Rosa

Si era alzata da poco. Aveva fatto strani sogni quella notte, ma non ricordava i particolari. Ricordava solo di aver visto un uomo su una barca e che tutti e due erano soli in un mare calmissimo. Quel ricordo la fece sorridere. Rosa pensò che forse era un sogno premonitore. Chissà, forse avrebbe incontrato un uomo quel giorno e avrebbe fatto un viaggio con lui, nella vita, in un mare calmissimo. "Un giorno o l'altro il mio romanticismo mi metterà nei guai", si disse. Ma il pensiero la mise di buon umore. Era da alcuni anni ormai che viveva sola e già da tempo le era passata la voglia di vivere con un uomo. Troppo aveva sofferto durante e dopo il divorzio dal marito e le era rimasta addosso una profonda diffidenza nei confronti degli uomini. A dire il vero lei sapeva bene che la sua era anche paura, paura di soffrire di nuovo, paura di essere intrappolata in schemi che non erano i suoi. No, non ci sarebbe cascata più. Molto meglio la solitudine che quella vita da schiava. Da quando il marito era andato via, lei si era sentita come rinata, anche se i primi tempi erano stati difficili. Forse perchè non era abituata ad essere libera, pensò. Và a farsi una doccia. L'acqua le scorre sul corpo ancora sodo e forte. Ama la sensazione dell'acqua tra i seni. Si insapona per bene e poi si sciacqua col getto della doccia. Indugia un pò col getto tra le cosce e gode di quella carezza soffice e delicata. Quei momenti sotto la doccia calda, al mattino, sono per Rosa i più preziosi della giornata: gode dell'essere lì sola, in intimità con sé stessa. Finisce di lavarsi e, dopo aver chiuso i rubinetti dell'acqua, si asciuga con cura. Poi prende una boccetta di profumo, ma ci ripensa e la ripone al suo posto. "Oggi basta il mio profumo", pensa e guardandosi allo specchio si fà l'occhiolino. Dallo stenditoio prende le mutandine che la sera prima, come tutte le sere d'altronde, aveva lavato e se le infila. Stà per uscire per andare in camera a vestirsi, quando sente un rumore, come di qualcosa che rotola. Si avvicina alla finestra del bagno, la apre e vede che sotto, in giardino, c'è una bambina che sta giocando con un barattolo di plastica. Ha messo dentro dei sassi e lo scuote, poi, come se il suono non la soddisfacesse, tira fuori i sassi e mette dentro due pezzi di legno. La bambina alza la testa e vede Rosa affacciata alla finestra e le sorride. "Vieni giù, Rosa, Ho bisogno di te". "Sì, vengo subito", risponde Rosa, e si avvia verso la sua stanza per vestirsi. Rosa abita in un appartamento a pianterreno nel centro storico di Firenze. Ha la grande fortuna di avere un piccolo giardino interno, circa quaranta metri quadri, che condivide con un altro inquilino. Al giardino si può accedere soltanto attraverso l'appartamento. Dunque, da dove era sbucata quella bambina? Si sta giusto infilando la gonna, quando si rende conto che la bambina l'ha chiamata per nome e che è fuori da sola e che lei non l'ha mai vista prima. Finisce in fretta di vestirsi ed esce in giardino. Prima che Rosa potesse aprir bocca, la bambina le domanda: "Vuoi giocare con me?" "Volentieri", risponde Rosa, "ma sai, ora devo andare a lavorare e non ho tempo. Avevi bisogno di me per giocare?" "No, ti ho fatto uno scherzo", dice ridendo la bambina, "sei tu che hai bisogno di me. Io ho tempo." "Da dove sei entrata?" domanda ancora Rosa, cercando di capire chi possa essere quella bambina. "Portami con te", risponde la piccola, senza assolutamente curarsi di rispondere. "Ma non posso!" Esclama Rosa, con voce un pò irritata. Deve andare a lavorare ed è già in ritardo. "Non ti posso portare con me al lavoro. Non sò chi sei e magari i tuoi genitori ti stanno cercando". "Io mi chiamo Rosetta", dice la bambina, "e i miei genitori non mi stanno cercando." E dopo un momento aggiunge: "Portami con te!" Poi si china e raccoglie il barattolo con cui stava giocando, toglie i pezzetti di legno che ci sono dentro e con la massima naturalezza dice: "Andiamo?" e si incammina verso l'entrata dell'appartamento. "Ma chi sei?" domanda Rosa, un pò alla bambina e un pò a sé stessa. "Te l'ho già detto, mi chiamo Rosetta," risponde la bimba. "Ma come hai fatto ad entrare nel giardino, come..." Si interrompe e rimane a bocca aperta: la bambina era letteralmente sparita sotto i suoi occhi. Si guarda intorno e non la vede. Entra nell'appartamento, guarda in tutte le stanze, niente. Apre nervosamente gli armadi, guarda sotto il letto, nulla. Volatilizzata. Rosa è perplessa. Eppure è sicurissima di aver visto una bambina e di aver parlato con lei. La chiama: "Rosa... Rosa... vieni fuori... dove ti sei nascosta?" Niente. Apre la porta che dà sulla strada e la vede, a circa dieci metri di distanza. Sta guardando Rosa e continua a giocherellare col suo barattolo di plastica. "Dai, vieni", le dice con la sua vocina, "sennò arrivi in ritardo al lavoro". Rosa le si avvicina quasi di corsa e le dice: "Senti, bambina, come hai fatto a uscire di casa senza che io ti vedessi. Come hai fatto a sparire così?" "Non mi chiamo bambina, mi chiamo Rosetta", la interrompe la piccola. "Possibile che non mi riconosci?" "Riconoscerti?" La donna guarda attentamente la bambina e ha come la vaga sensazione di conoscerla, ma non riesce a ricordare dove l'abbia vista. La piccola indossa un vestitino corto di cotone e delle scarpette di vernice nera. Sorride. Anche lei da piccola aveva avuto delle scarpine così e anche un vestitino come quello. E all'improvviso, un pensiero assurdo la assale. La prende per mano e le dice: "Vieni, andiamo un momento in casa!" "E il lavoro?" domanda la bimba. "Lascia perdere, ora entriamo in casa!" Percorrono i pochi metri fino alla porta della casa ed entrano. Rosa è talmente sconvolta che non riusce ad infilare la chiave nella serratura. Poi ci riesce, apre la porta e si precipita in camera da letto, dove tiene, in una vecchia scatola di latta, tutte le sue fotografie. Fruga dentro nervosamente e poi trova ciò che cerca: una foto a colori di quando aveva circa 7 anni... ed era precisa alla bambina che ora accanto a lei guardava la foto sorridendo. "E' una bella fotografia, vero?" dice la bambina, con l'aria più naturale di questo mondo. "Ma... ma... ma questa sei tu... cioè... sono io? Oh, mamma mia, non ci capisco più nulla. Ma che sta succedendo?" esclama Rosa. Poi tace, guarda la foto, poi la bimba, poi ancora la foto. La bambina porta lo steso vestitino e le stesse scarpe che lei ha nella fotografia. Rosa pensa di essere diventata pazza e questo pensiero la sconvolge. Timorosamente allunga la mano e le tocca il braccio, poi il vestito, quindi guarda ancora la foto. "Dai, Rosa, andiamo un pò fuori. Portami con te." Quasi automaticamente Rosa risponde di sì. Ma non sà che fare, quasi non osa guardare la bambina. Chiude gli occhi e poi li riapre: sì, è sempre lì, non è una allucinazione. Mette via la scatola delle fotografie e va al telefono. Compone un numero e all'altra parte una voce di donna risponde: "Pronto?" "Ciao, Anna, sono Rosa. Posso passare un momento da te? Ho bisogno di parlarti." La sua voce è tesa e parla a scatti. "Sì, va bene, passa. Ma cosa hai, ti è successo qualcosa? domanda Anna. "Sì, dice Rosa, "ma ti spiegherò fra poco. Non voglio parlarne per telefono." "Va bene, ti aspetto." "Fra dieci minuti sono da te." "Ciao." "Ciao." Anna è la migliore amica di Rosa e in quel momento è anche l'unica persona con la quale ha voglia di parlare. Guarda la bambina e dice: "Non vado a lavorare. Andiamo da una mia amica, va bene?" "Oh, sì!" risponde la bambina ridendo, "mi piace stare con Anna". Rosa la guarda e domanda stupefatta: "Ma tu, conosci Anna?" "Certo che la conosco, come pure tu la conosci, no?" Sempre più perplessa Rosa cerca di pensare ad altro. Tutte le cose assurde che le stanno succedendo con questa bambina la sconvolgono e quando è sconvolta spesso fa finta di nulla e cerca di pensare ad altro, per "mantenere le distanze dalle cose", dice lei. Prende ancora il telefono e chiama la sua collega di lavoro per dirle che non sta bene e che oggi non andrà a lavorare. Rosa è biologa e lavoro in un istituto di ricerca universitario. Una persona importante, che non ha tempo da perdere... La donna e la bambina escono e si dirigono a piedi verso Piazza Santo Spirito, dove abita Anna. Mano nella mano sembrano una mamma con la sua figliola o piuttosto due sorelle: la maggiore che porta a spasso la sorellina. Buffo. Hanno addirittura lo stesso modo di camminare. Senza guardare la piccola, Rosa domanda: "E' da tanto che conosci Anna?" "Sì," risponde Rosetta, "da quando la conosci tu." Silenzio. Dopo un pò Rosa si ferma per un momento e si volta verso Rosetta. "In giardino mi hai detto che ho bisogno di te. Perché?" "Perché ti sei dimenticata come si fa a giocare. Tu hai sempre fretta, non hai mai tempo. Sono venuta per giocare con te, per passare un pò di tempo con te." E dopo un pò aggiunge: "Io ho tempo, tantissimo." "Ma... ma tu chi sei?" domanda ancora Rosa, anche se ormai la risposta le sta diventando sempre più ovvia. Arrivano in Piazza Santo Spirito, che è quasi vuota. Due ragazze sedute sulla scalinata della chiesa e una coppietta in una delle panchine sono, oltre a loro, le uniche persone presenti. "Possiamo andare a sederci accanto alla fontana per un pò, prima di salire da Anna?" domanda la bimba. "Ma... Va bene, andiamo." Siedono tutte e due sugli scalini della fontana, nel centro della piazza. C'è un pò di sole, ma non fa caldo. Ora l'unico suono che sentono è quello dell'acqua che zampilla dalla fontana. In lontananza, rumore di traffico. Stanno in silenzio. Rosa non si sentiva così bene da tantissimi anni. Sparita la fretta, l'ansia. La bambina continua a tacere, ma ogni tanto guarda Rosa con un sorriso e nel suo sguardo c'è un amore sconfinato. Il tempo si è fermato. Rosa non è più neppure curiosa, non le interessa neanche più sapere chi  sia quella bimba, che ogni tanto la guarda con occhi pieni d'amore. E in quel viso vede sé stessa bambina. Da tantissimi anni non aveva più pensato alla propria infanzia. Viveva nel suo mondo di adulta fatto di impegni, appuntamenti, orari, scadenze, bollette da pagare, amori... e si era dimenticata di cose come il fermarsi ad ascoltare il suono dell'acqua. Le venne in mente una scena in cui lei era con suo padre in campagna, tanti anni prima, e lui le insegnava i nomi delle piante. Si rende conto che è da allora che lei conosce i nomi di tantissime piante. E ricorda altre volte, in cui lei giocava per ore, per giornate intere, sopratutto l'inverno, con una sua amichetta o da sola, a inventar storie. Rideva tanto, allora, bastava un nonnulla... Rosa prova una gioia immensa nel rievocare questi ricordi: socchiude gli occhi, inspira l'aria fresca del mattino e il suo corpo è come se si riempisse di bollicine piene di allegria. Apre gli occhi e si guarda intorno. Non è cambiato nulla. Tutto sembra come prima. La bambina guarda in silenzio le evoluzioni di un passero. Eppure tutto è cambiato. Rosa ora sorride. La bambina si volta verso di lei e dice: "Ora sai chi sono. Mi porterai con te?" "Sì, Rosa, sì. Desidero che tu venga con me, che tu viva con me. Sono felice, sai?" Per un pò tace, poi la bambina prende con la sua manina la punta delle dita di Rosa e le carezza delicatamente. "Ti voglio bene", dice. Rosa non si era mai sentita così amata. E' felice come mai lo è stata in vita sua. "Andiamo da Anna, ci starà aspettando," dice Rosetta. "Sì, sì, andiamo", risponde Rosa. Si alzano, vanno al lato della piazza dove c'è Via Sant'Agostino, suonano il campanello di Anna e salgono in ascensore fino al quarto piano. La porta è socchiusa. Entrano. Dalla cucina, la voce di Anna dice: "Vieni, Rosa, stò preparando il caffè. Lo vuoi anche tu?" "Sì, grazie", risponde Rosa, andando verso di lei per abbracciarla, "ne ho proprio voglia." "Cosa c'è", domanda Anna all'amica, "al telefono ti ho sentita piuttosto sconvolta". La bambina è ora accanto a Rosa e osserva le due amiche. Anna sembra non vederla. "Be... mi è successo qualcosa che... non so come dirlo... è... strano", e le racconta tutto. "E dov'è ora la bimba?" domanda Anna. Rosa la guarda e sta per dirle che  "Come non la vedi? è qui, accanto a me, no?", ma si trattiene. Poi ci ripensa. "E' qui con me, naturalmente, ma forse tu non puoi vederla". Anna la guarda e le sorride. "Sei cambiata, Rosa. Sei più... come dire... più serena. Forse un pò più pazza di prima... ma ti preferisco così. Stavi diventando davvero troppo seria." Le versa il caffè e poi tira fuori dal forno una crostata di pere, ne taglia un pezzo e dice: "Per Rosetta. Le piacerà certamente". Tutte e due scoppiano a ridere. "Grazie, Anna, so che tu mi capisci," dice Rosa in un sussurro e con tenerezza passa la sua mano tra i capelli bianchi di Anna."Sei la vecchietta più adorabile che io conosca". La abbraccia ancora e poi si avvia verso la porta. "Ho deciso di andare via per qualche giorno", dice. "Ho voglia di stare un pò all'aria aperta. Andrò a trovare Elisa, che abita accanto a quel bellissimo bosco di cui tante volte ci ha parlato. Rimarrò un po' di tempo da lei. Ciao." In ascensore inizia a canticchiare, contenta.