La magnolia

Ettore si svegliò di colpo dopo aver fatto un sogno strano.
Alle mani e ai piedi aveva delle insolite chiazze rosse, gli prudeva il naso e non riusciva ad alzarsi dal letto.
Aveva riposato poco, ma ricordava di aver avuto un sonno tranquillo.
Decise di provare a scendere, ma niente, le gambe erano immobili.
Non riusciva a vedere bene davanti a sé, aveva gli occhi ancora mezzi chiusi.
Non sapeva cosa stava  succedendo al suo corpo, si sentiva solo molto strano.
Forse stava ancora dormendo e stava vivendo nel suo sogno.
Dalle finestre della stanza, però, le luci dell'alba gli accarezzavano i capelli, non poteva essere un sogno.
E i rumori della strada li sentiva bene. Non c'era dubbio, qualcosa non andava.
Pensò di allungare le mani verso un cassetto dell'armadio.
Trovò un piccolo specchio, tutto impolverato.
Provò a guardare dentro, ma era troppo opaco, la sua immagine non era nitida.
Doveva cercare di stare in piedi, andare alla finestra e far entrare più luce, solo così avrebbe potuto capire qualcosa.
Legò il lenzuolo all'unica sedia che gli stava vicino, e tirandolo come una fune si fece forza.
Dopo molti tentativi, riuscì a sollevarsi.
Le gambe gli pesavano come due tronchi, e pensare che lui era magrissimo.
Aperta la finestra, l'aria gelida gli tagliava la pelle, arrossandogli il viso.
Doveva vedersi in uno specchio a qualsiasi costo, rischiando di cadere.
Strisciò verso la stanza della madre, con la bocca aprì la porta, ed entrò.
Lo specchio era ad un passo dai suoi occhi, presto avrebbe saputo.
Tremava di paura, non voleva vedersi.
Si bendò con le mani per non subire un trauma.
Lentamente le fece scivolare via ed ecco il suo volto.
Foglie ovunque, foglie verdi e lucenti.
Gridò, e poi cadde a terra, stravolto.
Non era possibile, era diventato una magnolia!
Si riprese, sperando di aver vissuto un incubo.
Ma le sue braccia erano rami possenti e lunghi, le gambe un tronco robusto, i piedi profonde radici.
Disperato, chiuse gli occhi con la speranza di avere solo qualche allucinazione.
Lo specchio rifletteva sempre la stessa immagine.
Preso dallo sconforto, cercò di nascondersi, non poteva certo farsi trovare dalla madre in quello stato.
Cosa sarebbe stato di lui?
Come faceva a spiegare alla madre che era diventato un albero?
Doveva fuggire via, ma come?
Vicino alla finestra c'era un abete, forse lo poteva aiutare.
Che follia, chiedere aiuto ad un abete! E poi, neanche parlava!
Si trascinò di nuovo nella sua stanza, le radici erano secche, aveva bisogno di acqua.
Tentò di parlare all'albero della sua casa, ma non ebbe risposta.
Provò a buttarsi giù, era l'unica soluzione.
Ad un tratto, sentì una voce.
Ma non capiva da dove veniva.
Ancora un urlo, poi un fischio. L'abete lo stava chiamando.
Non poteva crederci! Allora anche gli alberi parlavano.
Si avvicinò a lui piano piano.
Ettore gli chiese cosa poteva fare per tornare un bambino.
L' abete sorrise e gli rispose che lui non poteva fare nulla, se non fargli spazio accanto a lui.
Ettore si mise a piangere e con le sue lacrime nutrì le sue radici.
L'abete lo consolò stringendo i suoi rami a quelli della magnolia.
Ettore aveva solo sognato, non era mai stato un bambino, voleva esserlo da sempre, ma era nato albero, e sarebbe rimasto lì per secoli con un nome inventato dal vento.