L'ultima donna di Botero

“Non tocco più il vino e nemmeno le sue donne, troppo false nel darsi e fredde nel versarsi in coppe fatte di cuori e mani unite, e sì che ne ho avute tante io”.

Diceva sempre così ormai, fermo in piedi sulla porta del ristorante all’angolo di via Roma, “Il Brigantino”.
A vederlo immobile appoggiato allo stipite di quella porta, una qualsiasi, tra il serio e il fondo del bicchiere credo che in pochi lo avrebbero ascoltato nelle sue fantastiche storie di donne e avventure tra pelle e cuore.
“Non lascio più alle donne di vino il tempo di segnarmi la pelle”.
Quando lo incontrai la prima volta, non faceva altro che ripetere questa frase, “non lascio più alle donne di vino il tempo di segnarmi la pelle”.
Era di mercoledì se ricordo bene e giugno ormai era prepotentemente entrato a far parte dei miei giorni colmi solo di lavoro e pensieri uniti a formare una normale monotona normalità.

A volte ho creduto davvero che la normalità fosse la cosa più trasgressiva che potevo avere, a volte oggi, nel ripensare a lui e alle sue storie penso davvero che quelle donne mi abbiano cambiato la vita.

“Tonnarelli con cozze e vongole, e una bottiglia di Greco di Tufo grazie”.

Un piatto insolito per me, compreso il vino, preferisco il rosso fermo come si dice dalle mie parti e in più non sopporto le cozze, ma forse quella sera tra le storie che raccontava lui e la mia voglia di tornare a respirare, quella scelta tanto diversa dai miei soliti gusti mi sembrò la cosa più normale da fare.
Ancora non ero riuscito a finire il libro, benché nella mente le sorti dei miei personaggi fossero ben definite e delineate non avevo voglia di concluderle, non so, mi sembrava allora e tutt’ora, una sorta di morte improvvisa della creazione, della fantasia così come la vedevo io, il mio cammino.

Il “Brigantino” era proprio all’angolo di via Roma, alla destra dell’entrata una grande botte a delimitare lo spazio della cassa, l’arredamento del locale era composto da un misto etnico ben abbinato ai colori tenui del bianco e dell’ecrù, un uomo, forse il proprietario, mi fece cenno di seguirlo e mi accompagnò ad un tavolino d’angolo.
Alla mia sinistra poco distante due ragazzi erano intenti in una sorta di discussione sull’uso delle posate nel mangiare la pizza.

“Chi è quel tipo?”
“Chi Giulio? Un brav’uomo, racconta storie per un bicchiere di vino”.

A raccontare storie la vita sembra quasi scivolarti addosso, spesso mi sono lasciato bagnare dai ricordi e dalla voglia, e Giulio in fondo, non era altro che un riflesso diverso dal mio.

“Non lascio più alle donne di vino il tempo di segnarmi la pelle, vuoi che ti racconto una storia?”
“Che cosa puoi dirmi che non conosco già?”
“Mi offri da bere?”

Con queste poche parole Giulio si presentò, ordinai un mezzo litro della casa perché “è il più buono” disse, poi iniziammo a parlare.

“Tu lo conosci Botero? Quello che dipingeva le donne grosse, lo sai perché le faceva così?”
Il vino non era ancora arrivato al tavolo che lui iniziò subito con le sue storie, costruì, quel giorno, tutto il pranzo intorno a Botero e alle sue tele, benché fosse un uomo semplice e molto affezionato al vino riuscì stranamente a trasportarmi all’interno delle sue parole.
Rimasi fermo, immobile nell’ascoltarlo e nel provare una certa forma d’invidia nei suoi confronti e nella sua capacità di trattenermi ancorato ai suoi ricordi o alle sue invenzioni, se solo i miei scritti avessero avuto quelle capacità, il mio nome sarebbe già stato sui libri scolastici.

“La Monna Lisa capisci, ha dipinto la monna lisa con un sorriso che farebbe invidia a chiunque, e la Ballerina poi, ma hai visto con che grazia prende la scena, e quei visi, quei visi io lo so perché sono così, io lo so.
Non lascio più il tempo alle donne di vino di sfiorarmi il cuore, troppo finte nel donarsi e avare nel dire il vero.”

A tratti mi era difficile riuscire a seguire i suoi pensieri, saltava da un discorso all’altro con la stessa facilità con la quale si girano le pagine di un libro.

“Lo sai che i figli inventati non sono mai nati, le rose blu sono finte e io, non lascio più alle donne di vino il mio nome.
Mi piace Botero amico mio mi piace il motivo che lo porta a disegnare quei visi, lo sai tu vero, lo sai che quando si ama non basta mai la pelle o il cuore, è sempre tutto così poco e limitato, così minimo rispetto alla voglia che abbiamo di appartenenza, rispetto alla sete che sentiamo di chi ci vive dentro.
Lui lo ha capito, Botero lo sapeva amico mio e dipingeva sempre un viso dentro un altro perché non ne aveva mai abbastanza dell’amore che aveva dentro, non conosceva la fine del suo cuore e per questo disegnava cosi grande.
Versa da bere amico che ho la gola secca.”

Ogni bicchiere che gli versavo mi dava la possibilità di ascoltarlo e di specchiarmi in lui, per la prima volta nella mia vita avevo un senso nell’ascoltare piuttosto che nel dire.
Avevo, ho passato una vita intera e ancora lo faccio, nel raccontare il mondo dei miei occhi a chi occhi non ha più per vedere quello che realmente ha importanza, che sia amore, sesso dolore mancanza o appartenenza.

“Mi offri anche il caffè vero amico mio, mi piace il caffè anche se non ha il sapore che immagini quando apri la confezione.
Mi piace il caffè.
Mi piace Botero e la sua mano rotonda, mi piace il mondo e la vita, perché lo sai vero che è bella, sono gli essere umani che la rendono invivibile, ma se trovi il giusto incastro amico mio, se trovi lo sguardo che ti contiene o la voce giusta che ti canta la vita ha il sapore che ti appartiene.
Un giorno perfetto sarà per te quello, un giorno perfetto.
E lo sai vero, in un giorno perfetto io l’ho avuta l’ultima donna di Botero, tra le labbra e sulla pelle, a disegnare un nuovo quadro fatto d’argini e vecchi cuori da sfregiare.

Nessuna più come lei mi ha guardato e segnato, nessuna più come lei ho qui adesso, distesa nuda a sfondare gli occhi e il cuore.
E non c’è vino a colorare il suo sapore, o parole troppo stupide lasciate andare.
C’è solo lei qui nel petto, l’ultima donna di Botero,
mia.”

Devo andare ora, mi porta il conto per favore!

“Va bene amico mio va bene ti ringrazio di tutto e del vino, ma se rimani ancora un po’ ti posso dire un’altra storia, vuoi sapere dei Girasoli di Van Gogh?”.