La fata di ferro - Prima puntata

Erotico. Racconto per adulti ‐ V. M. 18 anni.

C’era una volta una giovane principessa, il suo nome era Alba
Un giorno il re e la regina, suoi genitori, decisero che il piccolo reame che il buon Dio aveva riservato loro, era troppo angusto e che, il denaro, per una coppia reale, non basta mai. Oltre il bosco, lontano lontano, esistevano altri reami … tutti più ricchi, più sontuosi e più alla moda.In quei luoghi, di sicuro, avrebbero potuto valorizzare la loro nobile schiatta, intrattenere rapporti e amicizie con famiglie importanti che avrebbero addotto prestigio alla propria e per finire, magari, avrebbero potuto trovare quella fonte, che tutti cerchiamo … ma che infine nessuno riesce a trovare: la Fonte dell’eterna giovinezza.
Come si sa, dall’altra parte di un bosco tenebroso, si può trovare di tutto, forse è per questo che ognuno intraprende lo stesso viaggio. E così fecero i bagagli e partirono, insieme alle persone care e alla principessa Alba, la loro diletta figliola. Dopo un po’ il viaggio si dimostrò faticoso e pieno di insidie.
I boschi sono sempre misteriosi ed intricati: di giorno sono pieni di illusioni, ma di notte possono essere popolati di fantasmi e spettri. Le illusioni spingono i coraggiosi viandanti a superare le ardue prove che li aspettano mentre i fantasmi li spaventano, facendogli così perdere l’orientamento e la sicurezza in se stessi.Impressionata da tante peripezie inattese, la regina si preoccupò per la giovane principessa. Allora ricordò, che tanto tempo prima, aveva conosciuto una fata, molto speciale, che abitava nel bosco della vita.Non che si fidasse ciecamente di lei ma, in fondo, si sa che le fate, come i satiri e le sirene, sono frutto delle nostre speranze e della nostra fantasia.
Però il bosco è insidioso e confonde il viandante e la paura, spesso, fa compiere scelte frettolose.Allora la regina chiamò a se la piccola Alba e le disse:‐ Tesoro mio, il nostro viaggio è più complicato di quanto ci augurassimo ma, ormai, lo vedi tu stessa, tutt’intorno a noi le piante si sono trasformate n un groviglio inestricabile e i sentieri sono sempre più insidiosi. Siamo partiti dai declivi e ora siamo circondati da orridi e burroni. La luce, non filtra pi, gioiosa dalle alte fronde verdeggianti, ma lascia il posto solo al buio, umido e freddo.Non voglio che tu soffra per le nostre difficoltà; nel bosco ci sono mille sentieri, molti sono sbagliati e altri non portano da nessuna parte … uno solo conduce alla strada maestra e attraversandolo tutto rivedremo la luce del sole. ‐La principessa pendeva dalle labbra della sua mamma, anche perché, essendo giovane, non si rendeva conto dei pericoli e delle insidie a cui poteva andare incontro.Per la ragazza la felicità era stare insieme alla sua mamma e al suo papà … il suo mondo finiva lì. Quella era l’unica misura della sua gioia … ma i ragazzi, lo sappiamo tutti, non capiscono niente.Allora la regina continuò il suo discorso:‐ Faremo così! Mentre noi cerchiamo di uscire da questa situazione, tu ci attenderai a casa di una fata che ho conosciuto tanto tempo fa, una vecchia amica, insomma. Ricordo ancora dove inizia la stradina che porta a casa sua, vieni! – e prendendola per mano la condusse in una radura, non troppo lontana.‐ Ecco – disse la regina e indicò col dito un vialetto incantevole – guarda attentamente! Quello è il sentiero che porta alla sua casa. Non ti puoi sbagliare, perché all’ingresso c’è quell’insegna infissa sul palo, la vedi? –Alba aguzzò la vista ed effettivamente vide un paletto sul bordo della via, con un piccolo cartello fatto con la corteccia di un albero secolare.La principessina annuì e la regina continuò:‐ Ecco vai pure da lei e affidati alla sua ospitalità. Ogni tanto ci ritroveremo qui, fino a quando non avremo trovato la nostra strada. –Si baciarono e si abbracciarono e Alba, non senza un’ombra di paura, vide la sua mamma che si perdeva tra le fronde.Il suo sconforto durò solo un attimo … poi, con la curiosità tipica dei ragazzi, si affrettò lungo il sentiero indicato dall’antico cartello.Sul legno si leggeva a stento un epigramma che il tempo aveva scolorito:
“ Qui abita la Fata di Ferro.
Lei ama tutti e nessuno.
Lei sfida la vita, ma la teme
Quando gioisce … poi fa male
Non è una vera Fata,ma neppure sa essere una Strega. ”
Le lettere, sbiadite, un tempo vergate con il colore del sangue arrugginito, fecero un certo effetto sulla piccola principessa ma visto che non le poteva capire, decise di incamminarsi per quel sentiero che, ad ogni passo, si arricchiva di fiori, colori e profumi di Guerlain.

1
E questa è Nicòle! Visto? Te lo avevo detto che non era più una bambina … il tempo passa in fretta, accidenti! – la mamma della ragazza sorrise a Flora, la vecchia amica.– Su Nicòle, stringi la mano a Flora, presentati come si deve. Dai! – la donna incalzava la figlia, ci teneva a far bella figura, a ostentare la figliola, come un trofeo, da mostrare a tutti, per rimarcare quanto era in gamba e fortunata.Nicòle sbuffò sbarazzina e mimò un inchino teatrale, poi stemperò tutta la scena con un sorriso:‐ Piacere! – disse rapidamente ‐ Scusa ma, mia mamma, mi farebbe sfilare come al circo, se potesse.‐ Certo! ‐ disse sua madre prendendola in giro – Perché solo in un circo sfilano le scimmie come te! –Flora rise divertita:– Non c’è che dire – cominciò – non potevate essere più “diversamente” uguali. –Strinse la piccola mano della ragazza, squadrandola da testa a piedi:‐ Ha ragione tua mamma. Sei veramente bellissima … come scimmietta, intendo! – e risero di gusto tutt’e tre.Poi Nicòle e sua madre seguirono Flora all’interno della villetta, in periferia, ma collegata benissimo al centro città.‐ Vi preparo un bel tè: lo gradite? Oppure una cioccolata … non so, scegliete voi stesse e non fate complimenti. –La cucina faceva parte di una sala ricavata in un unico grande ambiente, che ospitava una zona divani e un grande tavolo da pranzo. Sul fondo, davanti a un ampia vetrata, una lunga banchina di legno di noce, faceva da separé alla zona cucina, che era bellissima. Tutta rivestita in tozzetti di ceramica dieci per dieci. Una sequenza infinita di sfumature di colore che andava dal giallo al marroncino e trasmettevano un senso di calore.La casa di Flora era molto accogliente ed estremamente pulita.Erano anni che le due donne non si incontravano e la madre di Nicòle si gustò quei momenti.‐ Se me lo avesse predetto un’indovina, non ci avrei creduto … così lontane da casa ... per poi ritrovarci qui. Sono proprio contenta! –Mentre Franca, la madre di Nicòle era vivace, a volte quasi aggressiva, Flora aveva un carattere allegro, ma parlava di meno.Era una di quelle persone che ti danno sicurezza: un sorriso quieto accompagnava ogni suo gesto e guardarla preparare il te era rilassante, così come tutto l’ambiente che si era creata intorno.
A Nicòle piacque subito quella figura di donna matura e prosperosa … con i seni generosi che premevano sotto quel camice, solare e sottile, che indossava per la casa.‐ Nicòle, preferisci della cioccolata calda? – chiese Flora con la sua voce carezzevole e la ragazza non seppe resistere:‐ Oh, si, per favore … è molto più buona del te, la ringrazio. – rispose, mentre ispezionava la casa con lo sguardo.‐ Dammi pure del tu, Nicòle – disse Flora ‐ non sono mica vecchierella come la tua mamma … ! – rise, sgranando quei suoi denti piccoli e bianchi che sembravano perline. Franca protestò, bonariamente.‐ Vieni Nicòle, forse ho qualcosa per te. Dovrebbe piacerti più delle nostre chiacchiere … ‐ e le fece strada verso la zona living dove un grosso televisore, era posizionato su un tavolino, zeppo di film in DVD.‐ Qui dovresti trovare qualcosa di adatto a te, la figlia di mio fratello lascia in giro un sacco di questi film … sono quelli che piacciono alle ragazze. –‐ Uaho! – esclamò estasiata, lei, scartabellando tra le custodie di plastica – ma questo è l’ultimo di Brad Pitt … Per favore!!! ‐ guardò Flora, cercando di fare la migliore interpretazione di “occhi da cerbiatto” mai eseguita – Posso guardarlo? ‐Flora dovette fare uno sforzo su se stessa, per non restare immobile e godersi quegli stupendi occhioni languidi che la fissavano.
Sbrigativamente replicò:‐ Ah, cara mia, per me Brad Pitt te lo puoi anche sposare, non guardo mai film moderni, quindi … –‐ Nicòle! Tra breve torniamo a casa! – urlò Franca, in direzione del salotto dove la figlia si era già impossessata della TV. Con la maestria tipica dei giovani, aveva già effettuato tutte le manovre per far partire il film sul grande schermo piatto.– Dobbiamo rientrare di corsa. – poi rivolta a Flora – Sai cara non stavo nella pelle dalla voglia di rivederti, ma siamo appena arrivati … figurati che a casa ho ancora gli operai che montano i mobili, e Lunedì dobbiamo già prendere servizio.Non sto qui a raccontarti che casotto possa esserci a casa mia! ‐
Intanto, Flora, incurante del tornado che scatenava sempre Franca, continuò con metodo le sue operazioni: servì un buon tè per entrambe sul tavolo della cucina e poi raggiunse Nicòle, con una tazza di cioccolata fumante e un piatto di biscotti fatti in casa ... che sparirono, rapidamente, dal vassoio.
Franca intanto era già in piedi, scattata come una molla:‐ Dai, sono curiosa di vedere la tua casa! – disse la donna, mentre col mento indicava la ragazza, che, ignara, si era lasciata rapire dalle immagini del suo “bel tenebroso”.Flora capì, e con il suo tè tra le mani, fece strada all’amica per le scale che portavano al piano superiore.Di sopra c’erano due camere e un secondo bagno molto comodo e spazioso.‐ Ma è carinissima: che bella! – disse la signora Franca – e … queste mattonelle: deliziose … Ti spiace se approfitto? ‐‐ Ma scherzi? – disse l’ospite guardando Franca che, rapidamente, si abbassò pantaloni e collant, per urinare.– Vengono dall’Italia … ‐ disse Flora, indicando le mattonelle ‐ Vietri sul Mare, per la precisione … i listoni sono tutti decorati a mano, uno per uno. Piacciono tanto anche a me … hanno i colori forti che si vedono solo nei posti in cui il sole è splendente. –
Mentre si dava una controllata davanti al grosso specchio ovale, incassato nell’intonaco e circondato da una cornice anche essa in ceramica, Franca divenne più confidenziale nei toni e raccontò rapidamente le sue ultime peripezie all'amica.Era un momento di sbandamento totale … suo marito, il padre di Nicòle, era stato trasferito in fretta da una città all'altra.La stessa Franca, per fortuna, aveva trovato impiego grazie a un collega di lui.Un lavoro da cassiera, anche se spesso le sarebbe toccato svolgere il turno serale. Ma non si lamentava, dopotutto l'importante era aver trovato un lavoro.
Lui aveva altri due figli, frutto del primo matrimonio, ma erano grandi … anch'essi si erano trasferiti per necessità, ma presto si sarebbero organizzati per andare a vivere a Parigi, dove frequentavano l'università.
Flora, la seguiva quieta, sorbendo il tè cercando di non perdersi in quelle descrizioni frettolose … l’amica le aveva accennato qualcosa riguardo a un certo “aiuto” su cui contava, stava ad ascoltare attentamente, per capire dove “la Franca” sarebbe andata a parare.Alla fine, la mamma di Nicòle, chiedeva che, nei pomeriggi in cui lei era al lavoro o impegnata, la ragazza potesse stare da Flora.Il suo problema non era solo pratico: tutta la famiglia stava attraversando un momento di confusione e lei cercava di fare del suo meglio per tenere tranquilla la ragazza, al sicuro.I figli maggiori erano frastornati dal trasferimento ed erano diventanti intrattabili.Il suo matrimonio si stava sgretolando per colpa di una relazione del marito con una collega di lavoro.La stessa Franca, venuta a conoscenza di ciò, da oltre un anno era depressa e cercava a sua volta qualcosa di diverso dall’amore coniugale, che ormai le veniva rifiutato.
Vecchi problemi irrisolti si erano insinuati in seno alla famiglia ed ora stavano minando tutti i rapporto.‐ La piccola è agitata e nervosa – continuò la signora Franca – e la nostra famiglia è talmente scombinata che, noi stessi, siamo incerti sulle scelte da compiere … ‐ la fissò. – ecco: vorrei affidarti Nicòle, per il doposcuola, affinché tu possa insegnarle la lingua e aiutarla a passare questo momento, piuttosto turbolento. Naturalmente sarai adeguatamente retribuita... è ovvio! Sai non me la sento di affidarla a un’estranea e in un paese che non conosce … per lei sarebbe solo un ulteriore trauma e francamente vorrei evitarle altro strapazzo. –
Flora la interruppe, alzando decisa una mano:‐ Alt, tesoro mio! – intervenne – Non è una questione di soldi... figurati … ma ciò che mi chiedi è una grande responsabilità. Cosa ti fa credere, poi, che le maioliche italiane e la cucina in veranda, rappresentino il paradiso? – la squadrò quasi offesa: ‐ Anche io ho una mia vita, sai? Il fatto che vivo da sola non vuol dire che non ho “nessuno” ma, soprattutto, anche io ho i miei problemi … purtroppo. – e il suo viso si ammantò di una delicata tristezza.I loro occhi si incrociarono … Flora sorrise, vedendo lo sguardo sparuto di Franca, sembrava lei la bambina confusa, adesso.
‐ Oh, insomma – disse infine risoluta – e va bene!Facciamo una settimana di prova, ok? – Franca annuì, aveva la stessa aria di un cane che scodinzola.– Però voglio sapere con precisione i giorni in cui la ragazza verrà da me. Io posso riceverla dalle tre. Non prima. Sono impegnata col lavoro e altro … e la sera, a casa, alle venti!Domenica prossima ti farò sapere se voglio e posso prendermi l’impegno di fare da baby sitter a ... a una “bambona” più alta di me! – le sorrise, ammiccando.
Si accordarono su un compenso forfettario per le spese, ma non era certo quello il problema che sarebbe potuto sorgere tra loro.
Quella sera, da sola nel lettone, Flora, ad occhi chiusi, tornò con la mente alle impressioni che le aveva suscitato l’incontro con la giovane Nicòle.Le forme acerbe, i seni piccoli e, di certo duri come il marmo... e, a questo punto, i suoi pensieri si illanguidirono, immaginando il fiore acerbo, che la giovane custodiva …avrebbe pagato per poterlo almeno ammirare, proprio in quel preciso istante, ma non poteva che restare un sogno.I suoi pensieri, però, diventavano sempre più lascivi, nonostante i suoi sforzi per distogliere la mente.Allora, le immagini, che in quel momento creava con la fantasia, si confusero con i ricordi del passato.Il volto della giovane si confuse con quello della madre, quando era giovane e fresca: la rivide, mentre abbassava la testa dai capelli fluenti, mentre lei che si tuffava sul suo corpo, odoroso di puro piacere.
La lingua di Franca la cercava, allora, insaziabile.
Ricordò tutte le volte in cui, ella stessa, aveva ricambiato quell’esasperante frugare con la bocca, negli spazi segreti dell’altra.Il corpo, sognato, di Franca giovane, nell’eccitazione che si era impadronita di Flora, si confondeva con quella di un’altra, una donna sconosciuta, dai contorni indefiniti ... illuminata da una luce che le arrivava di spalle, occultandone i lineamenti del viso.
Poco dopo, però, fresca, fresca come fosse rorida di rugiada, appariva l'innocente visione di Nicòle.
Ansando e grondando la donna raggiunse un piacere languido e intenso, che invece di appagarla, la turbò e la lasciò sul letto, piena di rinnovata sete.
2
La Fata di Ferro aveva una casa che solo nel mondo delle fiabe, era possibile immaginare.La giovane principessa si era presentata a Lei, armata solo della sua innocenza … della sua voglia di vivere e dei suoi timori.
Aveva vissuto tra gli echi del bosco con la forza della paura.Aveva sentito su di se, il peso dell’indifferenza: ora, tutto questo, si contrapponeva all’ambiente fiabesco che l’attendeva.Era stata accolta come la più bella delle principesse.Le miscele di cacao più esclusive, arrivavano da ogni parte del mondo per confezionare le sue cioccolate, mentre biscotti, marzapane e miele non mancavano mai, all’ora della merenda.
La Fata di Ferro era intransigente: prima di tutto i compiti.
Ma, come per incanto, anche quelle ore, passavano spensierate: era bello studiare se il premio era un sorriso della fata, faceva del suo meglio per collezionare buoni voti, pur di non interrompere quel connubio felice.
La Fata di Ferro si dimostrò, per lei, la migliore delle amiche.Bellissima, grande, prosperosa … indossava sempre vestiti colorati e sgargianti: un vero e proprio inno alla gioia.Aveva mille abiti, tutti troppo corti per nascondere le sue grosse gambe, burrose; tutti troppo stretti per contenere, accuratamente, i seni gonfi o le natiche tonde, che sembravano formare il sedere di una micia, mollemente ingrossato da una gravidanza.Nella casa della Fata tutto era a sua disposizione e lei non doveva far altro che essere felice.L’aiutava nelle sue scelte, condivideva le sue idee, la consigliava di volta in volta, con l’esperienza che aveva accumulato negli anni, Alba non trovava mai da obiettare ai suoi pareri sussurrati ... anzi. Potremmo dire, piuttosto, che pendeva dalle sue labbra.Ma la cosa più importante è che la Fata del Ferro le donava tutta la sua attenzione, incondizionatamente.Nulla in quelle ore era più importante della principessa.Il centro dell’universo per la Fata di Ferro era Alba e tutto ciò che lei diceva era importante, unico e prezioso.Stava in famiglia con piacere ma il mondo delle Fiabe l’attendeva, quotidianamente, e non vedeva l'ora di poter ritornare in quella casa, alla fine del sentiero, tra le buganvillee e gli oleandri: colorati e velenosi.
Ogni giorno la principessina si sentiva più grande e più forte, ogni giorno correva verso nuove esperienze. Celato nel suo cuore di piccola peccatrice, aveva anche un segreto, inconfessabile ma sublime: una delle cose che l’attraeva della Fata era il suo corpo; sarebbe rimasta ore a rimirarlo.Già quell’unico incantamento sarebbe bastato a rendere quelle visite improcrastinabili.Lei era bellissima e, per la gioia di Alba, molto distratta.Quando sedevano al tavolino delle ghiottonerie, spesso accavallava le lunghe e grandi gambe, senza curarsi del camice che si alzava e che, salendo … andava sempre più su ad ogni movimento della giunonica fata, mettendo in mostra le calze … sempre diverse ... sempre di nuovi colori.Quelle che le piacevano di più erano le nere.Le calze nere sembravano sempre di una misura più piccola, la seta era tesa sulla pelle, rendendola appetitosa, mentre lo sguardo, ipnotizzato da quella visione, cercava il punto dove il nero deciso dell’orlo merlettato, liberava, con uno sbuffo lievissimo, la carne rosea e chiara della Fata di Ferro.
Anche quando lei si sedeva su un basso puff, sgranocchiando cannellini e lacrime d’amore, era facile che Alba riuscisse a carpire un’immagine delle sue mutandine, schiacciate tra le cosce.La fata si sedeva lì, poi andava e veniva per sfaccendare; lo faceva per non rubare spazio ad Alba a cui, da principessa qual’era, aveva riservato il posto d’onore sul divano.Ad Alba non dispiaceva nemmeno il suo gironzolare per casa alla ricerca di un granello di polvere vigliacco o di uno dei tanti oggetti che, in quella casa fatata, avevano la strana tendenza a cadere negli angoli più nascosti.
Da quando aveva scoperto che la fata, per ritrovare gli oggetti, si metteva carponi mostrandole inavvertitamente il fondoschiena oppure le poppe gloriose, Alba, pur essendo affettuosa e servizievole, non si offriva mai spontaneamente come volontaria “nel cercare”, ma lasciava che la donna facesse tutto il lavoro da sola.
La fata aveva infinita pazienza e nulla chiedeva alla sua preziosa ospite.Per fortuna, tutti i rossori e le vampate peccaminose della giovanetta passavano inosservati, tant’è che una volta, fattasi coraggio, Alba dal gabinetto chiamò la fata con una scusa e si fece trovare seduta sul vaso, con le sottili gambe dischiuse.
Ma la Fata di Ferro non disse niente e niente notò, chiusa nella sua “casta” indifferenza.
Al contrario la principessa, per la vergogna sopravvenuta dopo l’eccitazione, non volle tornare da lei per due giorni.Ma il terzo giorno la fata chiamò … e tutto riprese come prima.

Flora credeva di impazzire, tanto la situazione era diventata insostenibile.Nonostante le promesse fatte a se stessa e alla madre di Nicòle, la presenza della ragazza era diventata troppo intrigante e opprimente per lei.Il piacere che provava a sentirsi osservata di nascosto da quella piccola troia le rimescolava il sangue nelle vene e appena la vedeva o la pensava, si ritrovava eccitata.Dal primo istante in cui Nicòle giungeva a casa, la parte più recondita di lei, iniziava a grondare di piacere.
Desiderava l’orgasmo per ore, mentre le sue guance avvampavano e i suoi seni sudavano.La voleva! Voleva sfogare sul suo corpo delicato quell’infinito desiderio …Il primo giorno che Nicòle disertò le lezioni, Flora respirò e dopo settimane di stress riprese il controllo sulla sua vita e sulla sua casa.
Era una piccola despota ... una piccola canaglia … quella sua principessa!Il secondo giorno si immalinconì. Le mancava. Voleva essere tiranneggiata ancora da quella impertinente spiona … le mancavano i suoi occhioni che le fissavano le cosce.
E si che Nicòle aveva davvero esagerato … farsi trovare nuda sul gabinetto, ancora bagnata.
Pensieri deliziosi l’avevano attraversata, come correnti galvaniche.Ma dooveva comportarsi da donna una adulta e responsabile. Doveva resistere!
Quella sera si decise e chiamò un suo amico, per dare sfogo al vulcano della sua libidine. Ma l'uomo era già impegnato; il fatto che lui non potesse raggiungerla, la rese ancora più furiosa.Si frugò nell’intimo, meccanicamente, sul suo letto, ma il piacere la rese ancora più eccitata e incapace di vincere il desiderio di Nicòle.
La sera del terzo giorno la fece finita … telefonò.‐ Ero certa che ti avesse avvisato – diceva Franca, perplessa – i giovani di oggi non hanno più nessun rispetto! ‐‐ No, lasciala stare, sono ragazzi, magari qui da me si annoia … purtroppo non ho vicini con ragazzi della sua età. La capisco … poverina! – la giustificò Flora.‐ Aspetta adesso te la chiamo, vediamo come si sente … ‐ poi Flora trepidante e impacciata udì le voci lontane di Nicòle e della madre:“ Ma che ti salta in mente? Perché non hai avvertito Flora che stavi male?” diceva la madre alla figlia e questa di rimando “ Uffa, ma io non stavo bene, pensavo che glielo avessi detto tu …” E la mamma “Sei una gran maleducata … adesso vai al telefono e scusati …” seguirono altre parole che non fu in grado di sentire.
Dopo poco arrivò Nicòle alla cornetta: ‐ Scusa! – esordì.‐ E di cosa, tesoro mio, mi dispiace se sei stata poco bene … ‐ disse raggiante Flora – ma adesso come stai? –‐ Sto bene – continuò laconica Nicòle. Poi si sentì confabulare … ‐ dice mamma: se non disturbo, posso continuare a venire da te? –Flora non seppe dissimulare la gioia che le procurarono quelle poche parole, così con la voce rotta dalla trepidazione disse:‐ Lo sai, Nicòle, ormai questa è casa tua … devi decidere tu, se vuoi … vedermi ancora. –‐ Si. Voglio venirci ancora … ‐ disse la giovane.Il giorno dopo, quando entrò nella casa, un profumo fragrante di torta di mele e di cannella la pervase.
Flora le venne incontro e si abbracciarono senza parlare.
Da allora però, la donna non si sedette più sul puff, ma sul divano … di fianco a Nicòle.

Fine della prima puntata