La Giovane Ginevra

Come per tanti altri bambini la messa al mondo di Ginevra era stata un ‘errore’, la sua genitrice Gilda non aveva preso delle precauzioni nell’amoreggiare col suo ragazzo. Sedicenne contava sull’esperienza del partner di dieci anni più anziano ma la famosa ‘marcia indietro’ non aveva funzionato, conclusione dopo quaranta giorni la sgradita novità: era incinta. Disperazione, come venirne fuori? Minorenne, per l’aborto avrebbe avuto bisogno dell’autorizzazione dei genitori che lei non aveva PIù, era orfana allevata dalla nonna materna. Elisabetta, la vegliarda, prese a cuore la situazione della nipote, per prima cosa fece impiegare la figlia Gilda quale cassiera in un bar cittadino, l’orario era scomodo (sino alle diciotto) ma la pensione della nonna non bastava più, c’era bisogno di un’altra entrata finanziaria. In una autunnale giornata romana nacque al San Giovanni Ginevra, nome scelto dalla nonna per un buon augurio ma il destino era avverso, nonna Elisabetta in via Taranto stava attraversando la strada sulle strisce PEDINALI quando venne investita da un’auto, inutili i soccorsi era deceduta sul colpo. Gilda dopo un primo momento di sconforto scoprì che la mamma aveva in banca un bel gruzzolo, insieme al suo stipendio poteva tirare avanti, riuscì ad affittare la sua casa e si trasferì in quella della nonna più grande e confortevole. Il problema era la figlia: unica soluzione possibile ingaggiare una baby sitter. Un’agenzia di collocamento  segnalò una certa Dalia, fu ingaggiata pagata profumatamente, la signora doveva far compagnia a Ginevra sino e oltre le diciotto. Dalia si dimostrò poco paziente con la piccola che piangeva oltre la sua sopportazione, a nulla valeva cullarla, uno strazio. Pensata fuori del comune: accarezzarle il fiorellino, si dimostrò una buona soluzione, anche se molto anticonvenzionale, ottenne  l’effetto voluto.  La piccola si era abituata a quel rito, dopo dormiva alla grande. Passa un giorno, passa l’altro Ginevra cresceva mentre ovviamente Dalia invecchiava e si licenziò.  La baby a quindici anni si ritrovò in casa sola, si sentiva già grande e non accettò che sua madre ingaggiasse un’altra baby sitter, sapeva arrangiarsi da sola sia nelle faccende domestiche che nello studio dove  otteneva buoni risultati. Il vizietto di toccasi il fiorellino le era rimasto ma farlo da sola non l’appagava più. Soluzione: farsi fare compagnia da una compagna di scuola, Sveva, che non dimostrava molto impegno nello studio con relativi non buoni risultati. Con la motivazione di far insieme i compiti la invitò a casa sua, la compagna apprezzò  il buon cibo messo in tavola da Ginevra, lei non sapeva cucinare. Dopo pranzo si misero a studiare, l’argomento Saffo fu l’occasione per Ginevra di parlare degli amori omosessuali molto appaganti e pian piano convinse Sveva a farsi toccare e toccare ed a sua volta il fiorellino dell’amica, ci scappò anche un bacio in bocca. Sveva imparò presto i piaceri lesbici, migliorò anche nello studio. La professoressa Brenda  incuriosita dell’amicizia delle due ne volle sapere di più, le invitò a pranzo nella sua abitazione in via Merulana, in casa era sola, separata dal marito. Panini per tutte e tre innaffiati da abbondante birra che fece salire il buonumore sia delle  allieve che dell’insegnante. Brenda elogiò i loro compiti  e chiese cosa pensassero di Saffo e della sua tragica fine. Ottenne la risposta da Ginevra: “Professoressa, la vita va goduta sino in fondo, è molto sciocco suicidarsi per amore, non esiste un motivo valido per togliersi la vita, del rapporto fra femminucce è appagante, che ne pensa?” Era un chiaro invito a svelare la propria sessualità. “Vorrei provarlo con voi due, io frequento un circolo per lesbiche.” Ginevra: “Viva la nostra professoressa, andiamo in camera da letto.” Anche la riluttante Sveva fu convinta a quell’incontro particolare a tre: all’inizio abbracci e poi pian piano sollecitazioni delle parti intime con relative conseguenze piacevoli. Alle diciotto Ginevra: “A quest’ora mia madre lascia il suo lavoro, torno a casa.” Anche Sveva rientrò nella sua abitazione. Le due amiche accettarono l’invito della insegnante a recarsi una sera al circolo Gay  denominato Pantheon, era socia da tempo. All’ingresso  atmosfera soffusa con una piccola orchestra che suonava anche musica a richiesta dei presenti. Al loro tavolo si presentò una signora bionda, capelli corti, viso quadrato e fare deciso. “Sono Frida la gerente del locale, ho un problema: la cantante si è licenziata e debbo sostituirla, vorrei provare con voi due.” Si fece viva Sveva: “Non abbiamo mai cantato, penso che non siamo adatte.” “Venite con me dietro le quinte, io sono maestra di musica riesco a far cantare anche gli stonati.” Le due ragazze non erano affatto stonate anzi mostrarono una voce gradevolmente  sexy. “Ho fatto centro,  stasera vi farò cantare una canzone, qui c’è il testo, il brano completo lo sentirete da questo  CD è cantato da Massimo Ranieri, recita: ‘Io t’ho incontrato a Napoli bimba dagli occhi blu, t’ho promesso a Napoli di non lasciarti più…’” Dopo mezz’ora la canzone fu imparata a memoria da Sveva e da Ginevra. Con le spalle all’orchestrina Frida: “Signore in attimo di attenzione, vi presento due nuove cantanti, accoglietele con calore.” Un applauso di convenienza e poi il duo attaccò la canzone. Una voce all’unisono ma con toni differenti, Ginevra era un soprano,  Frida un contralto. Alla fine dell’esibizione grande applauso con richiesta di bis. Intromissione di Frida: “Signore questa è la prima esibizione in pubblico di Ginevra e di Sveva, nei prossimi giorni le ritroverete con tante altre canzoni.” Nuovo applauso, le due erano  piaciute al pubblico femminile. Di quel successo fu informata mamma Gilda che all’inizio storse il muso per il tipo di locale scelto da sua figlia e dall’amica ma poi: “Nella vita è importante aver successo e soldi che sono essenziali quasi quanto la salute, non dimenticartelo, verrò a vedervi alla vostra prima esibizione.” Gilda ben truccata in viso aveva indossato un abito molto sexy  scollato davanti e dietro; “Mammina sei uno schianto, farai innamorare tutto il pubblico.” Frida apprezzò la nuova venuta, era di suo gusto, l’abbracciò e la baciò in bocca, un segnale delle sue preferenze sessuali. La mamma di Ginevra dapprima rimase sorpresa, passato un attimo di riflessione si mise a ridere:”Dal tuo aspetto dovevo immaginare che ti piacessero  i fiorellini ma io preferisco i ‘bigoli’ non quelli di pasta ma…insomma ci siamo capite.” Una nuova presenza sparigliò le carte in tavola, un tale Manlio era stato incaricato dalla ditta di pulizie da cui dipendeva di effettuare il rassetto di locali, fu assegnato al Panteon. Il cotale siciliano di nascita aveva un aspetto che si poteva definire  truce, meno alto della media, robusto, scuro di carnagione, fronte bassa, sopracciglie folte, probabilmente un suo avo doveva essere stato un africano. Frida lo squadrò, pensò ad una vacanza sessuale con Manlio, il solito godemichè che usava con le amiche lesbiche non le bastava più, desiderava qualcosa di naturale. “Caro che ne dici se una volta finito il lavoro mi fai un po’ di compagnia, ho una stanza dietro il locale.” Un grugnito di assenso Manlio non doveva essere molto loquace. Il giovane dopo circa un quarto ‘ora si presentò nella stanzetta di Frida, senza preamboli sfoderò un pene in erezione che apparve alla donna mostruoso. “Cazzo devi andarci piano, mi sfonderai il fiorellino!” Manlio ci mise tanta buona volontà ma non poteva certo far diminuire il calibro del suo membro. Ebbe orgasmi uno di seguito all’altro, era instancabile. Frida ebbe a sua volta un orgasmo quando percepì sul collo dell’utero uno spruzzo violento, si distaccò e si girò sul letto, le faceva male il fiorellino, rimpianse i giochetti con le amiche molto più piacevoli e meno dolorose, riprese le sue vecchie abitudini