Il grande incontro

Dal diario del C.te krikekrok

Anno 2 dell'era del  nano  (o forse 3 ‐ percezione del tempo molto relativa)
Posizione cosmicomica : stravaccato
Rotta : Verso gamma coglionis

....Odo dei rumori provenire dalla plancia (oppure dalla pancia? Boh! Questa gravità artificiale disturba gli intestini).

L'ufficiale di rotta  Pasquale si è Rrroootto! Cazzo di Cyborg italiani, non funzionano mai! Si aggira tra le apparecchiature gridando : "Floriana non me la dare...ti prego!".

Floriana è il tecnico Raeliano, di sesso indefinito, frutto della clonazione malriuscita di Maria De Filippis, Francesco Tuotti e la cagnetta Laika.

La nave è scossa da forti tremori, si sa lo spazio è gelido.

I motori a impulsi, privati dell'assistenza tecnica di Thanos, ex becchino siciliano riciclato dalla colonia penale Milano 2000, si accendono e si spengono un po' come gli gira a loro.
Il software di controllo Clinux, prodotto dalla multinazionale intergalattica Gay‐on (ahò ma stanno dappertutto 'sti finocchi), non riesce a elaborare i dati, nonostante gli sforzi dell'ingegner...dell'ingegner....dell'ingegner....

La memoria comincia a giocarmi brutti scherzi. Siamo entrati per errore in una bolla quantica vagante, circuiti elettronici e neuronali stanno subendo alterazioni imprevedibili e inspiegabili.
In certi momenti so chi sono, ma non so dove sono. In altri so dove sono, ma merda se riesco a ricordarmi il mio nome!

Sui monitor della plancia compaiono misteriosi segnali indecifrabili. In questo momento una lunga serie di numeri e caratteri sconosciuti scorre sullo schermo. Ora si stanno rimescolando all’impazzata...stanno formando una figura...mio Dio...è un volto di donna...e che donna porca pupattola!

L’immagine della ragazza sta parlando, i suoi occhi sono verdi, fosforescenti, del resto è tutta verde fosforescente. Inserisco il traduttore universale...

“...salve umani...sono Milla, servitrice dell’Unico Grande Quanto, il solo vero Dio dell’Universo. Non temete, vengo in pace. Sono qui per mostrarvi la via verso la salvezza ...Bzzzz...Bzzzz...ASSAGGIATE L’ENERGIA RADIANTE DELLA FONTE NEUTRINICA SANTA SPIRALE!...Bzzz....Bzzz...umani...ci sono interferenze nella vostra dimensione di esistenza...controllate i circuiti dell’alimentatore nucleare e i raccordi bionici agli scudi temporali di dritta...Gnak...Gnak...”.

Chiamo l’ingegner Thanos, finalmente mi ricordo il suo nome, ma chissà dov’è, dove diavolo sta l’ingegnere capo? Boh? In sala macchine? In cabina a montare la sua androide di compagnia? E chi lo sa? Apro tutti gli interfoni e grido il suo nome, lo sento riecheggiare per tutta la nave, ma di lui nessuna traccia.
Il secondo meccanico mi informa di aver trovato la causa dell’avaria agli scudi temporali. L’ingegner Thanos è rimasto incastrato con il suo...ehm...il suo uccello nel condotto del flusso einsteniano. Pare volesse provare l’orgasmo più lungo della storia, purtroppo gli spermatozoi hanno fatto marcia indietro e gli hanno gonfiato le palle a dismisura, forse bisognerà castrarlo per estrarlo.

Ordino di procedere senza indugi. Mezz’ora dopo una vocina flautata risuona nel mio auricolare, è Thanos, si è ripreso in fretta dalla mutilazione, ma mi informa che un improvviso mal di testa lo costringerà a chiudersi in cabina.
Poco male, come ingegnere capo valeva poco, chissà che non lo possa riassegnare al reparto crew‐care, come hair fashionist.

Sullo schermo ricompare la misteriosa ragazza verde fosforescente. Mazz è proprio gnocca!

“Umani...umani...sono qui per condurvi al cospetto del Grande e Unico Quanto. Preparatevi ad essere traslati nella non‐dimensione”.

Ekkekazz...non perde tempo l’inviata del Supremo. Giusto il tempo di ravviarmi un po’ i capelli e spolverare le mostrine, che tutta la nave ha come un lungo sussulto, le paratie si deformano, tutti i rassicuranti led della plancia si spengono, le luci assumono un colore verde fosforescente.

Siamo sospesi nello spazio. Intorno a noi il nulla. La nave è scomparsa sotto i nostri occhi. Galleggiamo in un’oscurità totale, non sentiamo più la gravità, naturale o artificiale, liscia o gassata.
Un brivido mi percorre la schiena, mi accorgo di essere completamente nudo.
Una piccola luminescenza compare in lontananza, manco a dirlo è verde fosforescente. Si avvicina e si ingrandisce, o si ingrandisce e si avvicina. Insomma diventa più grande. Adesso illumina tutto lo spazio intorno a noi. Tutti gli uomini e le donne del mio equipaggio sono intorno a me. Siamo tutti nudi. Qualcuno si copre i genitali, altri si osservano vicendevolmente con sguardi bovini e suini. L’ingegnere capo è completamente assorto a sfrugugliarsi tra le gambe.

La luce si fa sempre più intensa, comincia a fare male agli occhi. È accecante. Le nostre mani corrono ai visi per proteggere la vista, e così facendo, proprio mentre sta comparendo il Grande Quanto, tutti quanti scopriamo i genitali.

“Uèèè...che accoglienza! Era da molto che non ricevevo un saluto di benvenuto così esplicito. Bravi ragazzi e ragazze”.

È la voce dell’Unico, del Dio che abbiamo sempre pregato e cercato. Alla fine è stato lui a trovare noi.

È un grande volto, guarda caso verde fosforescente, che ci si presenta davanti. Come un ologramma di antica fattura. Ci aspettavamo di incontrare il viso di un essere vecchissimo, invece è straordinariamente giovanile per la sua età eterna. Dimostra non più di 35 anni ben portati. Ha l’espressione arguta e brillante. Un sorriso smagliante, anche se un po’ troppo verdastro. Porta i capelli tirati all’indietro e lisciati con brillantina.

La luce cala di intensità, adesso possiamo riportare le mani ai nostri rispettivi genitali. Qualcuno a quelli degli altri, ma non importa. È un momento solenne e sconvolgente, le nostre menti vibrano misteriosamente e potentemente, e anche i corpi vibrano. Vistose erezioni si protendono dai pubi come anemoni dello spazio, mammelle si ergono nel vuoto come cupole antigravitazionali.

“Sù sù fate i bravi, avrete tempo per accoppiarvi. Vabbè che ve lo ordinai tanto tempo fa, però ragazzi, mi avete proprio preso in parola eh?”.

Nonostante la luce verde fosforescente, i nostri volti tradiscono l’imbarazzo e dal verde elettrico passano a una strana sfumatura verde‐rossastra.

“Ingegnere capo...sei stato tu, con la tua discutibile intromissione nel flusso spazio‐temporale a farmi notare la vostra presenza. Per questo ti concedo una grazia. Dimmi rivuoi i tuoi..ehm...testicoli? o preferisci che ti trasformi in donna, con tanto di tette e tacchi da dodici?”.

L’ingegnere capo è sorpreso quanto noi. Rimane un attimo a bocca aperta, comunicare con l’Unico non è cosa facile, si può rimanere in soggezione. La sua bocca si apre, ma non riesce ad emettere altro che squittii e colpi di tosse.

“Allora? Ho tutta l’eternità a disposizione, ma i tuoi compagni sembrano piuttosto curiosi. Cosa decidi?”.

“Donna! Donna! Fammi diventare donna...però strafica!”.

Istintivamente scoppiamo tutti in un applauso liberatorio, mentre i nostri peni e le nostre tette sobbalzano nell’entusiasmo del battimano.

Un accecante bagliore avvolge l’ingegnere capo, questa volta ci siamo fatti furbi, una mano al viso e una al pube. Il tempo pare fermarsi, qualunque cosa voglia dire. Quando la luce svanisce, dell’ingegnere capo non resta più traccia alcuna. Al suo posto è comparsa la più incredibile, esplosiva, irresistibile superfica che si sia mai vista. Ci affolliamo intorno a lei, la tocchiamo ovunque...per accertarci che esista realmente...ehm ehm...”.

“Giù le mani bifolchi! Zoccole! Porco!” – grida l’ex ingegnere sferrando un appuntito calcio al basso ventre dell’ufficiale medico.

“STATE BUONI!”

La voce dell’Unico Grande Quanto ha tuonato sopra e dentro di noi. Ci immobilizziamo all’istante. Soltanto l’ufficiale medico non riesce a trattenere un flebile mugolio.

“Allora, ragazzi miei...e ragazze ovviamente”. Una strizzatina d’occhio vola all’indirizzo del fu ingegnere capo, che accoglie l’ammiccamento drizzandosi sui tacchi da dodici.

“Siete alla presenza dell’...”

“UNICO GRANDE QUANTO!”. Recitiamo all’unisono battendolo sul tempo.

“Ah beh..sì...ormai lo avrete capito. Dunque dunque che fare adesso? Non avevo mai incontrato prima d’ora qualcuna delle mie creature. Devo dire che vi immaginavo un po’ diversi...”.

Avverto intorno a me una sensazione di sbigottimento generale.

“Sì, come dire...non avevo previsto di incontrarvi faccia a faccia. Era parte del gioco. Voi non vedevate me e io non vedevo voi. Sapete com’è, una specie di nasconderello cosmico. Il senso era questo”.

Stiamo tutti guardando verso il Grande Quanto. Le sopracciglia alzate, gli occhi sgranati, le bocche a culo di gallina.
“Che dire figlioli. Mi avete preso di sorpresa. Colto in castagna, come si dice. Preso con le mani nella marmellata, colto in flagrante, beccato con...”.

Era chiaro che il Grande e Unico stava temporeggiando. Un diffuso brusìo si innalzò dal nostro gruppo.

“Sì insomma...è una situazione imprevista. Che dite, ci sediamo un po’ a chiacchierare? Oppure ci facciamo un drink. Un Happy Hour non ci starebbe male. Sapeste quanto ho desiderato avere qualcuno con cui sbevazzare un po’ e magari dopo una cenetta romantica...e poi che serà serà...ehm...”

Passati i primi momenti di doverosa soggezione, adesso sembrava che il Grande Quanto fosse più imbarazzato e interdetto di noi, miseri umani, nudi al cospetto del Creatore.

“Oppure una bella partitina a qualcosa. Che ne dite? Avete inventato un sacco di giochi, a quanto ho sentito dire. Si potrebbe fare una bella canasta. Oppure inventiamo un gioco nuovo. Sì, che grande idea che mi è venuta! Me ne vengono in continuazione, non so perchè, è più forte di me...”.

Il nostro brusìo si era trasformato in aperto chiacchiericcio.
Qualcuno accennò un eloquente gesto, portandosi un dito alla tempia. Soltanto l’ex ingegnere capo sembrava non preoccuparsi di nulla. Soppesava le sue nuove tette, dondolandole nelle mani affusolate. Lisciava le sue lunghe gambe con gesti erotici, accennava mossette di danza, agitando il sedere, e che sedere.

“Insomma ragazzi! Dite qualcosa anche voi. Sono fin troppo abituato a parlare da solo. Avanti! Dite qualcosa...”.

Per un automatico senso della gerarchia, tutto il mio equipaggio si voltò all’unisono verso di me.

Mi schiarii la voce. Mi ri‐schiarii la voce. Deglutii. Mi strofinai le mani sudate. Cercai le mostrine con le dita, per stemperare la tensione, ma i miei polpastrelli incontrarono soltanto la peluria dei miei polsi.
Il momento era fatidico.

Poi mi venne l’idea.

“Grande Quanto!” – esordii.

“UNICO GRANDE QUANTO. Prego...”.

“Sì...mi scusi...”.

“Unico Grande Quanto...io...noi...loro...”.

Il grande Quanto mi fissava, dall’alto al basso, con gli occhi speranzosi e partecipati.

“Io...ecco...credo...ho pensato che...”.

“SIII?”.

“Ecco...si potrebbe...non so come dire...”.

“DIMMI...”.

La Sua aria benevola e carica di aspettativa mi convinse a sciogliermi e parlare a ruota libera.

“Potremmo appunto inventarci qualcosa di nuovo, qualcosa di mai fatto prima. Una cosa del tipo...ti incarni e vieni con noi”.

“MICA TANTO NUOVA SAI?”.

“Ah sì, scusa, mi ero dimenticato. No intendevo...in incognito...senza farlo sapere in giro. Tu vieni con noi, ti vedi un po’ del mondo che hai creato, con i tuoi occhi, non per sentito dire. E vedi che effetto ti fa. Un giro turistico diciamo...che ne dici?”.

Un divino silenzio incombette per alcuni lunghissimi non‐istanti.
Il viso del Grande ed Unico divenne pensieroso, la sua fronte verde si fece più fosforescente, un lampo di luce brillò nei suoi occhi.

“Ma sai che non è mica una brutta idea. In fondo cos’ho da perdere. Se poi non mi trovo bene, posso sempre tornare a Me”.

Tutto il mio equipaggio, che fino a quel momento aveva trattenuto il fiato, emise un sonoro sospiro di sollievo.

“Sì...Sì...la tua idea mi convince, comandante Krikekrok. Una bella vacanzina mi ci vuole proprio. Ti ringrazio dell’idea”.

Passò qualche attimo di eternità a considerare la cosa.

“Che ne dite? Mi incarno uomo o donna?”.

Tutto l’equipaggio si voltò prima verso l’ex ingegnere capo e poi, con aria concupiscente verso il Grande Quanto.

“No...forse è meglio uomo”.

Una bordata di fischi e urla si alzò dai componenti femminili dell’equipaggio, accompagnata da inequivocabili gesti e moine.

“Ma...ma...le ho fatte io così? Davvero non mi ricordo...ma mi sembrava di averle pensate...come dire...un tantinello meno estroverse”.

“Vabbè e deciso...vada per un corpo maschile. Qualcuno ha dei consigli?”.

Dopo un attimo di smarrimento le voci delle signore e signorine del mio equipaggio, dalla lavarobots all’ex ingegnere capo, si sovrapposero in un assordante raffica di richieste e suggerimenti.

“Okay okay...ho capito...faccio da solo”.

La luce verde tornò a brillare sempre più potente. Quando potemmo togliere le mani dai visi avevamo davanti a noi, sullo sfondo nero dello spazio‐tempo...un gran pezzo d’uomo. Noi maschi ci sentimmo tutti immediatamente sminuiti, mentre le nostre compagne esplodevano in un giubilo sfrenato.

Ci ritrovammo a bordo della nostra cara astronave, con un membro in meno tra le gambe del vecchio equipaggio e uno in più, nuovo di zecca, in aggiunta, che per rispetto al suo rango nominai immediatamente comandante in seconda.
Ripartimmo verso le infinite distese dello spazio, con la sensazione che molte nuove avventure ci aspettavano tra le stelle.