Salvatore e la Card Demoniaca - 2° parte

INIZIO SECONDA PARTE ‐ PER LEGGERE LA PRIMA PARTE RECARSI SULLA PAGINA PERSONALE DI APHORISM DELL'AUTORE E SELEZIONARLA TRA I VARI RACCONTI DISPONIBILI PER LA LETTURA.

Un bel pomeriggio che erano usciti insieme, Salvatore ne approfittò per dire alla sua amata: “Chanel, tesoro, io vorrei tanto che venissi ad abitare da me: potresti risparmiare sull’affitto del tuo appartamento e poi potresti avere lo stato di famiglia con me. In tal modo tu saresti a mio carico e potrei beneficiare di un aumento del reddito di cittadinanza!”. “Ma amore, se io dovessi essere a tuo carico dovrei lasciare il lavoro di navigator, e poi a quel punto potrebbe arrivarne un altro o un’altra al posto mio che a differenza mia te lo troverebbe veramente un lavoro!”. “Giusto, tesoro, non ci avevo pensato! Sei veramente intelligentissima e sono orgoglioso di come stai iniziando a ragionare da vera napoletana! Solo che tu, a differenza loro, sei molto più bella, dolce, elegante, raffinata [...]” e poi tutta una tiritera di complimenti triti e ritriti ripetuta in loop, che qui si vuole evitare dal momento che già si è impiegato (troppo) tempo per illustrare le caratteristiche tecniche del reddito di cittadinanza. Mentre Salvatore era impegnato a fare complimenti a caso con il solo intento di arruffianarsi Chanel, i due passarono dinanzi a un negozio di pellicce, e lei gli fece: “Oh, tesoro, ma stavo proprio pensando che ora che si avvicina l’inverno sarebbe il caso che io mi prendessi una pelliccia...forse ho sbagliato io a non portarmela da Milano ma quando sono partita faceva ancora caldo, poi non pensavo che a Napoli la temperatura potesse scendere sotto ai 20°...magari ora che risalgo a Milano per Natale mi riporto quella che ho a casa di mamma e...”. “Ma no, amore, non ti devi preoccupare, se vuoi te la posso anche prendere io questa pelliccia, anche ora”. “Però non penso che una pelliccia comprata qui a Napoli sia elegante, vistosa e di qualità come una che si vende a Milano. Non penso che possa ottenere lo stesso numero di like e comme...”. “E invece io penso di sì, perchè come t’agg’ detto tantissime volte, Napoli non te’ nulla da invidià a Milano! Semmai sarà o’ contrario...mo te la regalo io la pelliccia che tanto stavi guardando e vedrai che farai un figurone al punto da scuordarti pure ch’esistono e’ pellicce a Milano!”. Dopo questa arringa, che non aveva solamente l’obiettivo di ingraziarsi la fidanzata, ma anche il nobile fine di dimostrare la superiorità della civiltà napoletana su quella milanese e, più in generale, su quella di qualsiasi città, comune e frazione del nord (e forse anche del centro), Salvatore portò baldanzoso Chanel all’interno della pellicceria, le fece misurare la pelliccia oggetto della disputa, la riempì di tutta una serie di complimenti sentiti e risentiti, del tipo “Amore, sei bellissima, una vera top model, non ho mai visto una donna più bella di te e con la tua eleganza, vestita così farai morire di invidia tutte le altre donne d’o’ rione [...]” e così via in un tripudio di mielosità che non è degno di essere riportato in una lettura non destinata a zitelle tardone che sognano di innamorarsi di una qualche sorta di principe azzurro conosciuto casualmente tra le corsie del discount. Ovviamente Salvatore acquistò la suddetta pelliccia con il reddito di cittadinanza e poi, per poter raccogliere quanto aveva seminato, ritenne giusto a quel punto portare la signorina Cazzaniga a casa sua per poter “Stare un po’ assieme”. Tuttavia il suo piano di ottenere qualcosa in cambio della pelliccia era destinato a naufragare: stranamente Chanel sembrava triste e distante da lui, tant’è che Salvatore le chiese se c’era qualcosa che non andava, e lei gli rispose facendogli notare che lui era riuscito ad acquistare una pelliccia, in un negozio che vendeva pellicce, tramite la card del reddito di cittadinanza: “Salvatore, ma tu...tu hai...comprato una pelliccia!”. “O’ vero! E mò te ne sei accuorta?”. “Ma l’hai pagata col reddito di cittadinanza!”. “Embè? Era pure in saldo e agg’ risparmiato o’ 50%. Certo, se non la prendevo proprio risparmiavo o’ 100%, ma poco male, tanto so’ soldi d’o’ stato...”. A quel punto la signorina Cazzaniga gli chiese pure come mai era riuscito a effettuare questo acquisto, dal momento che in realtà non sarebbe stato materialmente possibile. Dovendosi di conseguenza arrampicare sugli specchi, Salvatore si inventò, da bravo napoletano, una storiella che lo dipingeva al pari di Eddie Murphy nel film in cui impersonava un principe il quale si fingeva povero al fine di poter conoscere la donna dei suoi sogni, che lo avrebbe amato per quello che era veramente e non per il suo titolo, nè per il suo patrimonio. Infatti Salvatore le disse che si fingeva un percettore di reddito di cittadinanza per poter essere giudicato solo per le sue virtù e non anche (e soprattutto) per il suo patrimonio mobiliare ed immobiliare: suo padre sarebbe infatti un magnate delle telecomunicazioni, dell’edilizia, della finanza e dello sport, che stava altresì valutando di darsi alla politica dal momento che diceva sempre che “Napoli è la città che amo” e pertanto la voleva migliorare diventandone il sindaco. A questo punto Chanel – che dal canto suo evidentemente era rimasta incantata da una così raffinata dialettica – gli rispose: “Ma chi cazzo è tuo padre?! Un Berlusconi terrone?!? E comunque inventatela meglio questa storiella, perchè se un imprenditore vuole fare soldi e prendere voti in questa fogna di città dovrebbe piuttosto avviare un’attività nel settore dello smaltimento dei rifiuti!”. Preso di contropiede, Salvatore non sapeva assolutamente più cosa dire, e intanto Chanel rincarava la dose: “Ma quale ricco e ricco, se io l’ho visto il tuo isee di merda e in confronto a te il barbone che vive lì alla metro è Elon Musk! Sei un povero di merda, sfigato e perfino bugiardo! E tu lo sai quanto ODIO gli uomini bugiardi! Ora se non mi racconti tutta la verità ti pianto in asso e poi per sfregio ti trovo pure un lavoro!”. Oramai disperato, Salvatore le rispose: “Chanel, t’agg’ dice na’ cosa...”. “Sì, allora dimmela e dimmela non in quella lingua zotica, che sembrate tutti figuranti trombati ai provini per Gomorra”. “Allora, io ti potrei dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità...ma non posso”. “Ah, e come mai?? Per caso voi napoletani siete così abituati a inventarvi cazzate che vi siete scordati che si possono pure dire cose vere?!”. “Non posso, Chanel, non posso...e in ogni caso non mi crederesti neanche”. “Allora in questo caso per me è FINITA!”. “No Chanel, non mi dare un dolore del genere! Senti, ora te lo dico, a prescindere che tu mi creda o no: quella che tengo io non è una card del reddito di cittadinanza qualsiasi, è una card che mi ha dato...”. “La posta, immagino...”. “No, peggio”. “L’INPS...?”. “No, peggio”. “Di Maio in persona??”. “No, ancora peggio”. “E cosa cazzo c’è di peggio della posta, dell’INPS e di Di Maio?”. “Il diavolo! La card me l’ha data il diavolo! Ma tanto lo so che tu non ci crederesti mai...”. Con suo sommo stupore, però, Chanel gli rispose: “Ma certo che ti credo!”. A Salvatore stava per un istante tornando il sorriso, ma subito dopo accadde un fatto indicibile. Da un momento all’altro Chanel era infatti scomparsa, e al suo posto era apparso lui, il diavolo, il quale gli disse: “E perchè non ti dovrei credere?? Lo so benissimo che sono stato io a darti la card!”. “No, Chanel...”. “Ma Chanel ero io! Non hai notato per caso che sono comparsa nella tua vita subito dopo che abbiamo siglato quel contratto? E non ti sei mai interrogato sul come mai una bellissima ragazza di Milano centro si sia messa insieme proprio a un pezzente di napoletano senza neanche un lavoro??”. “Ma se io avevo il reddito di cittadinanza aumentato...”. “Sì, ma pur sempre pari a soli 666 € al mese, quando invece c’è chi ne percepisce molti di più e inoltre come lavoro in nero spaccia pure: di conseguenza così facendo guadagna almeno dieci volte più di te!”. “Mi spiace sig. diavolo, non c’avevo proprio pensato a tutte ‘ste cose...”. “Ma infatti non hai pensato a tante cose, tra cui in particolare che non avresti mai dovuto dire che ti ho dato la card del reddito di cittadinanza! E hai perfino osato affermare che sono peggio delle poste, dell’INPS e addirittura di Giggino Di Maio!”. “Sì, infatti sono stato un vero deficiente, mi perdoni...cosa posso fare per espiare questa colpa?”. “Vuoi espiare questa colpa? Allora la espierai con il fuoco e le fiamme, che cancelleranno ogni tua colpa...e anzi, che ti cancelleranno proprio definitivamente dalla faccia della Terra!”. Un istante dopo il diavolo diede fuoco al povero Salvatore scatenando un immenso incendio, che lambì l’intero suo appartamento, e fece aprire sul pavimento un varco contenente le porte d’accesso all’inferno, in cui lo fece sprofondare. E mentre stava suo malgrado varcando la soglia degli inferi, il povero Salvatore pronunziò le sue ultime parole: “Maledetta quella cazzo di Cazzanigaaaaa...”. Dopodichè, una volta giunto all’inferno, il povero Salvatore fu assegnato a uno speciale girone in cui erano destinati a passare l’eternità altre anime dannate che nel corso della loro esistenza terrena avevano percepito il reddito di cittadinanza. E la loro pena consisteva nel dover stare ai lavori forzati dalla mattina alla sera per poi dover mantenere dei diavoli i quali non facevano un cazzo dalla sera alla mattina. Intanto, sulla Terra, il triste avvenimento della scomparsa del povero Salvatore – il quale, a dispetto del nome, non era stato in grado di salvare nè se stesso nè, soprattutto, il suo reddito di cittadinanza – portò alla genesi mediatica di quello che veniva visto come un vero e proprio mistero: l’appartamento era stato divorato dalle fiamme, Chanel e Salvatore erano dati per morti, ma dei loro cadaveri non vi era traccia. Questo, però, fino a che una testata locale non pubblicò una fake news in cui ritraeva dei cadaveri carbonizzati uniti tra loro in un ultimo eterno abbraccio (ovviamente una foto d’archivio) e in cui l’autrice dell’articolo scriveva che si trattava dei corpi senza vita di Salvatore e Chanel, i quali si diedero fuoco affinchè si potesse compiere il loro suicidio passionale, fatto di cui avevano già parlato ad altri amici e parenti. Seguivano dunque le testimonianze di persone che si presentavano come amici intimi della coppia o comunque come loro cugini, zii e congiunti di ogni ordine e grado. In generale, questi “testimoni” – molto probabilmente pagati dalla stessa testata giornalistica o quantomeno complici in cambio di un po’ di fama e visibilità – sostenevano che Salvatore e Chanel stavano da tempo attraversando un brutto periodo: lei era infatti angosciata all’idea di non riuscire a trovare un lavoro al tanto amato fidanzato, e lui si sentiva oppresso dal fatto che fosse lei a lavorare mentre lui percepisse solamente il reddito di cittadinanza. Questa situazione di disagio, protrattasi da tempo, ebbe fine con la decisione dei due di compiere un gesto estremo: togliersi la vita per salvare onore e dignità. Questa storia, nonostante palesemente inventata, fu accolta unanimemente come vera in quanto molto coinvolgente e appassionante, nonchè scritta in modo altresì convincente. Dato che poi fu ripresa da altri quotidiani e media, anche di stampo nazionale, iniziò pure a circolare tra i tanti gruppi di Facebook e le tante chat di Whatsapp dei percettori del reddito di cittadinanza, al punto che la storia di Salvatore venne di fatto mistificata al fine di descrivere i percettori di reddito di cittadinanza come “sante persone, oneste, con dei sentimenti e un grande cuore”. Tale descrizione venne utilizzata per essere contrapposta a quella data dalla maggior parte dell’opinione pubblica, che invece li ritraeva come “parassiti nullafacenti che campano alle spalle della società”. Ma soprattutto questa storia aveva fatto nascere una nuova speranza per tutti i napoletani, anche per quello più sfigato, consistente nel fatto che perfino un poveraccio disoccupato di Napoli può essere in grado di conquistare il cuore (e non solo quello) di una bellissima ragazza del nord bionda, magra, con occhi azzurri, uno stupendo sorriso e un lavoro statale.

Furono proprio queste leggende sul conto del povero Salvatore a far sì che divenisse suo malgrado una “vittima del mercato del lavoro che non c’è”, con conseguente copioso seguito di percettori del reddito di cittadinanza i quali oramai lo veneravano alla stregua di un martire, e pertanto fu conseguentemente deciso di celebrare i suoi funerali all’interno del duomo di Napoli, ove per l’occasione fu anche realizzato un affresco raffigurante il suo gesto estremo di darsi fuoco in compagnia della sua amata. A porgere l’ultimo saluto al povero Salvatore parteciparono migliaia e migliaia di percettori di reddito di cittadinanza, ma anche lo stesso diavolo, il quale per celare la sua identità pensò bene di assumere l’identità e le sembianze del Gabibbo (con tanto di veline ad accompagnare la sua presenza). Alla cerimonia funebre era presente pure Giovanni il cane buono, il quale prese la parola dicendo agli astanti: “Quando tornerete alla Casa del Padre” – e tutti i presenti, da bravi napoletani, fecero le corna e si toccarono gli attributi – “Troverete il povero Salvatore; date a lui un santino di Padre Giggino Pio Di Maio e ditegli: questo è il ricordino del cane buono!” e dunque espulse dalla cavità anale un santino raffigurante Padre Giggino Pio. Alla visione di un tale prodigio, la folla immaginò che ciò fosse opera di san Gennaro, e altresì si interrogarono sull’accaduto ponendosi domande di natura scientifico‐scatologica del tipo: “Questo sarà o’ cane di nu’ santo se caga pure e’ santini!”, “Ma cosa gli daranno a mangiare??”, “Però o’ santino l’ha fatto proprio a cazzo di cane!”, “Semmai a culo di cane!”, “Per averlo fatto a culo va ‘bbuone accosì...” e via discorrendo. Intanto san Gennaro stava percependo che nel duomo si era intrufolata una presenza demoniaca, e così ne approfittò per incaricare Giovanni di rintracciare il maligno e di cacciarlo dal tempio. Il cane buono fiutò infatti una presenza non umana, che dunque sospettò fosse quella demoniaca di cui gli aveva confidato il santo: di conseguenza si avvicinò al Gabibbo demoniaco e lo spisciò per bene (altro non fece poichè i bisogni solidi li aveva fatti poco prima). Il diavolo‐Gabibbo – oramai impregnato di urina – non volendo però far vedere di doversi ritirare per causa di un cane, inscenò un coup de théâtre al fine di mascherare la sua fuga: prese così sotto braccio le veline e, in procinto di lasciare il duomo, disse alla folla: “Hey bella gente, belandi! Noi andiamo a divertirci un poco! A tutti voi che rimanete auguriamo un felice e gioioso buon funerale, ahahahah!”. Dopo aver cacciato il diavolo dal tempio, Giovanni il cane buono tornò al cospetto di san Gennaro e gli chiese una ricompensa per quello che aveva fatto, pensando che: “San Gennaro, in quanto santo, magari mi darà un bell’osso sacro!”. In realtà, però, il santo concesse a Giovanni dell’incenso che si trovava all’interno del duomo, dicendogli che avrebbe dovuto riportare a casa questo tipo di profumatore ambientale per la cameretta dei bambini a cui voleva tanto bene, e non più quello che gli riportava di consueto dal negozio di smart drugs. Giovanni, da cane molto serio, perspicace e intelligente quale era – oltre che buono – rispose al santo che da quel giorno in poi avrebbe riportato ai bambini sempre il consueto tipo di profumatore ambientale, poichè riteneva che i pargoli, nella loro cameretta, gradissero molto di più il THC dell’incenso. San Gennaro, il quale già rischiava ogni giorno l’esaurimento nervoso per avere a che fare con i napoletani, ritenne che non poteva permettersi il lusso di riportare anche i cani sulla retta via, e pertanto gli rispose: “Senti un po’ Giuvà, tu fa pure come ti pare...al limite l’incenso, se non lo vuoi portare ‘inn a’ cameretta d’e’ creature, portalo ‘inn a’ cuccia tua, così almeno qualche cosa la profuma pure!”.

Dott. Eugenio Flajani Galli

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