Metti una sera a cena...a casa mia...

Dieci persone a cena!

E ciascuna ha un problema: una non vuole il burro, l’altra non mangia verdure, poi c’è il vegetariano che annusa tutto per paura che una piccolissima particella di carne sia presente nel suo piatto.

Verrebbe da dire “ci vorrebbe una guerra!”

Mi blocco e penso “ma la guerra c’è, anzi ci sono molte guerre, non qui ma magari vicino alla porta di casa, e con la guerra la fame quella vera.” Mi si stringe lo stomaco. Troppo o niente.

Apro il frigo e fortunatamente il mio è sempre ben fornito. Contrariamente ai singles che si rispettano (che usano il frigo part‐time), il mio è sempre pieno di verdure fresche. Io adoro le verdure: è per questo che vado molto d'accordo con coloro che "non mangiano tutto ciò che prima aveva un'espressione".

Bene, cosa cucino stasera? Aguzziamo l'ingegno e mettiamoci all'opera. Ma chi, se siamo solo me ed io? Questa brutta abitudine di usare il plurale maiestatis non mi abbandona mai! Il cane mi guarda con aria interrogativa: "Meno male che ci sei tu ‐dico‐ altrimenti i vicini potrebbero pensare che parli da sola...che poi non è così lontano dalla realtà dato che vivo sola con te!"

Un passo indietro: dov'ero? Ah, si con la testa nel frigo a creare il menù!

D'altronde escludendo le verdure e il burro, e accontentando il vegetariano e noi carnivori posso sempre preparare qualcosa di leggero ma altrettando sofisticata. Ma è mai possibile che con la gente che muore di fame nel resto del mondo, qui in Occidente ci si debbano creare dei problemi alimentari al contrario? É proprio vero che il troppo stroppia!

Passi per colei a cui non piacciono le verdure (anche se non è stata molto chiara su ciò e io ho inteso verdure del tipo bietola, cicoria, etc...ma d'altronde non si può sperare che io cucini per dieci persone senza utilizzare neanche un ortaggio!) dove sta scritto che i vegetariani campano più e meglio di noi?

Uno studio di Key del 2009 dimostra il contrario: i vegetariani muoiono per le stesse cose di cui muoiono i non vegetariani per cui non vi è alcun vantaggio a mangiare vegetariano. E poi c'è la questione burro: posso capire un'intolleranza alimentare al lattosio ma se è per una questione di dieta, bhè con il menù di questa sera ci vorranno almeno due giorni per smaltire le migliaia di calorie che si assimileranno anche se non ci sarà la ben minima traccia di burro da nessuna parte.

Meno male che le soluzioni, come le trappole, sono sempre in agguato! Ma, al contrario delle prime, basta cercarle con fermezza e pazienza.

Non posso dirmi d'improvvisarmi cuoca perchè è una passione che ho ereditato da mia madre. Forse mia madre non la reputava tale perchè doveva farlo per dovere coniugale e filiale, ma ricordo che passavo molto ad osservarla.E' così che ho imparato a cucinare: fotografavo mentalmente gli ingredienti dei piatti che preparava, i gesti con cui affettava, sminuzzava con la mezzaluna e girava i mestoli nelle pentole e padelle (eh si perchè il movimento del braccio dipende da ciò che si prepara: ogni cibo ha bisogno non solo del suo tempo di cottura, ma anche di una dose precisa di velocità di mescolamento).

A ripensarci bene, a volte mi sembrava che passasse da una magia di tarocchi ad una di tegami.

Mia madre era una donna che cucinava il mondo in tre ore, non un minuto di più, nè uno di meno. In quelle tre ore riusciva a montare la cena dall’antipasto al dolce semplicemente schioccando le dita, e come tutte le mamme del Sud, le sue porzioni bastavano a sfamare un reggimento di persone. Una cuoca perfetta, per di più siciliana. Per cui perfetta e calorica! Se la tavola strabordava di pietanze, aveva anche il coraggio di dire che non era abbastanza, che avrebbe potuto fare di più. Era adorabile anche in questo.

Di mamma ce n'è una sola e la sua cucina è sempre stata la migliore...E oggi sarebbe una foodblogger perfetta di una cucina verace e low cost ma no quelle da finger food (dove i piatti spariscono in un baleno e nessuno sa cosa ci sia dentro), una foodblogger seria, tradizionale, d'altri tempi ma non nell'accezione di una persona vetusta, ma di una che dietro i fornelli ha un'esperienza da paura: d'altronde credo che oltre a far da mangiare bisognerebbe anche parlarne, ma ci vuole tempo, tanta voglia e soprattutto tanta pazienza e l'arte di raccontare non era il suo forte.

...E se facessi delle fettuccine alla zucca? No, c'è il burro...o dei cannelloni gratinati: no! C'è la bietola. Trovato! Cucinerò dei rigatoni al cartoccio: una mezz'oretta e sono pronti. Vediamo se ho tutto: melanzane, pomodori, mozzarella, capperi, basilico, aglio...olio, sale e pepe come da manuale. Ok, può andare ed è anche un piatto ben colorato che ci sta bene sulla mia tovaglia beige a pois bianchi.

Per il secondo avrei pensato a del caciocavallo alla piastra con un contorno di porri, radicchio e finocchietto selvatico stufati e farò anche delle patate al forno (non si mai il contorno non sia di gradimento per tutti).

Come dessert proporrò delle coppe pralinate alla nocciola fatte con pan di spagna, scorzette e arance a fette, succo di limone, mascarpone, crema pasticcera, liquore e arachidi...gnam! Un sapore angelico e un'impressionante scioglievolezza in bocca si sposano ad un' altrettante bomba calorica!E i loro palati mi ringrazieranno. Forse i giro‐vita un pò meno ma una combinazione alimentare come un dessert di questo tipo, che sprigiona l'energia di un vulcano nel nostro corpo unita al non essere amica della linea, è un connubio perfetto!

Bisogna andare oltre il concetto che il cibo sia solo un bisogno primario del nostro corpo: il cibo deve diventare trasfigurazione e rappresentazione dell'animo umano e io stasera mi sento così e darò un pezzo della mia anima agli ospiti perchè la possano assaporare. Spero che anche loro siano predisposti a tale sforzo affinchè il tutto diventi un'esperienza extra‐sensoriale eclatante e inusitata: in poche parole che escano di qui con la pancia piena e le loro voglie culinarie soddisfatte.

Ho scoperto di saper cucinare con il naso e questa cena ha l'odore dell'autunno, delle prime foglie che cadono, dei cieli non più tanto sereni, del primo fresco la mattina presto e la sera tardi. E poi i colori diventano caldi e avvolgenti tali da farti sentire a casa. Home sweet home!

Bene, sono a buon punto: il condimento per i rigatoni è pronto, la pentola per la pasta è sul fuoco (i rigatoni vanno sbollentati un paio di minuti prima di passarli nel forno), i contorni per il secondo a buon punto e la crema per il dessert è lì che aspetta di rassodarsi. Pensando al cibo non potevo non pensare al vino: un Merlot (rosso) per il primo piatto, un Santa Cristina (rosato) per il secondo e un Passito di Pantelleria per il dessert.

Sono le 18 e ho giusto il tempo di finire, apparecchiare, andarmi a fare una doccia, vestirmi e truccarmi. E poi la cena avrà inizio. Per me la buona cucina è una delle cose più afrodisiache che esistano: è come essere complici nella sopravvivenza; e tuttavia poiché non si tratta di una vera sopravvivenza, ma di puro edonismo, è in tal modo che vi si aggiunge sempre quel qualcosa in più che la rende unica. Ed è gradevole mangiare tutt'insime ciò che ho preparato, in una sera di fine estate come questa, con i colori accesi del rosso, dell’arancio, del marrone e del verde. Cose semplici, accompagnate da un buon vino che scalda non solo le ossa ma anche il cuore.

E tutti i sapori, gli odori e i colori della mia cucina mi riportano indietro come una petite madeleine di proustiana memoria: sempre lì, nella cucina della mia vecchia casa in cui passavo il tempo da bambina con lei. A volte nel ricordo, tra i profumi e gli aromi, riaffiora la voce di mia madre che, dopo tanta fatica tra i fornelli, richiamava l’attenzione familiare con un semplice: “ E’ pronto!..” così come io farò stasera con i miei ospiti.