Il Generale Inverno

Ghiaccio, freddo e neve: Legoran ne aveva abbastanza di quel maledetto tempo. La Corporazione l'aveva pagato profumatamente per quella missione, ma lui era deciso a chiedere almeno il doppio al suo ritorno in città: se mai fosse riuscito a tornarvi.
Ma che diavolo ci faceva lui, un elfo, in mezzo a quelle montagne innevate? Chi glielo aveva fatto fare? Come al solito non lo faceva per soldi né per far colpo su una donna, ma solo per pura e semplice ambizione, esibizionismo, voglia di mettersi alla prova con sfide sempre più pericolose... ma c'era forse anche dell'altro?
Quella, doveva ammetterlo, era forse la più difficile missione in cui si era trovato fino ad allora.
I suoi occhi scrutarono le montagne intorno a lui per poi scendere verso il basso nella Gola dell'Orsa: tende, voci, fumo, un accampamento.
Si concentrò e individuò la sua preda, un uomo, un uomo tra tante strane temibili creature: Yeti delle montagne, Troll dei ghiacci, goblin e coboldi.
Un uomo sufficientemente forte da poterle comandare: il Generale Inverno.  Il Generale era un uomo di mezza età, alto, forte, robusto: i suoi capelli bianchi contrastavano con la sua carnagione ancora giovanile e i suoi occhi erano di un azzurro gelido.
Nessuno sapeva il suo vero nome, nessuno sapeva da dove fosse venuto: tre anni fa era apparso all'orizzonte alla testa del suo esercito e non c'era stata città che fosse riuscita ad opporsi alla sua marcia.
Il freddo e il gelo erano i suoi validi alleati e nulla riusciva a spezzare la morsa del ghiaccio con cui circondava le città sotto assedio.
Nessuno era in grado di stabilire se fosse un guerriero, un mago, un chierico o uno sciamano o peggio un terribile connubio di tutte queste classi; c'era comunque un solo aggettivo adatto per descriverlo: invincibile. Legoran lo stava seguendo ormai da quasi otto mesi, otto lunghi interminabili mesi lontano dalla patria, unico testimone vivente della distruzione del Generale.
Certo alcune volte c'era mancato un pelo che fosse scoperto, ma col passare del tempo si era fatto furbo e aveva iniziato a conoscere meglio il suo nemico, a temerlo per la sua forza e a stimarlo per la sua audacia.
Se non fosse stato al servizio delle forze del Male forse sarebbero potuti anche diventare amici, ma la realtà era diversa: lui, Legoran, rappresentava il Bene, il Generale era il Male.
Bene contro Male, la lotta eterna iniziata nella Notte dei Tempi, si ripresentava nuovamente nel mondo, un mondo che non era ancora pronto per una nuova guerra.
Legoran, non era il primo a cui era stata affidata quella missione, altri l'avevano preceduto, ma tutti avevano fallito incontrando presto o tardi la morte.
Cavalieri e maghi avevano usato l'acciaio, l'argento e la magia per fermare il Generale ma erano stati annientati, i chierici non erano riusciti a salvarli: nessuno era preparato a far fronte all'enorme poteri dei Ghiacci Eterni.
La Corporazione disperata si era rivolta anche ai migliori assassini: ma il risultato era stato lo stesso: morte, morte, morte.
E intanto le città capitolavano una dopo l'altra...
Legoran doveva fermarlo: presto il Generale sarebbe arrivato anche nella foresta degli Elfi, nella sua patria, non doveva permetterglielo.
Legoran si chiuse in se stesso, ripassando il piano nei minimi dettagli.
Non poteva affrontare il Generale insieme al suo esercito, doveva sfidarlo da solo: e finalmente aveva trovato il modo. L'accampamento era fermo nella Gola dell'Orsa da quasi una settimana: qui il Generale con l'aiuto della Magia e dei Troll aveva scavato nella Montagna una grotta, la Grotta del Gelo, così Legoran l'aveva sentita chiamare più volte dai soldati. Legoran sapeva bene cos'era: il tempio del Generale, l'unico posto dove non era ammesso entrare a nessuno, l'unico posto dove avrebbe potuto affrontare il nemico in un duello diretto; sfidare il nemico a casa propria era praticamente un suicidio ma Legoran non aveva altra scelta.
L'adrenalina scorreva abbondante nelle vene e gli dava quel senso di euforia che lo accompagnava ogni volta che andava incontro alla Morte. Il sole tramontò lasciandosi dietro una notte buia senza stelle; Legoran penetrò nell'accampamento, un'ombra tra le ombre: neutralizzò le due sentinelle davanti al tempio ed entrò.
L'atmosfera era gelida, il suo stesso respiro si trasformava in minuscoli cristalli di neve, il silenzio era assoluto: le pareti di ghiaccio isolavano completamente il piccolo tempio dall'esterno, almeno nessuno li avrebbe sentiti mentre combattevano.
Una voce ruppe la quiete... "Ti stavo aspettando, Elfo!", Legoran sbiancò. Il Generale apparve dal nulla di fronte a lui, armato di spadone, protetto da un'armatura di piastre, avvolto nel suo mantello coperto di rune: invincibile, imbattibile...
Niente fattore sorpresa, niente imboscata, uno scontro faccia a faccia con probabilità di riuscita praticamente nulle, adrenalina alle stelle.
Legoran si riprese dalla sorpresa e agì: impugnò la spada e caricò il nemico, facendo una finta a destra per poi colpire a sinistra sperando di penetrare nella guardia del nemico, ma il Generale era uno spadaccino formidabile e sembrava anticipare ogni sua mossa.
Un ghigno malefico accompagnava ogni parata e Legoran iniziava ad avvertire i primi segni della stanchezza.
Il Generale lesse la sua incertezza negli occhi, colse l'attimo e lo colpì. L'impatto fu tremendo: sebbene l'armatura elfica avesse deviato lo spadone, Legoran fu trafitto al braccio da migliaia di piccoli aghi gelidi, sentì il freddo tocco della Morte e per un istante temette di essere giunto alla fine.
Istintivamente sollevò la spada e riuscì a salvarsi da un affondo letale, ma la potenza dell'impatto era superiore alle proprie forze e la spada gli scivolò di mano.
Era ferito, disarmato, sfinito... Il Generale guardò il suo avversario pregustando la vittoria, il trionfo del suo potere, ma Legoran non era solo un guerriero... troppo tardi il Generale si accorse dell'incantesimo che l'elfo stava recitando.
Un getto d'acido lo colpì in pieno, il suo mantello lo protesse, ma lo spadone si sciolse.
Erano entrambi disarmati: la partita era ancora aperta.
Il Generale era furente: evocò il suo potere e scagliò delle lame di ghiaccio contro l'elfo che lo trafissero a morte.
Troppo facile... maledizione era solo un'illusione...
Legoran era alle spalle del suo nemico: la magia scaturì ancora dalle sue mani assumendo la forma di una lancia di fuoco.
Il Generale colpito alla spalla, urlò di dolore e di odio "Basta trucchi!": l'intero tempio fu colpito da una tempesta di ghiaccio; l'elfo cadde a terra colpito in pieno dalla furia del freddo.
Legoran era quasi in punto di morte: era sfinito, ma la sua mente continuava a pensare; adorava quei momenti, sembrava quasi che avesse volutamente spinto il nemico a portarlo in quella situazione in bilico tra due mondi: la Vita e la Morte... E Lei gli parlò, come sempre, in tutti quei momenti difficili in cui lui era sul punto di soccombere Lei arrivava a dargli nuova forza e nuove energie, Lei la sua Signora: "Coraggio Cavaliere, sei destinato a ben altre imprese, non puoi soccombere proprio ora... Alzati Cavaliere Mistico..." Legoran puntellò le mani nel terreno e si alzò in ginocchio: un rivolo di sangue gli scorreva dalla tempia, ma non aveva importanza.
Una nuova tempesta lo colpì in pieno, e poi un'altra ancora e un'altra, ognuna più potente della precedente, ma nulla in quel momento sembrava scalfirlo.
Il Generale era furente, una facile vittoria si stava trasformando in un vero grattacapo: il freddo della tempesta assunse la forma di lance acuminate ma anche questo incantesimo superiore non riuscì a colpirlo...
Cosa stava succedendo? Il Generale era perplesso, spaventato, incapace di spiegare quanto stava succedendo, ma non si perse d'animo.
Le sue mani si chiusero e da una spirale di ghiaccio apparve un enorme golem di ghiaccio.
Legoran colpì il nuovo nemico con acido e fuoco ma il golem era un automa creato dagli Antichi e quindi immune a quelle forme di attacchi. Il Generale approfittò del vantaggio numerico e attaccò l'elfo alle spalle.
Legoran si avvolse in una colonna di fuoco e riuscì a guadagnare qualche secondo approfittando della posizione di stallo in cui si trovavano.
Il combattimento si era spostato da una dimensione fisica ad una magica e spirituale.
Anche il Golem era fermo e studiava l'avversario cercando di capire il suo punto debole.
Poi all'improvviso il Generale cambio forma e si mostrò nel suo vero aspetto: era il Messaggero, figura d'incubo della fantasia popolare più remota, il simbolo stesso della distruzione.
Legoran avrebbe dovuto immaginarlo: solo quel demone poteva essere in grado di compiere tanta devastazione. Golem e Demone, entrambi appartenenti alla magia dell'antico passato da un lato, un giovane elfo padrone della magia di questo tempo dall'altro: e nessuno degli incantesimi che conosceva avrebbe potuto seriamente colpire i suoi due avversari.
Legoran aveva molte risorse e ancora alcuni assi nella manica: i Cancelli del mondo della Vita e quello della Morte erano ancora aperti e gli davano energie sufficienti per continuare a lottare; Legoran convogliò la colonna di fuoco che aveva eretto a sua protezione in un turbine di fuoco e lo scagliò sugli avversari, ma il Generale si difese con un incantesimo analogo.
I due erano nuovamente in stallo... ma il Golem, dove diavolo era il Golem?
Troppo tardi Legoran ne avvertì la presenza alle sue spalle... sentì il maglio dell'automa calare sulla sua testa... "questa è davvero la fine" pensò " mi dispiace mia Signora, non sono riuscito a mantenere la promessa... non sono riuscito ad affrontare la prova... non sono degno di essere un Cavaliere Mistico..."
"Basta! Legoran, Maestro del Fuoco" la Signora interruppe la sua supplica e parlo nella sua mente "non siete ancora morto!"
"Ma il maglio del Golem?"
"Quale Golem?" replicò la Signora...
Legoran aprì gli occhi... il suo corpo ardeva di una fiamma intensa e incandescente come la lava di un vulcano, incandescente come il calore della fucina dove gli Antichi avevano creato il Cuore di ogni golem, di intensità tale da riuscire a fondere quel Cuore.
Il Golem si era semplicemente sciolto, privo del suo cuore, non era che semplice ghiaccio.
La signora parlò ancora nella sua mente "Bravo, ma non hai ancora finito... usa il potere che ti ho concesso..."
"Invisibili sentinelle dei due mondi
lacerate la carne di questo demone
che passi dalla Vita alla Morte in un solo istante..."
Il piccolo tempio di ghiaccio si riempì del potere di magie ancestrali e iniziò a sgretolarsi: la furia delle sentinelle si abbatté sul demone dilaniandolo. "Mia Signora.... grazie per la forza che mi avete dato... senza di voi non sarei mai riuscito a vincere questo nemico..."
Le sue parole riecheggiarono nel tempietto ormai deserto: lui era in salvo, i portali dei Due Mondi si erano chiusi e non c'era alcun modo ora per poter parlare con Lei, per sentire la Sua voce o ammirare la Sua bellezza unica. Raccolse da terra la sua spada, la infilò nel fodero e ridivenne un'ombra tra le ombre.
Quella era la sua eterna maledizione, poter vedere la donna amata solo quando si fosse trovato in bilico tra la vita e la morte e attingere potere dal loro amore...
Ironia della sorte: nel suo annullamento c'era la sua speranza di vivere...
Non temere Mia Signora, riuscirò a rompere questo sortilegio...
Il tempio era deserto, le truppe prive del loro comandante erano allo sbando e Legoran era già lontano cavalcando verso l'alba di un nuovo giorno.