Le meraviglie che non vi ho detto

Sono stato vittima di una vita che non volevo, dissi al vecchio saggio e lui mi rispose chiudendo gli occhi che nessuno vuole la sua vita così com’è. Avevo percorso migliaia di chilometri per parlargli, per sapere, per capire, ma ora trovavo vana ogni cosa; alla fine gli domandai se ne era valsa la pena fare tanta strada. Lui si grattò il lobo di un orecchio, sorrise e mi sottolineò che niente non vale la pena di fare, ma fu una risposta ch sembrò non soddisfare nessuno dei due. ‐ Lo vedi questo mare,‐  mi disse indicandomi tutta quell’acqua che s’increspava in mille riflessi. ‐ Lo vedo? ‐ ‐ Ti andrebbe di morire lì con l’acqua che ti entra nei polmoni fino a soffocarti ?  ‐ ‐ E perché mai dovrei desiderare questo? ‐ Il vecchio saggio sorrise e la sua dentatura perfetta e bianca brillò un po’ troppo per appartenere ad un eremita. ‐ Ti chiedo ciò, solo per comprendere se desideri ancora vivere. Tutto qui. ‐ La sabbia stava raffreddandosi sotto di me. Il sole annegava sull’orizzonte e noi due eravamo gli unici esseri viventi presenti su quella spiaggia sconfinata in un crepuscolo senza precedenti. ‐ Ho attraversato paesi e nazioni, ho solcato mari  e oceani, e tante sono state le volte in cui ho perso la strada per trovare e giungere su questa spiaggia sconosciuta . Ho viaggiato perché qualcuno vaneggiava di questo luogo di  risposte e meraviglie. Sono partito stanco e scoraggiato e ora sono sfinito e confuso. Mi domando se la pace è un utopia o una noia che logora tutte le creature fatte di carne e sangue. ‐ ‐ Se sei riuscito a giungere fin qui il desiderio era al limite. Tenacia e fortuna ti hanno condotto dove ambivi; dovresti esserne lieto.‐ Lingue d’acqua si rincorrevano in una lotta vana alla conquista della terra, si spingevano e si ritiravano  laddove la riva non gli permetteva di andare oltre. ‐ Ho dovuto morire e rinascere molte volte per avere la forza per affrontare questo viaggio. E ora sono incerto. Perché, mi chiedo, sento ancora questa perenne angoscia? ‐ ‐ Stai tranquillo e abbi pazienza. ‐ ‐ Questo me lo dicevano sempre anche chi dichiarava di volermi bene, sebbene involontariamente lo traducevo come una beffa, una toppa da metter sopra all’inutilità dell’azione. Tipo, guarda, ma sono fatti tuoi. ‐ ‐ Cosa desidereresti? Denaro? Potere? Amore? ‐ ‐ Una volta sì. Ora non so più cosa voglio o non voglio. ‐ ‐ Ma lo sai, se io ti ricordassi le interminabili storie di uomini che  nel corso dei millenni hanno lottato per ciò, comprenderesti quanto tutto sia effimero e scontato. ‐ ‐ Allora un uomo a cosa dovrebbe ambire? ‐ ‐ Alle meraviglie! ‐ ‐ E sarebbero? ‐ Non mi rispose, sorrise e infilò una mano sotto la sabbia per estrarre un mazzo di rose profumate e inspiegabilmente ricoperte di rugiada.  ‐ Annusale e stupisciti! ‐ Le annusai e quella meraviglia mi recò una strana felicità. L’odore del mare unito a quello delle rose raggiunse una parte di me che parve proiettarmi in una realtà popolata solo di profumi e  aromi.. ‐ Come hai fatto? ‐  Domandai con i fiori in mano e gli occhi sgranati dallo stupore. A quella lecita domanda mi rispose con un altro prodigio. Si mise carponi e cominciò a giocare con la sabbia finché in un lasso di tempo relativamente breve modellò la scultura di una donna supina. ‐ Chiudi gli occhi, ‐  mi ordinò con severità. Lo accontentai in parte.  Vidi quelle sue mani accarezzare il volto della donna di sabbia. La baciò e osservai le sue labbra consumate dal tempo imbrattarsi di sabbia. ‐ Ecco, ora puoi aprire gli occhi. ‐ Il prodigio si manifestò davanti a me nella visione di  una bellissima donna inginocchiata che mi sorrideva timidamente. Era nuda. Mi  guardava come da una certa distanza simile ad un’apparizione velata dal rosso soffocante del tramonto. ‐ Gli piaci ‐  Ammise il vecchio saggio compiacendosi mentre si  toglieva con il dorso della mano la sabbia dalle labbra. ‐ Cosa hai fatto?  ‐ Balbettai. ‐ Una meraviglia, no? ‐  E poi rivolgendosi alla donna la invitò a farsi una passeggiata lungo la riva. ‐ Perché la fai andare via?‐  Chiesi quasi disperato osservandola di spalle mentre sensualmente  si allontanava da noi. Era perfetta, era quello che avevo sempre desiderato. In quegli occhi avevo visto un senso alla vita e in quelle membra una gioia per la carne. ‐ Non ti preoccupare, se ti ama ritornerà!‐ ‐ Ma tu chi sei in realtà per fare queste cose?  ‐ ‐ Qualunque risposta tu abbia da me, non cambierebbe di una virgola la tua infelicità in felicità. Le meraviglie sono sempre meraviglie, ma poi stancano. Guarda ancora! Esclamò strofinandosi gli occhi con vigore finché potei notare uno strano mutamento: gli occhi del vecchio erano diventati occhi da bambino, vivaci, innocenti e pieni di luce. Mi tese la mano chiusa in pugno, l’aprì e dentro il palmo scorreva tra le dita dell’acqua che profumava di colonia. ‐ Cosa mi rappresenta? ‐ ‐ Le lacrime dei bambini sono dolci e profumate, quelle degli uomini sono amare e impestano lo spirito.‐ La sera si era fusa alla lenta agonia del giorno. C’era buio. Il vecchio saggio accese una candela che tirò fuori da una profonda tasca. La fiammella tremolava di un arcobaleno di luci che ti rapivano i sensi, circondandoci di aurore che andavano a spegnersi sul mare. ‐ E’ bello! ‐ Esclamai. ‐ Se fosse accessibile a chiunque perderebbe il suo fascino, ‐  rispose il vecchio voltandosi per cercare la sua creazione di sabbia. La vide seduta poco più il là in riva al mare, assorta nella vastità d’acqua. La donna alzò una mano e lo salutò, ma da lontano era soltanto una sagoma d’ombra o di sabbia. ‐ Mi è venuta bene, non trovi? ‐ ‐ E’ bella! ‐ ‐ Come fai ad affermare che è bella se neanche la conosci? ‐ ‐ Ho visto i suoi occhi. La sua leggerezza… ‐ ‐ Questa risposta mi piace. Penso proprio che ti sei meritato un dono. Io ti regalo un posto nel mio mondo. Chiudi gli occhi e conta fino a mille e vedrai…‐ Chiusi gli occhi e cominciai a contare e mentre contavo poco alla volta dimenticavo la mia vita. Quando arrivai a mille aprii le palpebre, la candela era consumata e le tenebre avvolgevano ogni cosa. Potevo sentire solo il monotono rumore del mare. Chiamai il vecchio ma lì sembrava esserci più nessuno. Non riuscivo a vedere nulla, camminavo a tentoni con la paura più vecchia del mondo. Sentivo l’oscurità invadermi dappertutto. Ad un tratto avvertii l’acqua lambirmi le caviglie, fredda e misteriosa come due mani invisibili. Saltai indietro con il terrore di annegare. Cominciai a correre all’impazzata con il cuore che batteva furiosamente contro il torace, finché inciampai contro un qualcosa di morbido. ‐ Ahii! ‐ Si lamentò il mio ostacolo. La voce era femminile, calda e di sicura appartenenza alla donna di sabbia. ‐ Cosa fai? Mi vuoi schiacciare?‐ Mi chiese gentilmente mentre tentavo d’intravederla. ‐ Scusa ma non vedo niente. Sono diventato cieco?  ‐ Una carezza sfiorò la mia guancia, susseguita da parole che mi rassicuravano. ‐ Non sei cieco, semplicemente devi solo adattarti a questo mondo. Con il tempo vedrai dove i tuoi simili non vedono. Ritornerai da loro e maledicerai ogni meraviglia. La maledicerai perché ti mancherò così tanto che non vedrai più nient’altro del tuo mondo, ‐ mi spiegò senza arroganza cingendomi la vita finché sentii la pienezza delle sue labbra sulle mie.  Baciare nel buio una donna nuda è un’altra meraviglia. Vorticava ogni cosa, l’oscurità si ammorbidiva in spiragli di luce violetta, permettendomi di scorgere in lontananza la figura di un uomo che ballava sulle onde del mare. Mi parve di riconoscere il vecchio saggio. Richiusi gli occhi e mi abbandonai in quel bacio senza fine innamorandomi all’istante di quegli occhi scuri e di quelle labbra calde. ‐ Vieni con me,‐  m’invitò prendendomi la mano, ‐  andiamo a cullarci. ‐ La penombra ci circondava come una nebbia, il vecchio ballava ancora rapito da una musica che udiva solo lui. All’inizio è fredda ma poi ci riscalderà. Alludeva all’acqua che inghiottiva i nostri corpi con un moto ondulatorio di schiume e suoni che parevano chiacchierii. Mano nella mano entrammo nel mare per galleggiare, per ascoltare quello che il mare avrebbe voluto raccontarci. ‐ Per entrare in me devi uccidere ogni radice. Niente può coesistere tra la banalità della tua precedente vita e le meraviglie di quest’altra. Ti senti pronto per la metamorfosi? ‐ Cosa avrei potuto rispondere? Tutto sommato il mio mondo mi aveva tradito con la ripetizione e il sacrificio; in esso c’era solamente l’imbroglio e la patetica tenerezza di andare avanti giorno dopo giorno, fingendoci capaci di stabilità e sottomissione verso le nostre vere nature di creature smaniose di meraviglie. Allorchè risposi di sentirmi pronto, lo dissi galleggiando a pancia in sù nell’acqua, osservando un cielo che mi ricordava del buon vino rosso che frizzava dentro un bicchiere. Ritornammo a riva e ci amammo finché mi resi conto di un qualcosa di inspiegabile che stava mutando dentro ogni particella e molecola del mio corpo; era come la muta di un serpente, mi sfilavo la pelle vecchia per una nuova,  straordinariamente più sensibile ed elastica. Addirittura i tendini e i muscoli che si muovevano sotto il corpo di lei mi davano l’impressione che stessero modificandosi o plasmandosi in un nuova anatomia più forte e consistente. Era inebriante e talmente unico da cancellare qualunque vago ricordo o perplessità: il piacere si scandiva come la partizione di uno spartito musicale, mentre quegli occhi scuri mi assicuravano di amarmi senza inganno. La sabbia sotto di noi sembrava velluto e mai mi sarei separato da quella creatura straordinaria. Anche in quel  mondo  sorgeva il sole, spargendo la spiaggia di una luce d’avorio. E fu proprio in quella luce che notai la mia pelle che era divenuta blu come il mare. Le domande erano superflue, la scelta era stata mia e quella scelta aveva rivoluzionato anche il mio corpo regalando alle mie membra longilinee e magre una muscolatura prodigiosa sfumata di un azzurro acceso. Vicino alla riva c’era il vecchio saggio e la donna. Mi scrutavano soddisfatti invitandomi a bere da una ciotola un liquido sconosciuto. ‐ Vieni con noi e dissetati ‐ Accettai tendendo le braccia dalla pelle color blu e bevvi, bevvi tutto di un fiato e finalmente mi trovai a casa. Ero diventato una divinità. Ero nato per davvero, questa volta. O perlomeno fu questa la sensazione.