La Bocca Sollevó...

Signori lettori, la frase riportata nel titolo non ha nulla in comune con l’Inferno di Dante né col conte Ugolino, è la descrizione di quel simpaticone di Alberto M. che una sera di freddo inverno, nella stanza da letto ben riscaldata,  adagiato sul  letto matrimoniale fra le cosce della deliziosa moglie Anna M., assaporava il dolce sapore della sua ‘cosina’ o meglio del ‘cosino’ dato che in italiano è, chissà perché, di genere maschile. More solito la consorte alle sue zozze profferte cercava di respingerle con le solite scuse muliebri: mal di testa, stanchezza per il lavoro di una giornata faticosa, la cucina da mettere in ordine dopo la cena ma Alberto, di cui Anna era pazzamente innamorata, riusciva a far breccia nella flebile resistenza della consorte. La signora  decisamente ‘caliente’ chiudeva la sue due stelline (gli occhi) e si abbandonava al sapiente cunnilingus del marito riuscendo a collezionare un numero notevole di ‘goderecciate’ sin quando alzava le braccia in segno di resa, (ne aveva collezionato undici!) conseguentemente niente penetrazione con gran dispiacere di ‘ciccio’ che era rimasto tutto teso a… guardare il soffitto. Alberto era titolare di una Scuola Guida in via Garibaldi, Anna era impiegata presso la Provincia di Messina e, nei momenti di pausa, si riuniva con le colleghe femminucce e spesso il discorso era,  indovinate un po’? Il sesso. Anna era di solito restia a parlarne ma, incalzata dalla solita amica faccia tosta riportava i particolari delle sue imprese o meglio di quelle del marito. In particolare aveva rappresentato l’immagine di Alberto che nel cunnilingus immetteva una variante consistente in fragole e ciliegie introdotte in vagina e poi golosamente ingoiate (Che fantasia!). Anna con le amiche Euridice, Frine e Nicla durante l’intervallo di un’ora si riuniva in una trattoria vicina all’ufficio per sgranocchiare qualcosa e raccontare le proprie vicende personali. In fondo erano coppie diciamo normali ad esclusione di Nicla vedova con figlio ventenne, Ettore, perennemente arrapato come un riccio arrapato che, quando la signore si riunivano in casa di sua madre,  attentava alle virtù delle tre signore con scarsi risultati. Anna:”Qui non c’è trippa pè gatti, cercati il ‘becchime’ tra le tue coetanee.” Nicla la madre oltremodo puritana, faceva le ‘occhiatacce al figliolo zozzone. Vedova da tre anni nel frattempo aveva sempre respinto le avances di qualche maschietto, non si truccava, vestiva in modo ‘sommesso’ finché la solita Anna durante una riunione a casa di Nicla prese in mano la situazione: “Non puoi andare avanti a fare la vedova a vita, anche Ettore è d’accordo con noi, non è geloso, preferirebbe che ti trovassi un compagno, stai invecchiando prima del tempo, ai nostri giorni una quarantenne è una ragazzina e quindi…ci penseremo noi.” Nicla, un sabato, fu accompagnata in un istituto di bellezza dalle tre amiche le quali, quando andarono a riprenderla restarono basite, completamente cambiata, una vamp che faceva girare i maschietti per strada. Anna telefonò ad Ettore il quale le raggiunse a casa sua. Il pargolo restò anche lui di sasso e tirò fuori una battutaccia: “Cazzo se non fossi mia madre!” e seguitò ”Sono andato a cercare  al computer il significato dei vostri nomi: per primo quello di mia madre. Nicla vuol dire vincitrice, ora risponde a verità, Euridice vuol significare molto giusta e per Frine…mi dispiace per lei ma oltre che molto colta vuol dire puttana, mignotta, troia.” Gran risate delle femminucce. Nei giorni seguenti  Nicla era confusa, in fondo non le era dispiaciuto quel cambiamento ma seguitava a tener lontano i maschietti malgrado gli incoraggiamenti delle amiche, nessun pretendente che le veniva presentato era di suo gradimento, forse i tre anni di vedovanza l’avevano cambiata psicologicamente e, in campo sessuale, non si sentiva pronta ad avere rapporti con rappresentanti dell’altro sesso. Solita riunione delle quattro amiche ormai molti simili a quelle della trasmissione americana “Sex and the city” e decisione: dare una festa da ballo in casa di Alberto che aveva un salone di grandi dimensioni ed invito a tutti i maschietti della Provincia e di un nuovo giunto in ufficio riminese di nascita ma trasferito a Messina, secondo le maldicenze, per aver avuto una relazione sentimentale con la consorte di un pezzo grosso di Bologna in vacanza a Rimini. Evidentemente i pezzi grossi non amano essere muniti di corna, ma solo farle come il sempre ricordato Andronico, re della Tessaglia, che usava far appendere simboliche e beffarde teste di cervo  sulla porta dei mariti che aveva bellamente cornificato. Il nuovo venuto certo Galeazzo non ebbe fortuna con Nicla e poi con quel nome! I tre del tavolo Guicciardo,  Bernardo e Aroldo, rispettivamente mariti di Arabella, di Euridice e di Frine  si dichiararono molto simili agli orsi in campo del ballo quindi ad Alberto, er mejo tacco avrebbero detto a Roma, toccò far gli onori di casa. All’inizio Nicla non riusciva a tener testa al bravo ballerino ma, cambiata la musica da veloce a lenta, si aggrappò al buon Alberto  che non sapeva più che pesci prendere dato che il suo ‘pesce’ si era notevolmente ingrandito ed allungato e si strofinava con la cosina di Nicla  che, cosa strana, si era illanguidita e seguiva la danza ad occhi chiusi aggrappandosi ad Alberto. La situazione non passò inosservata ad Arabella, ad Euridice ed a Frine che in coro: “Qui c’è aria di corna cara Anna!” La chiamata in causa: “Alberto qualche volta si prende qualche libertà in campo sentimentale, meglio con un’amica…” Dal tono di voce non sembrava molto convinta tanto più che la serata finì con Alberto e Nicla ancora abbracciati nel tango. Nei giorni seguenti nessun accenno al comportamento dei due ballerini, in ufficio si parlava del più e del meno, brutta cosa, il sesso era stato stranamente bandito, era diventato un argomento tabù. Una mattina Alberto si misurò la febbre, 38,5 e così decise di rimanere a letto. La cosa non piacque ad Anna tanto più non vedendo arrivare in ufficio la ormai vamp Nicla. Due più due non fanno quattro ma due (corna pensò Anna che stette un bel po’ prima di decidere di tornare a casa ma con quale risultato e quali conseguenze future? ‘Alea iacta est’ (ve lo traduco perché mi sembra che in quanto a latino…)”Il dado è tratto, Anna decise di rientrare a casa senza pensare ad eventuali conseguenze, agì d’istinto come talvolta le capitava di fare ma male non gliene incolse perché già immaginava quello che avrebbe sentito e visto. Si mise ad origliare dietro la porta della camera da letto da cui provenivano suoni gutturali di piacere, i due porcelloni ci davano sotto alla grande e quando aprì la porta ne ebbe la conferma. Nicla, nuda,  con un balzo scappò dal letto per rifugiarsi nella toilette, Alberto, con la solita faccia tosta: “Cara oggi non è giorno lavorativo?”In un attimo Anna dovette decidere il da farsi, capì che il suo comportamento avrebbe influito in maniera notevole sulla vita sua e su quella di suo marito. Hermes protettore di Alberto, pagano, la indirizzò verso un compromesso possibilmente spiritoso ed è quello che fece Anna: “Ragazzi mi dispiace avervi disturbato, Nicla esci dal bagno, non ti succederà nulla di spiacevole.” Alberto stava a gambe aperte e ‘ciccio’ rimase ‘lancia in resta’,  Nicla si presentò avvolta in un accappatoio, era sempre bella anche se un po’ arruffata. “Anna…” “Nessun commento mia cara, in fondo meglio te che un'altra, hai sofferto per anni e se ti prendi qualche licenza, vienimi vicino, abbracciami…” Nicla si trovò a baciare in bocca l’amica, non le era mai accaduto, Anna rispose al bacio e le due amiche rimasero in questa posizione un po’ di tempo sin quando: “Giovin signore che ne dite se anch’io partecipo…” Da quel momento il letto di Anna e di Alberto divenne il rifugio erotico dei tre. Anna e Nicla  cominciarono a frequentare meno le amiche che, malignamente immaginarono la verità forse invidiandoli  anzi senza forse invidiandoli di brutto dato che i loro mariti, in quel campo, erano di uno scarso…ma di uno scarso!