di riposo alla nostra tormentata ansia. Così la giornata era arrivata nel suo apice, le sensazioni trascendentali adombrate da enigma, ed il pensiero che si dibatteva e si scontrava con i mille perché, ed il sentirmi meno, mi faceva osservare che la vita è un soffio di volar di vento. La lezione morale che apprendiamo davanti alla tomba, non è da trascurare, è proprio quella che ci vuole per placare i nostri egoismi, le nostre superbie e molti altri sentimenti. Così, tornando al significato della celebrazione dei morti, dobbiamo dire che non è solo una trazione, ma anche l’esperienza di un avvertimento d’un chiamo soave che sollecita il nostro cuore ad esprimere l’atto più illustre e più sentimentale verso chi ci ha portato in questo mondo. Credo che sia una regola divina, che Dio ne abbia dato disposizione fina dai tempi remoti. A bando a certe religioni, che non ritengono importante visitare i morti o pregare per loro, Giuseppe, fu portato dall’Egitto in Israele, per il rispetto delle sue ossa, e principalmente per la sua anima che dormiva nell’Ades. (Genesi 47:30  “Ma, quando giacerò con i miei padri, portami fuori d’Egitto e seppelliscimi nella loro tomba” Salmi16:10 “Io so che tu, O Signore, non lascerai l’anima mia nel sepolcro”) Così è un dovere dei vivi visitare i morti e pregare per loro. Questo sentimento sembra essere nato con l’uomo, perché fin dall’antichità si è sempre portato onore ai morti e si sono ricordati nella nostra mente con profondo affetto. Le guerre si sono susseguite, i poteri sono cambiati, i costumi e le usanze rinnovati, ma  il rispetto per i morti è rimasto integro. Esso fa parte della nostra vita, e se è vero come è vero, l’anima ci suggerisce certi sentimenti ed obblighi che l’uomo non può farne a meno di seguirli, non possiamo far finta di nulla ed essere insensibili  a quello che il futuro ci riserba. Le domande sono tante ed altrettanti sono i misteri che ci impediscono di sapere, ma solo la fede in Dio ci da speranza e forza di vivere e di affrontare il domani. Nessuno mai dei morti è venuto a raccontarci del nuovo mondo, perché se l’uomo lo sapesse, forse, cercherebbe la morte per poter arrivare subito alla dimensione beata dell’eternità. Ma è piano di Dio, che l’uomo debba attraversare il tempo obbligato in questo mondo per potere essere pronto per l’altro. Chi è capace di entrare in questo ordine di concetto si accoda a quello che dice la Sacra Scrittura, che è l’unica fonte di verità esistente in questo mondo per comunicare con Dio. Esistono degli esempi riguardanti i morti che tornano in vita, e per questo dobbiamo credere ed aver fede a quello che è scritto nel Vangelo, riguardo alla resurrezione di Lazzaro, per esempio. Il 2 Novembre di ogni anno è la ricorrenza dei defunti, nel quale giorno, ogni uomo si sente in dovere di avvicinarsi a quella che è la porta dell’aldilà, mentre il desiderio resta sempre quello di scoprire un giorno la verità, e magari di sconfiggere la morte e trovare il segreto della vita. Ma vi dico, che senza l’aiuto di Dio nulla potrà essere raggiunto, e solo con la capacità dell’uomo, possiamo andare solo oltre la siepe, ma se ci avviciniamo a Lui, il desiderio nostro sarà esaudito. E’ bene ricordare, che la celebrazione dei defunti nella liturgia Cattolica è fatta nel giorno 2 Novembre, essa viene dedicata alla preghiera e alle pratiche di devozione in suffragio a quelli che sono passati all’eterno vivere. Il dogma, della comunione dei santi, offre il supporto teologico alla pietà popolare e alla convinzione che alle preghiere dei vivi si associ quello dei beati per chiedere misericordia a Dio per salvare le anime dei fedeli che non hanno ancora raggiunto la gloria. Questa festa è nota fin da IX secolo alla tradizione monastica celtica. La celebrazione fece parte del calendario  liturgico della Chiesa e ricevette nuovo slancio dal Papa Benedetto XV che concesse ai sacerdoti di celebrare in quella occasione tre sante messe con formulari ed orazioni diverse.