Il regalo liberato

Era una bellissima sera d'estate, in una piccola casa,  viveva una famiglia composta da due genitori  e  due figli una femmina e un maschio, l'abitazione era di quelle di una volta dove le stanze erano in fila e per entrare nell'ultima bisognava attraversarle tutte,dove i pavimenti erano di maiolica con strani disegni che ricordavano i gigli nelle chiese templari, con  mosaici di mattonelle  che formavano cerchi, grandi e piccoli stuzzicando la fantasia infantile di quei ragazzini spingendoli a creare giochi con le loro costruzioni sulle righe immaginarie delle mattonelle, e quando alzavano il capo per mimare il volo di un aereo costruito coi pezzi del lego, la volta a stella diventava  ai loro occhi, un cielo infinito. Il capofamiglia svolgeva uno dei lavori più antichi del mondo, faceva il pescatore, il sacrificio e la fatica vengono descritti alla perfezione anche nella bibbia, non era un hobby, ma il sangue per quell'uomo, il sole e il mare avevano indurito la sua pelle scurendola e segnandola, era simile al cuoio e le sue mani callose stringevano come una morsa tutto ciò che toccavano, eppure sapevano essere agili e leggere nel cucire la trama delle reti, pizzi preziosi per la sua mente, non certo nodi di lenza puzzolenti che imbrigliavano vita, venduta per sopravvivere e costruire un futuro per i suoi figli. Futuro...che bella parola, forse solo utopia...
Quelle mani erano capaci di gentilezze e ogni sera portava cioccolate ai suoi bambini che in trepidante attesa trascorrevano il tempo inventando e cantando, e capivano subito se la giornata era andata storta lo avevano imparato pur essendo piccoli dal suo cipiglio, il berretto messo storto piegato sul lato, la sigaretta fumante, gli occhiali scuri parevano ancora più bui, non una parola...silenzio, e il loro gioco improvvisamente finiva, cenavano e andavano a letto presto senza fare rumore, ma quando la rete era piena, il padre arrivava fischiando e allora iniziavano le storielle e i racconti della giornata, di come si era svolta e di come il pesce saltava e entrava nella riete riempiendola, mentre i delfini scortavano la barca danzando nelle onde quasi a festeggiare, perchè sapevano che ce n'era anche per loro.
Quella sera l'uomo arrivò fischiando, segno tacito di allegria e i fratellini si guardarono negli occhi abbandonando le matite colorate e i giocattoli sul pavimento, perchè intuivano che sarebbe arrivata una pioggia di golose cioccolate sui loro vestiti, ma così  non fu...il papà aveva un fardello tra le mani qualcosa di grosso che si muoveva. Stupiti aspettavano un gesto e lui non riuscendo a mantenere più il segreto aprì la giubba che avvolgeva il mistero e  davanti ai loro occhi curiosi ,apparvero 2 meravigliosi gabbiani. Cribbio che splendore, non avevano mai visto un gabbiano da vicino, su nel cielo sembrano più piccoli e invece...che becco e che occhietti vispi, le zampine poi...uuuuuuuuuuuhhhhhh...fantastici ." e ora dove li mettiamo!" Esclamò il figlio, " io non lo voglio" Disse la mamma e il papà sospirando rispose " li ho presi per loro, quello più piccolo ha l'ala ferita e quello più grande deve essere la madre, non ho voluto separarli, teniamoli qualche giorno qui" La mamma sconsolata dovette cedere e disse" si va bene, ma solo per qualche giorno, la casa è piccola li terremo nel bagno" I bambini gridarono all'unisono "Alèèèèèèèèèèèèèèèèèèè". Furono giorni spensierati i figlioletti si presero cura dei due gabbiani che mangiavano pesce e scagazzavano nel bagno, tra le grida schifate della mamma e le risate dei suoi pargoletti, che intanto cominciavano ad apprendere un'arte essenziale, curare il prossimo in difficoltà. purtroppo giunse il fatidico giorno in cui tutto doveva finire, ne parlarono a cena e i bambini tristi e consapevoli si prepararono all'abbandono, dormirono stretti l'uno all'altro quella notte, mano nella mano per farsi coraggio, il padre aveva promesso che li avrebbe svegliati presto, alle 5 del mattino, così non guardarono la tv e si addormentarono sognando una bella vita per il piccolo gabbiano e la sua mamma.
Il mattino seguente l'odore del caffè caldo stuzzicò le narici dei frugoletti, che si alzarono all'istante senza attendere di essere chiamati, non volevano perdere il momento più importante, ormai il piccolo cucciolo era guarito. I ragazzini erano molto maturi per la loro età,  avevano sei e otto anni, sapevano che c'erano delle regole da rispettare e che dovevano ringraziare per quella piccola novità, perché i gabbiani sono uccelli e la loro casa è il cielo, non un piccolo bagno in una piccola casa. Il padre disse loro di avvicinarsi alla finestra del bagno erano piccoli e riuscivano a vedere lo scorcio di cielo che si stagliava in alto davanti ai loro occhi, mentre l'uomo aveva una visione più ampia e prima di lanciare il gabbiano piccolino disse loro di salutarlo. La figlioletta con le lacrime agli occhi e tra i i singhiozzi disse " addio piccolo vola alto e sii felice e se puoi torna" Il figlioletto  gli disse " Ciao " Ma lui era di poche parole, poche e concise...il papà con uno slancio gettò fuori il  primo gabbiano e i bambini piangevano, quando anche la madre segui il figlio,  le lacrime erano di gioia, la vita avrebbe continuato il suo corso, il piccolo sarebbe diventato adulto e la sua mamma gli avrebbe insegnato. I figli si voltarono per uscire dal bagno e in quel momento videro la loro mamma con un fazzoletto tra le mani e il naso rosso, approfittando della sua debolezza le chiesero " mamma, ma che fai piangi anche tu?" E lei ricomponendosi rispose mentendo spudoratamente " NO SONO STATE LE CIPOLLE".