OK. Insieme, ma solo come amici

Bologna, zona universitaria, 7. 30 del mattino.

Nella piccola cucina dell’ appartamento che periodicamente divideva con Roberto, Lisa aspettava che dalla moka fuoriuscisse quel suo caffè, “ buono come nessun altro”. Il sorrisetto ironico che le tirò gli angoli delle labbra la diceva lunga su quel commento gratificante sentito e risentito tante volte.

Lui entrò in quel momento, sbadigliando rumorosamente, pronunciando contemporaneamente un “ buongiorno” che le fece venir voglia di gettarglielo in faccia, bollente com’ era in quel momento, quel “ nettare degli dei”.

‐Ancora arrabbiata per il discorso di ieri sera?‐ le chiese Roberto, sedendosi con le lunghe gambe abbronzate distese sotto il tavolo.

‐Arrabbiata? E perché dovrei esserlo? Va bene. Come vuoi tu. In fondo i patti erano questi, almeno   all’ inizio: amici e solo amici, anche se “ speciali”.‐

Lisa parlava tenendogli le spalle mentre versava il caffè nelle tazzine, i folti capelli mossi un po’ increspati per la notte agitata, il pigiama fucsia coi pantaloncini corti che a lui piaceva tanto e che aveva insistito fino alla noia perché lo comprasse, in quella piccola e costosissima boutique in via San Donato, vicino al loro bar, “ loro un cazzo!”, pensò.

‐Adesso pare quasi che io ti stia facendo chissà quale torto. Lo sai come sono fatto, sono refrattario ai rapporti esclusivi. Stiamo così bene insieme, che bisogno c’è di darsi una “ definizione” precisa? Cosa cambia se mi presenti semplicemente col mio nome e non definendomi “ il mio ragazzo”‐

‐E già! – replicò lei con una punta di ironia nella voce, sempre dandogli le spalle‐ Non c’è alcuna differenza. L’ importante è che gli amici siano pronti a dividere tutto, anche il letto, quando ad uno dei due va.‐  E pronunciò quest’ ultima frase voltandosi a guardarlo dritto negli occhi.

Aveva degli occhi di un colore indefinibile, tra il verde e l’ azzurro, cangianti a seconda della luce esterna o se erano sulla riva del lago o su quella del mare o tra gli alberi o semplicemente nella loro stanza, all’ alba o al tramonto.

‐Ma quanto sei cretina!‐ si disse con rabbia. – Idiota, incorreggibile sentimentale. Stupida, stupida, mille volte stupida…‐ Gli porse la tazzina fumante, distogliendo lo sguardo.

‐Sei la solita stronza‐ ringhiò Roberto tra i denti, dopo aver mandato giù un sorso di caffè

‐Eri d’ accordo anche tu all’ inizio, ma chissà, forse allora la mia amicizia ti serviva per riordinarti un po’ le idee, non eri ancora pronta per una nuova storia, ti andava bene così‐

‐Lo stronzo sei sempre stato tu, ammettilo. Ti è piaciuto avere l’ amica che ti gira intorno a 360°, quella intelligente con cui poter parlare di tutto, a cui chiedere consiglio, da mostrare in base alle circostanze come semplice amica o come la tua ragazza.‐

Roberto poggiò rumorosamente la tazzina vuota sul piano del tavolo e si alzò di scatto, facendo cadere all’ indietro la sedia. – Che palle, Lisa! Sai farmi sentire in colpa anche quando sai bene che la decisione all’ epoca fu presa insieme. Sai che ti dico? Forse è meglio che per un po’ la smettiamo anche con la fandonia dell’ amicizia.‐

Lo guardò come si guarda un perfetto estraneo, uno sconosciuto che ci si ritrova in casa al mattino senza sapere chi sia, dopo una sbronza colossale. Inspirò profondamente, chiuse un attimo gli occhi, strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nel palmo e poi parlò con quel tono di voce calmo e freddo che lui conosceva bene e non ammetteva repliche: ‐ D’ accordo! Chiudiamo, ma definitivamente, anche con la stupida farsa dell’ amicizia. Il tempo di raccogliere le mie cose, basteranno pochi minuti e ogni problema sarà risolto.‐

Dalla finestra aperta una folata di vento improvvisa le mosse i capelli come in una carezza.


Bologna. Aula Magna Santa Lucia de l'Alma Mater Studiorum. Un anno dopo.

L’ atmosfera era davvero da sogno, superava le aspettative di chiunque avesse immaginato quel momento così atteso e così solenne. La proclamazione di Laurea, dopo cinque anni di studio e di sacrificio, finalmente la meta era raggiunta.

‐E comunque me la sono anche goduta!‐ pensava tra sé Lisa – Sono stata davvero in gamba: ho lavorato sodo sui libri, ma ho viaggiato, ho fatto tante amicizie, ho superato difficoltà e delusioni con coraggio e dignità. E oggi mi arriva finalmente la giusta ricompensa e voglio godermela tutta‐

Hanysh, bellissimo coi suoi capelli neri legati sulla nuca, gli occhi d’ ebano e la bocca distesa in un sorriso un po' nascosto dalla barba morbida e ben curata, la guardava con lo sguardo di chi ammira un gioiello preziosissimo e unico e dice tra sé  “ mi appartiene”.

Con lui i suoi genitori, al settimo cielo, ansiosi di abbracciarla e festeggiare quel giorno splendido, il traguardo, la realizzazione dei loro sogni su quella figlia bellissima e forte, tenace nel superare gli ostacoli, che mai aveva pianto sulla loro spalla, ma piuttosto li aveva sostenuti e consolati, ogni volta.

Lisa si guardava intorno, sistemandosi di tanto in tanto sul capo la corona d'alloro (che in verità avrebbe preferito evitare) in attesa che la cerimonia fosse definitivamente dichiarata conclusa, quando sentì una mano che le toccava la spalla e all'orecchio una voce che riconobbe all’ istante – Ehi, Lisa! Allora ce l’ hai fatta!‐ Si voltò e lo vide, con quegli occhi che un tempo le erano sembrati di un colore indefinibile, tra il verde e l’ azzurro, cangianti, e che ora la guardavano con una punta di forzata ironia. – Ehi, Roberto! E che ci fai tu qui oggi? Mi avevano detto che avevi cambiato facoltà, che ti eri trasferito non so dove, che ti eri allontanato da tutto il gruppo dopo il nostro litigio‐ Stava per risponderle, ma, in evidente imbarazzo, esitò qualche attimo. E quegli attimi furono sufficienti   perché Anish avesse il tempo di avvicinarsi a loro, sempre sorridendo con quella bocca bellissima, un po’ nascosta dalla barba nerissima e curatissima, da elegante principe indiano quale sembrava. Strinse Lisa a sé, circondandole le spalle e le chiese – Mi   presenti il tuo amico, amore?‐ Lei Si volse a guardarlo con un’ espressione di pura, genuina meraviglia nello sguardo. Poi si strinse forte al suo petto e rispose – Lui è Roberto, ma non è un amico o meglio non siamo mai stati veramente amici, non siamo stati mai veramente nulla. Forse dei semplici conoscenti, chissà, colleghi di università per un breve periodo, niente di più. – Poi lo prese per mano e si allontanò con lui in direzione dei suoi genitori che fremevano per dare inizio ai festeggiamenti. – Povero Roberto!‐ pensò tra sé sorridendo in silenzio‐ Avresti dovuto capirlo tanto tempo fa che bisogna avere tanto coraggio per accettare e ricambiare un vero amore e che un giorno la mia felicità sarebbe stata la tua infelicità.‐