Sei nell' aria, nel respiro del vento...

Ammetto che c'è stata una certa puerilità, nel prendere la decisione di salire su un treno che mi portasse via dall'inconsistenza di ciò che, fino ad ora, mi aveva trasmesso un apparente, indistruttibile senso di solidità e sicurezza. Mi sono adagiata impercettibilmente, nella felice mollezza della mia stessa noia, o meglio, in ciò che ho voluto soffocare, relegandolo tra l' ineluttabile che scivoli pian piano, nei meandri di una pacata rassegnazione.
Quassù, sui monti deserti, dove l'aria è più ferma, dove il tempo scorre meno veloce, la natura esprime un ordine diverso e un' armonia visivamente più manifesta: quassù, si respira un' aria selvaggia, lontana dai miasmi di una società distruttiva.
Questo è quanto cercavo, quanto volessi percepire. Sono salita fin qui, lasciando un foglio e una penna sullo scrittoio accanto al telefono: un foglio in attesa di una lettera che non avrei mai scritto, accanto a quel telefono che ho fissato per giorni con inebetito sgomento e da cui ho tanto atteso il provenire di un trillo che non è mai arrivato.  Il senso di esistere è più pesante, più sterile, quando, come un pugno ricevuto in pieno stomaco, ti infliggi una violenza quasi fisica cercando di non soccombere, di non arrenderti a qualcosa che per anni hai rifuggito, hai negato a te stessa, hai rinnegata con tutte le tue forze: quella di riconoscerti la debolezza di una emozione tua, intima. Quella che hai allontanata dai tuoi pensieri dedicandoti in toto agli altri, ai loro problemi, ai loro bisogni, non ascoltando i moti e le necessità della tua anima.
Lo avevo capito quella mattina in cui mi ero svegliata sorridendo a me stessa, al nuovo giorno, e una vecchia canzone, sussurrata dapprima con appena un impercettibile movimento delle labbra, ha preso forma, consistenza, articolandosi fino a rimandarmi il suono della mia voce ben chiaro e distinto. Una giornata in cui avvertivo nell'aria qualcosa di prossimo, di bello, di incombente: qualcosa di inconsciamente atteso e allo stesso modo, temuto.
Improvviso, il desiderio di fuggire, dapprima immediato, impellente, e poi, mano a mano sempre più fragile, prossimo a sgretolarsi.
Tesa nello sforzo di controllare le mie emozioni che con impeto selvaggio acquisiscono forza, dirompono con una violenza irresistibile, propria a chi per anni è stato prigioniero in una gabbia e ad un tratto ne aprisse le sbarre, scoppio in un pianto dirotto. Un pianto in cui c' è tutto il dolore di cui prima devo essermi resa conto solo vagamente, e che ora fluisce come un violento temporale.
Le mie lacrime scorrono copiose, portando via l' amara sofferenza che poco a poco si era depositata in me, come cristalli che diventavano sempre più duri e non volevano sciogliersi. Racconto a me stessa della mia vita, delle amarezze della rinuncia, mi dico consapevole che la vita non possa più farmi del male con la sua impetuosa violenza, e che non possa esistere equilibrio e felicità se non si è, prima, percorso il sentiero della sofferenza.
Domani farò ritorno a casa.
Il foglio e la penna abbandonati sullo scrittoio saranno riposti nel cassetto: non scriverò mai quella lettera, ma, forse troverò un messaggio nella segreteria... Sei il desiderio della mia libertà, la passione che brucia, sei la luna che riempie le mie notti nell'estasi di un abbraccio. Solo te io desidero compagno della mia anima, melodia dolcissima che mi avvinghia, lacrima di felicità che non trattengo, passione che si scioglie tra le tue braccia, tra le mie fondendosi, in un' anima sola. Una forza che mi sale nel petto, che vuole gioire, sognare...  ancora...
Vorrei liberarmi delle catene del tempo che ossidano il cuore, imbrigliano i miei pensieri. Cerco, dentro di me, di allontanarmi da sentieri colmi d'illusione. Vorrei specchiarmi nel lago dei miei desideri per guardare nascere il sole, lascerei che le sue gocce si confondessero con la pioggia che riga il mio viso, e sorridere, finalmente libera di essere...
E' solo un sogno che mi tiene incatenata ad una realtà che non mi appartiene più. Provo solo un'infinita tristezza che a tratti mi toglie il respiro. Amavo il modo in cui ridevi... Mi piaceva maledettamente il modo in cui ridevi. Il desiderio di averti vicino, nasce con irruenza incontenibile... Dove sei?
Sei nell'aria, nell'infrangersi delle onde sugli scogli, nel respiro del vento che mi riporta un sospiro che non puoi più cogliere, nel brillio delle stelle, nei caldi colori di un tramonto che incombe...
dove sei? Invano, ti cerco...
Nei miei giorni sbiaditi, in questa notte che cade sui tetti, serena, chiara, quasi di primavera, ancorata a un passato e vivendo un presente che vorrei proiettare verso spazi infiniti, come una barca che prenda il largo a vele spiegate nell'immensità del mare aperto. Guardo un punto lontano, indefinito, cercando come sempre l' orma di un ricordo, che si è perso nella crudele spirale di un angolo di cielo ch'é diventato torbido. Vorrei, bastasse un respiro profondo ad allontanare i fantasmi che popolano le mie solitudini. E' così che ti frega la vita. Ti corteggia, ti accarezza, ti blandisce quando hai ancora l' anima assopita, pensieri innocenti, sogni fanciulli. Poi ti tradisce, ti ruba il sereno, gli affetti più cari, ti ferisce, ti distrugge, ti annienta... ti lascia dentro immagini, odori, rumori, armonie impalpabili che gravitano su te, intorno a te, che per quanto ti sforzi non ti è dato mai più accarezzare. Era quella la felicità, e ora scopro che sospesa, sorpresa, accecata come una falena davanti a un lume, avverto la tua assenza come un dolore acuto che, a volte, mi piega le ginocchia.
Mi sono svegliata in piena notte perché ho sognato. Vorrei poter trattenere il sogno aggrappato al bordo delle ciglia, vorrei poter impedire che cada, vorrei poterti dire: E' San Valentino...
Auguri, amore...