Megas Sperticos

Sono passati quarant’anni dalla morte di Spertico. Mimesio, Natolius, Morghius ed Eronna il nero osservano una statua del loro capitano eretta davanti al tempio di Remeghias.
Nei loro occhi corrosi dalla vecchiaia prendono vita tutte le battaglie affrontate insieme, è come se lui fosse lì fra loro, pronto ad incitarli per il combattimento. Mimesio si alza ‐ eghemòn ‐ sussurra fra sé e sé ‐ dove sei eghemòn? ‐ poi guarda la statua e si gira verso gli altri ‐ può il marmo o il bronzo o il granito renderlo nella sua effettiva grandezza? dove sei Spertice? dov’è la tua forza capace di spingerci fino alle più sconfinate lande di questo mondo? dov’è Adriano che incitavi sempre a gran voce nelle tue battaglie? dov’è quel grido che si alzava nel cielo infondendo a tutti coraggio… oraaarius… che fine ha fatto il sogno unire le genti essere i padroni del mondo… o anche quello ti sei  trascinato negli inferi… nulla è sopravvissuto se non il bastone della nostra vecchiaia,beato te Spertice che le genti ti ricorderanno sempre giovane e forte. Ma come posso io spiegare cosa significava essere giovani e innamorati e avere un sogno e credere accanto a te di poterlo realizzare, ma quei sogni non durarono che il batter d’ali di una farfalla, arrivarono dal nord i più barbari tra tutti i popoli: i punkabestia, orribili a vedersi "ah infame destino che ancora giovani ci togliesti alla nostra età per buttarci nei nefasti della guerra", tutto ci tolsero, le nostre terre,i nostri sogni… ma tu eri lì tra noi e noi lì con te, fu allora che nacque il mito dell’Ibiga, otto tra i migliori guerrieri scelti da Adriano, battemmo punkabestia ed espugnammo la città di Zaccheria. Formammo così il nostro impero,fossi tu stesso a incoronare Vailide imperatrice. Poi volgesti il tuo sguardo a est, dove ormai da troppo tempo i nostri fratelli Aristossenesi chiedevano aiuto contro le ingerenze di Ciakiani e quintunniesi.
Così lasciammo mogli e figli per andare verso la stella di Remeghias. Giungemmo come salvatori in una terra straniera, accolti dalla regina Alexandra e subito conquistammo l’Ebeozia e rendemmo schiava la loro regina Chiara. Sempre più a est i Ciakiani e dopo i Quintunniesi. Mano a mano che avanzavamo, ogni città che conquistavamo, diventavamo più ricchi e più vicini all’immortalità.
Tu invece più scuro nell’animo ormai i desideri, le passioni, gli amori a poco a poco lo avevano divorato finché dell’uomo più nulla rimase ‐ i suoi occhi cominciano ora a lacrimare nostalgici del vecchio amico ‐ ah dei crudeli! una sola cosa vi chiese, poter rivedere almeno una volta la propria figlia Galatea e neanche quello gli concedeste.
Così che in mancanza d’affetto diventasti facile preda dell’ira,tirannico e inclemente con i vinti.
Solo lei col suo canto dolce e soave riusciva a placare l’animo del guerriero, solo lei Roxane col suo canto lo riportava indietro fino a casa,sulla scia dei ricordi fino ai più teneri momenti dell’infanzia e della giovinezza… ma eravamo troppo inoltrati in quella barbara terra per tornare indietro.
Remegias ormai ti aveva abbandonato ma noi ti seguivamo comunque perchè tu al dì la di montagne,fiumi e laghi scorgevi sempre una meta da raggiungere. Prevaricammo così le montagne della grande Acaia e giungemmo in una terra sconosciuta ai nostri padri: Portus Pirronis    Qui sconfiggemmo l’ultimo baluardo delle forze quintunniesi conquistando la gloria tanto desiderata e inseguita e tu cadesti valorosamente in battaglia ottenendo così l’immortalità.
Dopo di che spartimmo i territori conquistati e i bottini ma niente fu più come prima... tu non eri più tra noi e nulla sembrava aver più senso.
Ora alcuni ti ritengono un folle, ma la follia dico io cos’è se non il gradino che precede la grandezza?
E questa si sa va di terra in terra si posa su ali d’aquila,giunge fino alle più alte vette di questo mondo e poi si posa sulle bocche di tutti che pronunceranno per sempre Megas Spertikos o come dicono nella tua Taras Spertikos o Meggie