Una ferita nel cuore

Alberto Marcozzi era di ritorno a Roma. Nato in quella città trenta anni prima, conseguita la laurea in ingegneria elettronica a Milano aveva insegnato per due anni in un istituto privato ecclesiastico di quella sede, il ‘San Giuliano ma non si era mai ‘acclimatato’ sia per le condizioni atmosferiche della città ma soprattutto per il carattere dei suoi abitanti che avevano sempre dimostrato una notevole insofferenza nei confronti di un romano pungente per le sue battute dileggianti e sarcastiche. Il buon Alberto aveva ritenuto mettere ‘nero su bianco’ la sua forma mentis capitolina scrivendo un breve manuale ‘Lavorare meno ma guadagnar di più’. Si era trovato dinanzi a battute meneghine tipo: ‘Va a ciapà i ratt ‘ e ‘ lü è i prim che a laürà l’è mort’ frasi che tradotte dal bidello della scuola che avevano come significato: ‘Scansafatiche’ e ‘Vai a perdere tempo altrove.’ Hermes protettore dall’Olimpo del nostro insegnante (a cui i polentoni non erano proprio simpatici) venne in aiuto del suo difeso in maniera concreta, gli fece conoscere l’insegnante di una scuola milanese che era riuscita a mezzo di ‘aderenze’ al Ministero della P.I. a farsi assegnare quale Preside all’Istituto capitolino di Informatica il ‘Cavour.’ Madame Eulalia Torregiani nell’euforia del suo ottenuto trasferimento volle coinvolgere anche Alberto e lo fece trasferire alla sua stessa scuola. Cena al ristorante ‘Don Lisander’ sito ovviamente in via Manzoni, in quell’occasione Alberto cercò di inquadrare Eulalia in senso sessuale, con le dame milanesi non era andato oltre a ‘una botta e via’, la signora sembrava refrattaria alle sue avances, forse l’Albertone non era il suo tipo. Appuntamento due giorni dopo alla stazione ferroviaria di Milano, con la Freccia Rossa dopo quattro o cinque ore sarebbero giunti nella capitale. Eulalia in uno slancio di generosità volle lei pagare il biglietto di Alberto addirittura in classe excecutive, altro che aereo! Saliti sul treno ad un certo momento nel corridoio apparve una cane pastore tedesco, scodinzolando annusava tutti i viaggiatori, il suo era un modo per fare amicizia, aveva la museruola in ogni caso aveva un atteggiamento non aggressivo. Finito il giro dello scompartimento: ‘Bob vieni qui!’, chi aveva richiamato l’animale era un signore con occhiali neri che aveva vicino sé uno scritto: “Sono ipovedente, scusate il mio cane.” Era giunto anche il capotreno che informò i passeggeri che qualora l’animale avesse dato fastidio a qualcuno l’avrebbe messo al guinzaglio. Ma ormai il cane Bob si era conquistato la simpatia dei presenti e veniva coccolato da tutti, bambini in testa. Dopo circa quattro ore, passate le varie stazioni lombarde, emiliane e toscane finalmente la Tiburtina ed infine la Termini. Durante il viaggio era sorta una sorta di amicizia fra Bob ed Alberto, il cane si era sdraiato nel corridoio vicino a lui rilassato, col muso a terra. Non c’erano molte persone ad attendere i passeggeri, solo quando il treno si fermò Bob si avvicino alla portiera d’uscita ed abbaiò due volte. L’ipovedente: “Bob vieni qui, fuori ci sarà sicuramente Eleonora, aiutami a scendere.” La ragazza aveva ‘colpito’ non solo il cane che aveva annusato il suo odore ma anche altri giovani passeggeri Alberto in testa. Bionda, altezza superiore alla media, vestito nero dalla testa ai piedi, sorriso luminoso, Alberto la paragonò ad una vestale, forse aveva assunto un’espressione non molto intelligente. Vicino a lui Eulalia: “Dal tuo sguardo capisco che a Milano non hai trovato molta compagnia in fatto di femminucce, te la stai mangiando con gli occhi, professore un po’ di contegno!” Bob era tornato vicino ad Alberto, la situazione fu riportata verbalmente da Eulalia al signore ipovedente che dimostrò un senso dello humour fuori del comune: “Una volta a Bob piacevano le femminucce, ora va dietro ai maschi!” Entrò in campo la ragazza: “Sono Eleonora Bardi la nipote del qui presente professor Bernardo Gatti, il cane da tempo per noi come un famigliare, lo porterò in macchina , nel caso qualcuno volesse rivederlo questo è un bigliettino col nostro indirizzo e numero telefonico.” Fuori dell’edificio della stazione, in via Marsala era posteggiata un Honda Civic rossa, a mezzo telecomando la ragazza fece scattare la sicura, Bob fu sistemato nel sedile posteriore, lei alla guida, il professore lato passeggero. Alberto aveva ricusato un passaggio in macchina, abitava in via Taranto a Roma, Eulalia fu più fortunata, aveva una casa in affitto in viale Giardino di Boboli vicino alla villa del professore alla Camilluccia, si sistemò nel sedile posteriore della Honda vicino al cane. Alberto alla stazione Termini prese il ‘vecchio tram’, il 16 che sferragliando sferragliando lo ‘depositò vicino casa in via Taranto. Ferdinando (Nando) Gregori il portiere era affezionato ad Alberto, l’aveva praticamente visto nascere in quella casa al numero otto. Si abbracciarono: “Te sei deciso a ritorná a Roma, purtroppo Rosina s’è sposata!” “Figurati se penso a lei, mi basta respirare l’aria di casa mia, qui c’è una stecca di Marlboro, attento che sono di contrabbando.” La zia Rosilde gli aveva lasciato in eredità un piccolo appartamento, ‘parvus sed aptus mihi’, con i soldi risparmiati per l’affitto si sarebbe comprato un’auto di piccole dimensioni, parlare a Roma di parcheggi… Si decise all’acquisto di una auto Abarth 595 piccola e veloce. Il padrone della concessionaria tale Alberico Costacurta cominciò con lodarne le qualità sportive, Alberto lo interruppe: “Io sono un vecchio appassionato di macchine, leggo la rivista ‘Quattroruore’ dal 1956 quando uscì il primo numero, conosco la 595…” “È fortunato ne ho una in concessionario, andiamo a vederla, è di colore grigio argento metallizzato, omnia optionals.” “È l’omnia optionals che mi preoccupa, non voglio ‘piangere miseria’ ma sono un’insegnante di informatica, il mio stipendio ‘omnia optionals ’ non è alto, poi non vorrei firmare delle cambiali, mai fatto in vita mia.” “Posso capirla, se le dico trecento Euro al mese? Potrei venirle incontro anche pagandole delle lezioni di informatica che potrebbe dare a quel capoccione di mio figlio Attilio, dai suoi documenti vedo che abitiamo vicino.” Alberto accettò la proposta anche se non molto entusiasta di dover svezzare un probabile testone. La mattina del sabato successivo, libero dalle lezioni Alberto si recò nella villa del professor Gatti, vicino al cancello trovò Bob che aveva ‘sentito’ il suo arrivo. Venne ad aprire una persona anziana: Sono Luciano Lombardi il giardiniere, se Bob le fa le feste vuol dire che la conosce, entri e posteggi l’auto nel retro, lì non c’è sole.” Il cane cercava di saltare addosso ad Alberto che infine lo prese in braccio. Era apparsa Eleonora: “Allora è vizio, Bob lascia in pace Alberto.” Alberto avrebbe voluto saltare lui addosso alla baby, si salvò in corner con una battuta: “È un cane molto affettuoso, lo voglio ripagare presentandogli una femmina di pastore tedesco di proprietà del mio portiere, chissà quanti bei cagnolini…” A pranzo il maestro Bernardo fu felice di avere la compagnia di Alberto, di Eulalia e di Eleonora, furono serviti da Marianna una cameriera e da sora Emma una anziana cuoca che conosceva tutti i segreti della cucina romana. Il suo locale a Trastevere ‘Er gatto nero’ era frequentato da Petrolini, da Trilussa e dal Belli e, benché in pensione si recava ancora nelle case degli amici oltre che per cucinare a raccontare gli episodi reali avvenuti in passato nel suo locale in una atmosfera conviviale e ospitale. Finito il banchetto Alberto ritornando a casa incontrò Nando che gli comunicò lo stato di ‘calore’ della sua pastora tedesca; Alberto chiese il permesso a Eleonora per il ‘matrimonio’ fra i due cani, avuto l’assenso caricò Lola nella sua Abarth. Giunti in villa, Alberto trovò Bob dietro il cancello che faceva ‘avanti e indietro’. Eleonora nel frattempo aveva disposto in garage sia il ‘letto matrimoniale’ che le ciotole per mangiare e bere che i due pastori tedeschi ignorarono, diedero subito sfogo alla pugna, furono lasciati in pace a cercare di aumentare la loro prole. Dopo circa due ore Eleonora aprì la porta della autorimessa, rimase basita nel vedere i due cani ancora ‘attaccati’ ma alla rovescia. Riferì la situazione ad Alberto che poco benignamente la prese in giro spiegandogli il significato della locuzione volgare ‘a cazzo di cane.’ Dopo due giorni Alberto comunicò a Nando che gli avrebbe restituito la ‘cana’ sicuramente prena, Nando non fu contento della proposta, non aveva posto per i cuccioli che sarebbero nati numerosi, era quindi meglio che restassero a casa del maestro Bernardo. In fondo alla rimessa furono sistemati due materassini con copertine, cibi e acqua oltre alla porta sempre aperta per i bisogni dei due, la famiglia era aumentata e fra circa sessanta giorni sarebbe aumentata di nuovo. Una domenica mattina la noia si era impadronita di Alberto o per dirla tutta il signorino avrebbe voluto vedere e non solo vedere da vicino la deliziosa Eleonora, era il 21 febbraio giorno del suo onomastico. La ‘nata nella luce’ stava uscendo la Honda dal garage, doveva accompagnare il professore in una scuola di musica per esibirsi come pianista. Alberto fece la ‘faccia tosta’: “Professore vorrei …” “Lo so quello che vorresti, sali in macchina nel sedile posteriore, attento a non schiacciare il violino.” Effettivamente vicino a lui Alberto trovò la custodia di quello strumento. Nella sala, dopo applausi di inizio concerto, le mani del professore ‘volavano’ sulla tastiera: Vivaldi, Chopin, Beethoven. Dopo meritati applausi entrò in gioco il violino, si il violino ma non suonato dal prof. Gatti ma dalla sua allieva Eleonora che eseguì ‘Il ‘Capriccio’, ‘La Campanella’, ‘Le Quattro stagioni’, ‘Il Volo del Calabrone’ e, per ultimo maestro ed allieva insieme nella ‘Sonata per Violino e Pianoforte’. I brani del ’violinista del diavolo’ (Paganini) ebbero un enorme successo. All’uscita Alberto rimase per ultimo nella fila, da parte del titolare dell’Auditorium notò una stretta di mano al professore, un finto baciamano per Eleonora che si trovò in mano un qualcosa di cartaceo, molto probabilmente un assegno. Al ritorno maestro ed alunna si abbracciarono e commentarono favorevolmente la loro prestazione, il silenzio di Alberto portò Eleonora a commentare: “Tu non sapresti suonare nemmeno un clarinetto o piffero che dir si voglia.” La frase conteneva un chiaro doppio senso rilevato dal maestro che scoppiò in una risata. Alberto cercò di salvarsi in corner: “Avevo due zie concertiste, avevano detto a mio padre: o smettiamo di dare lezioni a tuo figlio o cambiamo città… restarono a Roma.” Dopo la battuta di Alberto in macchina piombò un silenzio assoluto, il prof. “Sto reggendo la candela da un pezzo, restate pure in auto, io sono pratico di casa, prima di assentarmi voglio recitarvi un aforisma famoso:’Se ami una persona devi mettere in conto che potresti perderla, ovviamente non ve lo auguro.” “ Sor Emma aveva lasciato la cena pronta, fu Marianna che sostituì Ebe, la vivandiera degli dei nel portare i cibi a tavola. ”Alberto: “domattina ho lezioni a scuola, rientro a casa mia, buona notte.” Alberto aveva ‘licenziato’ Eleonora, nemmeno lui aveva compreso il motivo di quella decisione, forse si era offeso per le battute della ragazza boh…” La mattina bussò alla porta del’ufficio di presidenza, era rimasto perplesso dalla assenza si Eulalia al concerto del professore: “Gentile preside ieri pomeriggio Bernardo ed Eleonora si sono esibiti in un magnifico concerto di musica classica, inaspettatamente Eleonora ha suonato il violino, mancavi solo tu…” Eulalia sembrava in imbarazzo, non sapeva cosa rispondere: “Sono stata invitata a casa dalla madre di una nuova alunna Beatrice Mazzarini che proviene da un altro plesso scolastico, avevo dimenticato di portare con me l’agenda con i numeri telefonici, stamattina dovevo chiamare il professor Gatti per scusarmi, raccontami tutto.” La giustificazione non reggeva, il professore ottenne le scuse da parte di Eulalia e la promessa che sarebbe andata a trovarlo in villa in compagnia della diciottenne Beatrice. Sabato pomeriggio, Luciano era stato avvisato dell’arrivo di due signore in auto, all’arrivo di un Peugeot 308 gialla aprì il cancello, di Bob nemmeno l’ombra, il cagnone stava sempre appresso a Lola ma senza successo, passato il ‘calore’ della cagna Bob andava regolarmente in bianco. Tutti e cinque in giardino su comode poltrone imbottite, il professore: “Gentili signore attente agli uccelli di passaggio, hanno la non buona abitudine di lasciare qualche ‘regalino’ non gradito. Marianna alla canonica ora delle diciassette, in compagnia di Emma si presentò con un carrello con the e caffè freddi, bibite varie, dolcetti di ogni tipo. Il professore: “Non vi abbuffate, saltereste la cena, stasera aragoste vero Emma?” Fari di grossa portata all’imbrunire illuminarono la facciata della villa e tutto il giardino, Lola sempre seguita da Bob fecero una rapida apparizione per poi sparire fra i alberi, risata generale… “Alberto che libro stai leggendo?” “Mi è capitato fra le mani un saggio di Montesquieu” “”Trovati qualcosa di meno impegnativo, è stato un filosofo, un giurista, uno storico, ricordo una suo aforisma: ‘La tristezza viene dalla solitudine del cuore, hai il core solitaro…con tante belle signore intorno! Lasciamo perdere, ho scovato del vino bianco favoloso per le aragoste, un Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva, ed ora come ai tempi di Carosello: tutti a tavola.” Alberto era quello che partecipava meno alla conversazione sinché ad un certo punto chiese ‘licenza’ al padrone di casa e sparì con la sua Abarth. L’intuito era stato da sempre una sua dote, un qualcosa in più degli altri che lo portava a prevedere, a intuire, a leggere nell’altrui pensiero. Guardando in viso Eleonora comprese che la giovane aveva voluto comunicargli qualcosa che sino a quel momento gli aveva nascosto, qualcosa di molto personale…A casa, in camera da letto supino, le braccia dietro il collo, sguardo al soffitto, niente sonno, il giorno successivo aveva lezione, cercava di ripassare l’argomento che doveva trattare , gli apparve il viso triste di Eleonora, capì che ormai se ne era innamorato. Aveva appena preso sonno che percepì il suono del citofono, pensò ad un sogno ma il suono si ripeté. “Chi sei?” “Per favore aprimi il portone…” Alberto si infilò i pantaloni del pigiama, rimase in attesa che l’ascensore arrivasse al suo piano, era lei, il viso stravolto, senza trucco…Ci volle del tempo prima che Eleonora riuscisse a riprendersi, si posizionò sul letto in sottoveste, le spalle girate, tremava, riuscì a riprendersi ed a girarsi, prese a baciare delicatamente il viso del padrone di casa, nessun colloquio ma una sorpresa… quando Eleonora si tolse tutti i vestiti apparve qualcosa di inaspettato: un piccolo pene al posto della vagina… All’inizio ad Alberto l’immagine riapparve sfuocata, forse una immaginazione della sua fantasia ma dovette ricredersi anche perché la ciolla si stava ingrandendo sempre più. Un dubbio: come comportarsi con un trans perché tale si era dimostrata Eleonora, toccare il ‘coso’ , allontanarsi dal letto, rifugiarsi in bagno, anche il suo pisello si stava innalzandosi sempre più, l’iniziativa in mano ad Eleonora che circondò con le labbra il batacchio di Alberto che ‘suonò’ alla grande, a lungo. La quiete dopo la tempesta, l’augello aveva fatto festa. Alberto più frastornato che mai, inconsapevolmente si trovò in bocca il cazzo di Eleonora, provò lo spiacevole sapore della sperma, schifato sputò in terra, andò in bagno… nel giro di poco tempo era cambiata totalmente la sua sessualità. Squillò un cellulare, non era quello di Alberto: “Si papà tutto bene, il mio amore dorme della grossa, appena si sveglia facciamo colazione e torniamo…ciao.” “Come bugiarda sei da encomiare, per la colazione non se ne parla proprio, ho ancora in bocca…Barba, doccia e poi in macchina.” Dopo due ore Honda e Abarth posteggiate nel cortile, di Bob nemmeno l’ombra, era diventato padre di quattro cuccioli, tutte femmine, aveva il suo bel da fare. “Figlia mia vatti a truccare, sei bella anche così ma…” Bernardo non finì la frase, il suo pensiero era andato a sua moglie Dalida morta nell’incidente stradale in cui lui aveva quasi perso la vista. Squillo del telefonino: “Gentile signora Torregiani per una settimana dovrà fare a meno di un suo insegnante che se la sta passando con la fidanzata, mia figlia, l’aspetto per il week end con la…insomma con Beatrice, lei ha dimostrato di avere buon gusto.” In poche parole Bernardo aveva riassunto una situazione sentimentale piuttosto complicata.