Il viaggiatore

Non so come mi chiamano, non dico mai il mio nome. Se mi guardo allo specchio vedo solo gli indumenti che indosso. Non la mia faccia. Non ho un posto dove vivere. Mi sposto di continuo e non resto mai per molto tempo nello stesso luogo. Anche se preferisco girare per le periferie. Sono più tranquille.
Porto un vecchio trench nero che non tolgo mai. Immagino che quando mi muovo da un posto all'altro, questa specie di scopettone che mi porto dietro cancelli ogni segno del mio passaggio. Non ci tengo a lasciare tracce. Non in quest'epoca o in questa vita.
Mi limito a guardarmi in giro, anche se quel che vedo non mi piace. Notte e giorno strade sporche, vuote. Mendicanti, tossici strafatti, tossici con la scimmia, ubriachi, puttane e travestiti. Quel che resta dell'umanità.
Certo, esistono anche i quartieri eleganti, "belle" case, "belle" macchine, "belle" donne… Una notte passai per caso per uno di questi quartieri "belli". Potevano essere le due. All'improvviso sentii arrivare un'ambulanza a sirene spiegate e la vidi inchiodare davanti ad una di quelle "belle" case… Una "bella" donna s'era fatta un "bel" cocktail di brandy e barbiturici. O così almeno dissero quelli dell'ambulanza, quando la portarono via, col lenzuolo sulla faccia. Viveva in mezzo al "bello" eppure era morta. Di sua volontà.
Non c'è differenza. Siamo tutti fatti di carne e sangue. Si muore tutti allo stesso modo.
Quando vidi IL CIELO SOPRA BERLINO di Wenders mi identificai più con l'angelo che con le persone. Io non avrei mai rinunciato alle ali. Perché mescolarsi alle miserie della gente se puoi scivolare via non visto?
Non credo di essere egoista, io ho rinunciato a me stesso. Ho voluto dimenticare chi sono, il mio nome, la mia età e ciononostante vivo lo stesso. Shakespeare diceva che la rosa se anche non si chiamasse così avrebbe comunque lo stesso profumo.
A volte, però, mi chiedo se sono ancora vivo oppure no. Ho tagliato talmente tanti ponti dietro di me, che dubito persino di esistere. Altre volte ho l'impressione di essere uno spettro.
C'è talmente tanto marciume in giro, che persino i colori dei graffiti sui muri si confondono con i cocci di bottiglie e le siringhe usate. A volte trovo dei corpi nelle discariche o nei sottoscala.
"Cose" che non sono più persone ma solo altri rifiuti da portare via. Senza speranza né memoria.
Qui nessuno viene mai a cercare nessuno. E' tutto squallido, sordido, senza senso.
Ho pensato tante volte alla morte. Ma per morire bisogna prima essere sicuri di essere vivi.
Ora, però, sono stanco. Troverò un posto dove sdraiarmi e aspetterò. Quando verranno per portarmi via, me ne sarò già andato. Spero in un luogo e in un tempo migliori di questo.