Scarpe

Una volta, qualche tempo fa, un uomo splendido, mistico e supremo cominciò a raccontarmi la ‘storia di come comincia la storia’. Le nenie sussurrate puntualmente con dolcezza squarciavano il mio stupido e folle profilo. Illuminato da un calmo, grigio calmo. Mi ero vestita.
Passeggiavo in silenzio, ricoperta da un alone di gioia, aprivo la piccola porta di quella che era stata la carbonaia di Palazzo Raffadali. Spalancavo, poi, l’unico finestrone scuro di legno, spettatore di puttane nigeriane, magnacci e, una volta (per fortuna solo una), di uno sparo che qualcuno lanciò nell’aria. Pensavo: ammazzano qualcuno. Mi domandavo, senza punto interrogativo: festeggiano il capodanno. Era il mese di settembre.
Vestita di un alone di gioia, illuminata da un calmo, grigio calmo e potente, aprivo la piccola porta, scendevo due o tre scalini, buttavo le scarpe per farmi accarezzare dalla colorata e fredda maiolica. In cucina… attraverso la piccola porta stile saloon, e… ancora una volta spalancavo di luce l’unico finestrone scuro di legno e… ancora una volta indietro, nella grande stanza detta ‘scala di legno e soppalco’ verso il tavolo di vetro davanti alla scatola di novello Corvo:  Chi ha preso le mie scarpe?
Chi le ha indossate?
Dove sono finiti tutti i miei lacci?
E i lucidi?
E le mie spazzole?
Che ora è adesso?
Perché non c’è nessuno?
E non c’è rumore di tacchi
E non c’è nemmeno una luce accesa.
Dove sono le mie scarpe?
Chi le ha prese?
Perché sono qui, adesso. Le chiavi?
E le scarpe, le mie…
Ho visto un topo, si è nascosto lì dietro il banco.
C’erano le pezze. Dove sono i miei panni e le pelli.
Chi indossa le mie scarpe?
Chi le porterà domani su quella strada?
Resterò qui ad aspettare
Alla finestra per vedere
Domani le mie scarpe
Ai piedi di qualcuno
Domani.
Chi le porterà domani? Portavo, poi, con me questo foglio di inchiostro nero strappato, colorato poi del rosso, di un grigio calmo, calmo grigio calmo. Ti giunge, oggi, quella calligrafia invisibile che seppe darmi una risposta, su quello stesso foglio che, ritrovo, qui. Nessuno le porterà? Perché nessuno ha
Preso le tue scarpe.
Nessuno le prenderà,
Nessuno vorrà prenderle.
Se cerchi bene sono lì, dove le hai buttate.
Lì, nell’angolo oscuro delle case, delle stanze
Cariche d’umore, negli spazi sconsacrati
Lì, dentro il cerchio di lacci.
Lì, nella monnezza tra le carcasse di galli
Sgozzati.
Lì, dove la notte respira sotto lo sguardo giallo
Della scimmia.
Lì, dove la scimmia annusa e cambia posto
Alle cose.
Lì, dove vivono i fumi della sessantenne che
Scandisce il tempo tra le taverne del porto.
Lì, dove scalzo il bimbo cerca cibo e guarda
Il peccato e la menzogna, truccati da santi
Funamboli, giocare (smascherati dal sudore)
A dadi con la vita.
Lì, dove non si va se non hai le scarpe per danzare sui cocci di vetro.
Lì, tra lotta e lotta, tra danza e danza, nel formicaio d’occhi. Lì, tra artiglio e
Artiglio. Lì, dietro la poltrona vuota.
Lì, tra attimo e attimo.
Lì, dove incastrata tra un attimo e l’altro
Trovi ancora una volta – La morte che si è
Fermata stanca sul ventre di farfalla inguine
Simbolo appena accennato.
Lì, le trovi e si vedono dall’esterno attraverso una finestra sospesa nel vuoto.
Lì, le vedi?! Incastrate nei piedi doloranti intossicati e gonfi della vecchia signora coscienza
Precipitata troppo velocemente nel tempo.
Le vedi le S C A R P E
(Salvezza – Caduta – Ancora – Rapidamente – Per ‐ Eclissi)