RE CAPI D'UCCELLO

L’antefatto

C’era una volta un re che, quando ormai credeva di non avere figli, fu rallegrato dalla nascita di un erede. Immaginatevi la sua gioia! Diede una grande festa cui invitò, oltre a re, principi e nobili dei regni vicini, anche tutte le fate e i maghi del reame, ma… dimenticò la fata nera che se la
legò al dito. Così proprio al culmine dei festeggiamenti apparve inattesa e lanciò una tremenda maledizione per vendicarsi dello sgarbo.Il principino era condannato a trasformarsi in uccello al calar del sole per riprendere le sembianze umane solo all’alba dopo essersi bagnato in una bacinella d’acqua purissima che la regina doveva preparargli ogni giorno.Se ciò non fosse avvenuto il figlio diletto sarebbe volato lontano nel regno della strega malefica e non sarebbe più tornato.

L’aiuto degli uccelli

Passarono gli anni…il principe diventò un bellissimo giovane e s’innamorò di una principessa che ricambiò il suo amore promettendo di diventare sua moglie Quando seppero dell’infatuazione della figliola, i suoi augusti genitori tentarono in tutti i modi di dissuaderla, ricordandole il maleficio. Infine, poiché la fanciulla persisteva nel suo proposito negarono ufficialmente il consenso alle nozze. Al rifiuto il principe non si diede per vinto e, visto che l’incantesimo gli aveva dato il comando sugli uccelli tanto da essere soprannominato dal popolino “re capi d’uccello”, si fece aiutare dai fidati sudditi alati per costringere il re a concedergli in sposa la principessina.
Una prima volta radunò migliaia e migliaia di volatili: ognuno di loro portava nel becco una pietruzza e, ad un suo ordine, le terre del sovrano furono sepolte da uno strato di sassi.
Non bastò questo ad ottenergli il sospirato consenso e allora…di nuovo il principe chiamò a sé i suoi fedeli uccelli.
Erano talmente tanti da oscurare il cielo!
Tutti riempirono il becco con un goccio d’acqua e, volati sul regno vicino, lo annegarono sotto un vero e proprio diluvio. Ma il re, ostinato, continuava a dire di no.
Il principe allora comandò alle sue truppe di volare contro il nemico e di bombardarlo con milioni di fuscelli ardenti. E finalmente, quando nuvole di fuoco avvolsero lo sfortunato reame, i genitori della bella principessa acconsentirono al matrimonio.

Finalmente sposi!

Ecco che infine i due giovani sono sposi. Tocca ora alla sposina preparare tutte le notti la bacinella con l’acqua per il marito che torna dalle scorribande notturne. La regina madre glielo aveva raccomandato: per nessuna ragione doveva dimenticarsi di rinnovare l’acqua ogni giorno, altrimenti Capi d’uccello sarebbe volato via e non lo avrebbe più rivisto. Passarono anni felici, ma un brutto giorno la principessa si scordò di preparare la vasca con l’acqua. Così lo sposo, non potendo ritornare uomo, fu costretto a volare nel regno della fata malvagia.

Capi d’uccello vola via

Figuratevi la disperazione della moglie! Non sapeva darsi pace per la sua sbadataggine riempiendo di alte grida e pianti il palazzo, poi convocò i saggi e le fate del regno chiedendo se ci fosse mai un modo di riavere l’amato sposo. Quando stava per perdere l’ultima speranza di veder esaudito il suo desiderio, una vecchia fata, commossa da tanto amore, decise di aiutarla. Se davvero voleva ritrovare il marito, la giovane avrebbe dovuto affrontare un viaggio lungo e pieno di pericoli. Per raggiungere la terra della strega “un paese dove non canta gallo, dove non luce luna, dove non nasce nessuna creatura” le sarebbero occorsi sette anni di cammino, per cui avrebbe consumato sette suole di ferro e altrettanti bastoni e, una volta arrivata alla meta, doveva essere pronta ad affrontare rischi terribili.

Verso il paese della strega

La voglia di strappare il marito dalle grinfie della strega e tornare a riabbracciarlo vinsero però ogni paura e, preparato tutto il necessario, la sposa coraggiosa iniziò il viaggio. Cammina, cammina, erano già passati sette anni, iniziava a consumare la settima suola e ad appoggiarsi al settimo bastone quando la giovane penetrò nel folto di una foresta.
Nell’ombra oscura si levavano le braccia minacciose degli alberi, la principessa avanzava a fatica rabbrividendo per la natura selvaggia del luogo.
Ad un tratto il silenzio fu rotto da una voce profonda, cavernosa “Tagliami, ti prego, le lunghe ciglia che mi oscurano gli occhi!”. Chi aveva parlato? Trattenendo i battiti impazziti del cuore la giovane aguzza la vista e…vede! Un albero enorme dalle forme umane l’aveva invocata:nel tronco scorge un volto rugoso con gli occhi chiusi completamente ricoperti di peli.
Ripete la preghiera il gigante e la fanciulla decide che sì lo aiuterà, ha con sé un paio di forbici, proprio quello che serve. Zac, zac, in quattro e quattr’otto il gigante ritrova la vista, ringrazia e, sentita la storia della principessa, le indica la strada, intanto le dona una noce da conservare con cura e da rompere al bisogno. La giovane sente la meta vicina e il passo ritorna spedito, incontra altri due giganti e ad entrambi apre gli occhi. Riceve in dono da uno una nocciola e dall’altro una arachide magica, inoltre  le danno indicazioni per non smarrire la strada.

Nel regno della strega

È mattina quando la principessa esce dalla selva ed in poche ore arriva al paese della strega. Lungo la strada incontra un donnone che trasporta una cesta piena di pane, nello sforzo i grossi seni fuoriescono dal corpetto e pendono fin quasi a sfiorare il terreno. Impietosita la giovane solleva le enormi poppe della fornaia accomodandole nel reggiseno con manifesto sollievo della donna che ringrazia e insieme chiede come ricambiare tanta gentilezza.
Sentendo la storia di quell’infelice e il suo desiderio di salvare il marito le parla così :‐ La casa della strega sorge isolata nel punto più alto del paese, quando sarai là, avvicinati di nascosto e aspetta che la strega cominci a filare come fa ogni mattina stando sul balcone. Mentre lei canta sul ritmo del fuso che gira veloce a piano terra, tu dai un colpo deciso al fuso. Subito la strega chiederà chi sia stato, ma tu guardati bene dal rispondere, lascia che riprenda a filare
e allora dai un altro strattone. Ancora chiederà e tu resta nascosta in silenzio! Finalmente alla terza interruzione la strega esclamerà “Chi mi tocca il fuso salga su! Salga su per amore di Capi d’uccello, figlio di Barbara bella!” Solo allora potrai salire in casa, la strega non potrà farti del male e potrai riabbracciare il tuo sposo.‐

Nella casa della strega

Tutto andò proprio come aveva detto la donna: la strega filava e cantava mentre il fuso girava veloce; ecco il primo colpo e l’invito a salire, l’attesa e il secondo strattone seguito dalla richiesta di farsi avanti.
Non è ancora tempo, bisogna aspettare che il canto insieme al filare riprenda. Un ultimo urto interrompe il ronzare del fuso e stridula suona la voce della vecchia “ Salga su! Per amore di Capi d’uccello, figlio di Barbara bella! “
E la principessa potè entrare nella casa della strega a riabbracciare lo sposo.

Preparativi di fuga

Immaginatevi la rabbia della maga e la gioia dei due sposi finalmente nelle braccia l’uno dell’altra dopo tanti patimenti!
Non ci volle molto però perché quella prigionia, per quanto dorata, cominciasse a pesare e così pensarono a come riuscire a fuggire.
Dovete sapere, cari lettori, che gli sposini erano segregati in una stanza in cui tutti i mobili e le suppellettili erano animati, occorreva dunque farseli amici perché non spifferassero tutto alla padrona.
Detto, fatto, la sera prima del giorno progettato per la fuga, la principessa preparò un’ enorme paiolata di polenta e cucchiaio dopo cucchiaio tutti ebbero la loro parte a patto che tenessero il segreto. Tutti, meno il pestasale!

La fuga

Al primo albeggiare i due giovani scavalcano la finestra della camera, sono in strada, portano con sè un po’ di cibo e d’acqua; Capi d’uccello ha preso anche, non si sa mai, la bacchetta magica della strega.
Corrono a gambe levate lontano: verso la salvezza.
E’ giorno fatto quando la strega comincia a chiamare gli sposi ” Capi d’uccello, principessa, alzatevi! Su! E’ tardi, pigroni.” E, per tutta risposta, dalla camera da letto veniva la voce di un mobile che diceva “Veniamo! Tra un po’. ”
Il gioco andò avanti per qualche tempo, finchè il pestasale ( ricordate? ) non esclamò “Altro che tra un po’! I due piccioncini sono scappati.”

L’inseguimento e la salvezza

Passato lo stupore, una gran rabbia montò dentro il petto della terribile maga  “ Gliela farò pagare! “ diceva tra sé e sé “Oh, se me la pagheranno, appena li riacciuffo! ” e, inforcata la scopa, volò in caccia dei fuggiaschi.
I nostri eroi nel frattempo avevano percorso alcune miglia stando sempre all’erta, così, quando si levò improvviso un gran vento, Capi d’uccello comprese che stava arrivando la strega e si preparò a riceverla. Estratta la bacchetta magica toccò con la punta la sposa e disse “ Tu carrettino con la frutta, io ortolano! “
Non erano passati che pochi momenti e la strega si presentò chiedendo “ Buon uomo, avete visto per caso due giovani correre sul sentiero?” e il principe di rimando “ Ho bella frutta! Volete meloni, ciliegie o preferite le pesche? “ Stizzita la strega se ne tornò a casa, ma il pestasale le rivelò l’inganno “ Capi d’uccello era il fruttivendolo e se ne stava con la moglie trasformata in carro di frutta! “
Per poco la vecchiaccia non schiattava dalla rabbia per essere stata presa in giro, poi ripartì con la fida scopa decisa a riprendersi i fuggitivi. Ma di nuovo il soffio improvviso mise in guardia Capi d’uccello.“ Tu chiesa e io sacrestano! “ disse senza perdere tempo e intanto sfiorava la sposa con la magica bacchetta.
La strega, come con l’ortolano, domanda ora al sacrista se ha visto i giovani in fuga, ma questi “ E’ presto per la messa oggi, venga più tardi! “ E per la seconda volta la fattucchiera torna indietro scornata, ma ne riaccende subito l’ira il solito pestasale, rivelandole chi si nascondeva sotto i panni del sacrestano e nelle mura della chiesa.
“ E’ davvero troppo! Guai a loro se li riacchiappo! “ urla e rapida torna all’inseguimento sulla magica scopa.
“ Non c’è tempo da perdere! “ Capi d’uccello ha sentito fortissimo il vento furioso scuotere le cime degli alberi facendo rotolare nere nuvole nel cielo percorso da lampi e cupi rimbombi. Prende per l’ultima volta la bacchetta e pronuncia l’incantesimo “ Tu mare, io marinaio in barca “
Ed è così che, remando con vigore raggiunge la riva, tocca terra ed è in salvo: fuori dal regno della strega. Dimentica però la bacchetta e con lei la sposa che resta onda marina, mentre Capi d’uccello, libero dal sortilegio malvagio, riesce a tornare nelle sue terre accolto con grandi festeggiamenti dal re e dalla regina.

Le nuove nozze

Sono passati diversi mesi da quando il principe è tornato libero dall’odioso incantesimo. Dimentico della moglie, si è fidanzato e tutto il regno è in festa per le nozze imminenti. Sulla spiaggia un bimbo nota una strana bacchetta, la prende e l’immerge nell’acqua del mare.
Che portento è mai questo?! Le onde si dileguano e lasciano posto a una fanciulla bellissima: la principessa. Deve ritrovare il suo principe e riprende il cammino, finchè giunge alle mura di una grande città imbandierata a festa. A una ragazza chiede dove si trovi, che cosa si festeggi; così viene a sapere che è nel regno di Capi d’uccello e che questi di lì a tre giorni si sarebbe sposato.

Dorme lo sposo e lei si dispera

Nella sfortuna la principessa fu però fortunata perché, guarda caso, la giovane
con cui parlava le disse fra l’altro di essere la valletta di camera del principe.
Subito la principessa l’implorò di farle trascorrere una notte nella stanza del giovane, l’avrebbe pagata bene. E prima che la serva potesse opporle un rifiuto ruppe con un sasso la noce da cui scaturì un telaio tutto d’oro: la ricompensa promessa. In fondo, pensò la ragazza, non le sarebbe stato difficile accontentare quella strana richiesta e del resto la donna non sembrava avesse cattive intenzioni, mentre l’oro era davvero irresistibile. Si accordarono.
Il principe quella notte dormì profondamente per il sonnifero versato nel vino della cena, la moglie dimenticata accanto al letto fino al canto del gallo cantava con voce triste “ Sette anni ho viaggiato per poterti riavere, sette suole di ferro ho consumate, sette verghe metalliche ho logorate per appoggiarmi nel fatale andare. Ora che sono davanti a te, Ninnello mio, tu dormi alle mie grida disperate, dormi e non ti vuoi svegliare. Con questo pugnale mi voglio
ammazzare! ”
Il giorno seguente di nuovo la principessa convinse la cameriera ad introdurla nella stanza del principe. Questa volta dalla nocciola spezzata uscì un arcolaio interamente d’oro e la serva non seppe dire di no. E tutta la notte echeggiò dei lamenti strazianti della giovane donna, in lacrime accanto allo sposo inconsapevole addormentato.
Restava una sola notte prima delle nozze e solo l’arachide per poter stare un’ultima volta col principe e uccidersi accanto a lui se non si fosse destato: così aveva deciso la giovane sempre più disperata.
L’avida servotta era stata ben contenta di guadagnarsi il fuso d’oro spuntato dall’arachide infranta, però…

Tutto è bene quel che finisce bene

Siete ancora lì, cari i miei lettori, curiosi di sapere come andrà a finire? Bene!
Ora, visto che era ormai la vigilia del matrimonio, il principe chiamò il barbiere di corte perché lo acconciasse nel modo migliore e, sapete come sono chiacchieroni i parrucchieri, parlando del più e del meno l’acconciatore chiese al principe chi mai fosse che da due notti lanciava grida di dolore dalla sua camera. Il giovane lì per lì rispose in malo modo al figaro, ma poi decise di vederci chiaro, la sera stette ben attento a tavola e, notato lo strano atteggiamento della cameriera nel versargli il vino, finse di bere e poi in camera, con gli occhi chiusi sdraiato sul letto, attese.
Mancava poco alla mezzanotte quando una bellissima giovane entrò, si pose al capezzale e, dopo aver lungamente accarezzato con lo sguardo il volto del principe che credeva addormentato, iniziò il suo lamento.
Il principe ascoltava: non gli pareva nuova quella voce, il volto in penombra mostrava un profilo familiare. Chi? Chi era quella dolcissima figura accanto a lui che gli faceva battere il cuore?
Era vicina l’alba e il gallo s’apprestava a cantare al tramonto della Luna.
La principessa con voce fievole si accinse al gesto estremo “ Sette anni ho pianto viaggiando per ritrovarti, consumando sette suole e sette bastoni di ferro in cerca di te. Ora che ti ho ritrovato, tu dormi, Ninnello mio, alle mie grida disperate e non ti vuoi svegliare. Con questo pugnale mi voglio ammazzare! “
Il primo raggio di luce penetrò nella stanza proprio mentre la giovane col pugnale brandito si apprestava all’estremo sacrificio e… il principe ricordò.
Di colpo tutto il passato di gioie e dolori tornò vivo nella memoria. Rapido
Capi d’uccello bloccò la mano della moglie gridando “ Ferma! Ora sei di
nuovo con me e non ti perderò mai più, mia amata sposa. “

Il lieto fine

Sapete com’è, l’unica un po’ scontenta fu la promessa sposa che però si consolò ben presto con un bellissimo principe che già aveva adocchiato fra gli invitati.
Quanto ai nostri giovani, ormai svaniti i malefici della strega, vissero tantissimi anni nella più perfetta felicità, ebbero tanti figli e furono allietati da miriadi di nipotini.
E la strega ? Se proprio ci tenete, cercatela in altre fiabe!

Stretta la foglia, larga la via, dite la vostra che detto ho la mia!

FINE

  7/07/’06 Michele PRENNA