L'odore degli zingari

Guardò l’orologio del campanile e, visto che era quasi ora di pranzo, si avviò; a casa l'aspettava il piatto della domenica: coniglio agli aromi con patate e olive.
In tanti anni di matrimonio non era ancora riuscito a capire perché sua moglie, brasiliana, si ostinasse a preparare quella specialità tipica della cucina ligure.
Lei poi era capace di conferire a quel piatto, in apparenza semplice, gusti particolari, capaci di sprigionare sensazioni positive: gustose per il palato, ottime per lo stomaco, colorate per l'umore.
Camminava soddisfatto degli acquisti fatti al mercatino dell'antiquariato di Borgo San Vito: un libro sui luoghi di soggiorno della Riviera, edito dal Touring in un lontano 1932; alcuni bicchieri decorati, destinati ad arricchire la sua collezione personale e una vecchia foto in una cornice di legno d'ulivo.
Era una stampa in bianco e nero, con qualche macchia d'umidità sui bordi frastagliati, ma ancora nitida nell’immagine.
Due adulti, uomo e donna, una ragazza e un bambino: probabilmente un nucleo familiare; alle loro spalle un paesaggio collinare e sullo sfondo il mare.
Aprì il cancello del giardino di casa ancora concentrato su quell'immagine e quindi senza badare al cane che, praticamente al galoppo, lo stava raggiungendo; si accorse di lui quando gli buttò le zampe sul petto: troppo tardi per cercare di fermarlo.
Riuscì, con una goffa manovra, a salvare i bicchieri; la cornice invece rovinò tra i sassi che contornavano un’aiuola e il vetro si frantumò.
Chinatosi per raccogliere ciò che rimaneva, notò che il retro della foto nascondeva un piccolo segreto: una lettera.
La scrittura era piccola e vibrante; si fermò a leggere.

Sassello, luglio 1885
Ci aspetta un lungo viaggio; domani, alle prime luci dell’alba, partiremo per Genova e una volta lì saliremo su di un piroscafo che ci porterà in Brasile.
Sono spaventata, ma con i miei genitori cerco di mostrarmi tranquilla e serena; più volte mi hanno parlato di questo viaggio, del fatto che non partiamo per fame, ma per scelta e che, di là del mare, ci attende un posto dove costruiremo un mondo nuovo.
Dicono anche che un giorno torneremo e io fingo d’essere contenta; altri però, prima di noi, se ne sono andati, ma i loro parenti li stanno ancora aspettando.
Oggi, per salutare familiari e conoscenti, ma forse solo per rendere meno triste la partenza, abbiamo organizzato un pranzo da signori.
Alla fine, rivolgendosi a mia madre, tutti gli invitati hanno convenuto che la Liguria perderà la miglior cuoca che c'è in giro.
Un amico di famiglia ha portato in regalo degli amaretti: dolci molto buoni, ma anche costosi, che lui vende ad alcune persone benestanti.
Mio padre gli ha detto che è l'unico, in paese, che riesce a togliere i soldi di tasca ai ricchi.
L’amico pasticciere, sorridendo, ha replicato che, fra i tanti rivoluzionari, lui è l'unico capace di prendere quei signori per la gola e che, in ogni caso, dei suoi amaretti presto si sentirà il profumo in tutta la valle... e forse anche oltre.
A tutti i costi ha voluto che li assaggiassimo prima dell'inizio del pranzo, per preparare la strada agli altri piatti.
Zia Rita di Castelletto D'Erro, decisa a non essere da meno, ha insistito perché, subito dopo, mangiassimo anche le sue fragole; giusto per pulire il palato dai sapori precedenti.
Lo stesso ha fatto zio Osvaldo con la copia di furmagette di latte di capra che si era portato appresso.
Abbiamo accompagnato la prima, bianca e freschissima, con dei pomodorini aromatizzati alla menta; l'altra, stagionata e colore del fieno, con dei peperoni quadrati cotti alla brace e conditi con olio d'oliva e finocchio selvatico.
In genere le furmagette stagionate non superano l'inverno, perché la fame le divora prima; quella invece, zio Osvaldo l'aveva voluta conservare più a lungo per verificare il cambiamento di sapore.
In pratica oggi abbiamo fatto un pranzo al contrario.
I piatti migliori però sono stati quelli cucinati da mia madre: "pernici allo spiedo con lardone, salvia e fette di pane fatto in casa" e subito dopo "coniglio alle erbe aromatiche con patate e olive."
Quest'ultimo è un piatto che noi prepariamo solo in alcuni giorni speciali dell'anno.
In apparenza potrebbe sembrare una ricetta semplice, ma non è così; dietro c'è un lavoro paziente di ricerca di alcune erbe che solo mia madre sa dove e quando trovare, ma soprattutto come dosare: che è la cosa più difficile.
Lei afferma che tanti anni fa, con le stesse erbe, ma cambiando le quantità, alcune donne riuscivano a fare miracoli; alla fine però, proprio per quegli intrugli, erano finite sullo spiedo: come le pernici.
A metà del pranzo è arrivato l'ambulante di Spigno Monferrato, che, come consuetudine, una volta al mese passa da Sassello; lo abbiamo invitato ad unirsi a noi, e lui, per ricambiare, ha messo in tavola una bottiglia di un amaro d’erbe preparato da sua moglie.
Tutti hanno insistito perché anch'io lo bevessi, visto che non sono più una bambina; e poi hanno aggiunto che la prossima volta che ci ritroveremo dovrò cucinare insieme a mia madre: perché una gran cuoca basta, ma se sono in due è anche meglio.
Alla fine, alzando i bicchieri colmi d’amaro, abbiamo brindato alla nostra amicizia e alla libertà.
Domani mio padre chiuderà bene la casa; dice che così, quando torneremo, troveremo tutto quello che abbiamo lasciato.
Lo spero anch’io, ma ho come l’impressione che presto qualcuno, magari nel cuore della notte, entrerà nelle nostre stanze e si porterà via mobili, oggetti e ricordi.
A noi resteranno addosso i sapori della nostra terra lontana e l'odore degli zingari; la speranza di un mondo nuovo e la nostalgia per quello vecchio.

Terminata la lettura, sentì un nodo alla gola e un senso di colpa tremendo: quasi fosse stato lui a rubare la fotografia in quella casa.
Mangiò distrattamente e in silenzio il coniglio alla ligure; riprese a comunicare con il mondo solo quando la moglie portò in tavola i dolci.
‐ Che cosa sono? ‐ chiese riprendendosi dal torpore.
‐ Amaretti di Sassello. ‐ rispose lei e poi aggiunse: " Aspetta che apriamo la bottiglia di Moscato passito."
‐  Ma tu chi sei? ‐ domandò l'uomo sorpreso.  ‐ Per caso avevi dei lontani parenti liguri?
‐ Una volta mi raccontarono che la mia bisnonna era cresciuta in un paese di montagna, ai confini tra la Liguria e il Piemonte, ma non ho mai approfondito. Tu piuttosto, cos'hai?  Sembri strano.
‐ Niente, solo un senso di pesantezza; dovevo mangiare meno, e in ogni caso il dolce lo lascio per stasera.
‐ Ti porto un amaro alle erbe, l'ho trovato alla Coop tra i prodotti tipici; dicono faccia miracoli.
Quando la moglie mise in tavola la bottiglia, lui lesse ad alta voce l'etichetta: " Amaro di Spigno Monferrato".
Non aggiunse altro.
Lasciò la cucina e si spostò in sala per sistemare i bicchieri comprati al mercatino; su uno di questi erano disegnate tre torri e subito sotto portava la scritta: " Ricordo di S " il resto risultava illeggibile.
Senz'altro era lo stemma di qualche paese, ma non approfondì, e nemmeno interrogò la moglie in proposito; capace che gli dicesse che quello era lo stemma del comune di Sassello.