Varco ed il re

L'indomani all'alba Lunga‐barba ed il Rosso vennero spediti al villaggio, per avere informazioni sulla strana ragazza, che s'era permessa di parlare con la loro futura regina ed il caso era tanto grave, da essere addirittura autorizzati a fare domande ... ma purtroppo non c'era molto da dire.
O almeno, non le informazioni che aspettavano gli altri!
Aldilà della Diveria si apriva un altro mondo: come il monte Albiona era cupo e frondoso, interamente ricoperto di faggi ed abeti, così la valle dopo il fiume era aperta e ridente e persino i nani, che non amavano abitualmente la luce del sole ammisero a denti stretti di trovarsi in un posto magnifico. Una gran macchia d'erba color smeraldo, fiorita di margherite e ranuncoli, attorno a cui prosperavano querce, noci e pruni selvatici: il bosco, quello vero, s'incontrava più su, oltre la grande roccia a nord, che sovrastava la valle o sulle pendici verdissime dei monti circostanti; a basso solo cespugli di rosacee ed alberi da frutto.
Naturalmente c'erano gli uomini.
Sono sempre stati particolarmente abili, gli umani, nel cogliere gli aspetti migliori della Natura ... magari senza neppure esserne grati.
Il villaggio si chiamava "Varco" perché s'apriva appunto nel sole dopo le gole di rocce impervie. I nani avevano parlato di villaggio tanto per dargli un nome noto, da riferire ... in realtà le case, costruite quasi interamente in serizzo, erano sparse per tutta la valle e questo contrastava con l'intensa vita comunitaria del gruppo: ogni mattina, all'alba le donne andavano tutte insieme a raccogliere bacche ed erbe selvatiche o a lavare i panni al fiume, gli uomini raccoglievano la legna nel bosco e pascolavano a turno le capre, i bambini giocavano raccolti in grandi formazioni vocianti che s'abbattevano come grandine sugli alberi per cercarvi i nidi. La sera, prima del tramonto, ciascuno tornava alla propria casa, arroccata in un angolo della valle. Tuttavia infiniti motivi, più o meno futili, interrompevano questo ritmo e durante il giorno si vedeva spesso qualcuno risalir la strada di casa ed uscirvi poco dopo con le braccia cariche d'utensili curiosi e strani, oppure un gruppetto di donne attrezzate di secchi e ceste di panni recarsi a far visita ad un'altra, forse malata. Sarebbe stato più ragionevole ed anche più comodo abitare vicini, magari addirittura insieme ... ma evidentemente agli uomini piaceva camminare.
In ogni caso non era questo il punto.
Tra le donne in questione nessuna rispondeva al nome di Barbara.
Ma c'era un altro gruppo, che non condivideva la vita degli altri.
Un piccolo villaggio senza nome, arroccato sotto alla roccia a nord, costituito di capanne di rami intrecciati e fango, disposte a cerchio, sul limitare del bosco di querce, presidiato giorno e notte da un piccolo gruppo d'arcieri scelti. Una sistemazione provvisoria, perché non avrebbe retto l'inverno. Ed era tanto meglio per tutti, perché avevano un tal corteo di bambini vocianti ed affamati, un'agguerrita schiera di giovani cacciatori, un plotone di donne rapide a raccogliere bacche ed erbe, che la valle in mano loro non era destinata a lunga pace.
D'estate era frequente che i cacciatori salissero nelle valli più alte in cerca di selvaggina e vivevano così discretamente, nelle capanne tonde di sassi e legno, che era difficile scorgerli, d'altra parte bastavano a se stessi e non davano confidenza a nessuno, ma questi dovevano essere un gruppo di nomadi, intenzionati a scendere in una valle più calda in autunno ... o comunque gente in transito, perché se si fosse trattato semplicemente di caccia, le donne sarebbero rimaste a casa ad aspettare.
Invece stavano tutti insieme, maschi e femmine: umani, capre, cavalli e persino un paio di mucche ed un toro nero che pascolava indisturbato.
Gente ricca.
Le donne indossavano monili più ricercati di quelli che ornavano le ragazze del villaggio e le loro raffinatezze facevano uno strano contrasto coi vestiti di lana grezza e di pelle. Si poteva ipotizzare che venissero da Nord‐ovest, perché le caratteristiche fibule d'argento ed i gioielli di vetro duro erano proprio di quelle terre. Un uomo rosso di barba e di capelli, ceratamente il capo, sfoggiava un "torque" d'oro massiccio, che doveva pesare parecchio.
I rapporti con gli abitanti di "Varco" erano incomprensibili, perché le donne facevano più o meno le stesse cose, ma in tempi e luoghi separati e gli uomini si dedicavano alla caccia e non avevano nessun rapporto coi pastori. Eppure dal villaggio era un viavai continuo di gente che voleva parlare col capo dai capelli rossi, recando doni ed egli, seduto al centro del suo piccolo regno, ascoltava paziente, accarezzandosi la barba color rame con le mani belle ed affusolate… non parevano neppure quelle d'un guerriero e talvolta dispensando parche risposte, che riempivano i suoi ascoltatori di pace. Di notte poi si radunavano tutti attorno ad un grande fuoco per cantare e ballare.
Indubbiamente parlavano la stessa lingua.
Ma allora perché vivere scomodi e separati?
Gli uomini sono strani!
Barbara fu vista in questo secondo gruppo, anche se pareva rispondere ad un altro nome.
Da come si comportava, sempre in moto per conto proprio, senza obbedire a nessuno, né partecipare ad alcuna attività comune, pareva davvero la figlia del capo, se non addirittura una persona dotata di un potere proprio.
Almeno non aveva mentito.
Ai nani "quella" Barbara non piaceva per niente, non foss'altro per l'odor di pelle che impregnava le stanze e tutto quel ridere e saltare... ma la principessa l'amava tanto, la sua compagnia pareva giovare alla sua salute e soprattutto... aveva una voce stupenda. Questo nessuno poteva negarlo.
Insomma, fu accettata, nonostante una certa opposizione da parte del consiglio degli anziani, a patto che venisse sola e non facesse domande sulle miniere.
Precauzioni davvero inutili: la miniera, non la interessava affatto e Barbara si sarebbe lasciata uccidere piuttosto che rivelare ad anima viva l'esistenza della sua nuova amica, non già per discrezione, ma per la caparbia gelosia con cui era solita difendere i suoi affetti. I lunghi monologhi con cui intratteneva Aurora riguardavano soltanto se stessa, le sue abitudini, il suo passato, le speranze per l'avvenire... solo qualche volta ricordava d'avere un'altra persona di fronte a sé e le regalava qualche piccolo suggerimento per rendere la sua vita migliore, cioè un po' somigliante alla propria. Ma la differenza era tanta e tale, che Barbara era solita sorvolare l'argomento. In fondo quella fanciulla della grotta, così pallida e silenziosa, aveva il suo fascino. Una cosa però la scandalizzava profondamente: quel progettato matrimonio col nano ‐ È una cosa mostruosa, ‐ disse fin dal primo istante ‐ la natura lo proibisce: il simile ama il suo simile...secondo me dovresti sposare Mark. –
‐ Chi è? ‐ interloquì timidamente Aurora.
‐ Mio fratello! ‐ rispose trionfalmente Barbara ‐ È figlio di un Dio! ‐
‐ Fratello. ‐ ripeté meccanicamente Aurora cercando di dare significato a quella parola sconosciuta, mentre l'altra prendeva a raccontare, con grande entusiasmo, una storia in gran parte incomprensibile, ma avventurosa: pareva che sua madre per ben tre anni di matrimonio fosse rimasta sterile e che il marito fosse costretto a ripudiarla e dar onore ad un'altra, una serva, che avrebbe dovuto occuparsi della birra e della concia delle pelli, ma aveva fianchi larghi e prometteva una schiera di figli. Il guerriero l'amava e non la cacciò con ignominia, ma preferì accompagnarla nottetempo in un bosco e lasciarla con viveri ed armi in una bella grotta, coperta di muschio e vicina ad una sorgente. Nel folto d'una foresta, dagli alberi così fitti, che sotto crescevano soltanto muschi e felci non c'erano bacche con cui la poveretta potesse sfamarsi, né prugne selvatiche, tanto che l'uomo, preoccupato, tornava ogni notte di nascosto, con cibi e regali, ma la donna non c'era più ed egli si sdraiava davanti alla fonte e piangeva. Nessuno lo aveva mai visto piangere, ma alla figlia lo aveva confessato. La seconda moglie era incinta e gli ripugnava dover riconoscere suo figlio come il primogenito... il racconto narrava come fosse ritornato per quindici volte alla grotta, fingendo di essere sulle tracce di un cervo speciale... a volte la sorte lo aiutava ed un grande cervo bianco attraversava di corsa il bosco nella direzione sperata... egli aveva proibito ai suoi di toccarlo e lo seguiva da solo. L'ultima volta al posto del cervo uscì dalla grotta la moglie. Era bellissima, aveva vestiti di stoffa finissima ed una pelle d'animale sconosciuto, gialla come il sole, a piccole macchie nere, gettata di traverso sopra un seno.
Portava i capelli sciolti, più luminosi del sole del mattino e la fronte era cinta d'una corona d'oro tempestata di gemme verdi. Si gettò ai suoi piedi come se avesse visto una Dea, ma la donna lo rialzò con dolcezza dicendo: "Ora puoi riprendermi con te, mio signore: il Dio delle selve mi ha fatto un regalo e fra sette lune ti partorirò un figlio maschio. Egli stabilirà un alleanza fra il nostro popolo e quello dei Latini, che stanno conquistando le terre aldilà dei monti e tutta la gloria sarà attribuita a te... se tu mi vorrai!" C'era da chiederlo? La strinse tra le braccia e la portò trionfalmente a casa, ma qui si accorse che abito, pelliccia e corona erano scomparsi... solo gli occhi della sposa, da azzurri, erano diventati verdi.
L'altra moglie voleva ucciderla, ma egli minacciò di cacciarla ed andò a vivere con la prediletta in una nuova capanna. Sette mesi dopo questo fatto nacquero due bambini: la prima generò senza un lamento un maschio in tutto simile al padre, se non per gli occhi verdi, disseminati di pagliuzze d'oro... quell'altra invece si lamentò tre giorni per fare una bambina brutta come lei, che già da tre anni, ormai, era stata data ad un mandriano.
La prima moglie visse due anni di completa felicità: per due allattando il primogenito ed uno preparandosi alla nascita di un secondo, a cui non era sopravvissuta. Aveva già preannunciato che sarebbe stata una femmina di rara bellezza, anche se non tutti le credevano. Il marito raccontava che prima di morire dicesse: "Guarda che è venuto a conoscere nostra figlia!". Certamente lo stesso Dio che l'aveva resa gravida era tornato a riprendersela, ma egli pensò l'altra moglie avesse fatto un maleficio e non volle più accostarsi a lei, però non la ripudiò con ignominia, come avrebbe meritato, per paura che potesse vendicarsi sui suoi figli. Non pianse e proibì a chiunque di farlo, ma per quindici mesi non volle prendersi un'altra moglie.
‐ Così ‐ concludeva Barbara ‐ Io sono stata allevata dalla nonna insieme a mio fratello... ma adesso, come sai, lui deve stare con gli altri... ‐
Aurora non ne sapeva nulla, ma annuiva gravemente ogni volta, per non sciupare l'incantesimo di quel racconto ‐ Io credo ‐ continuava intanto Barbara ‐ che se non avessi dovuto lasciare mio fratello non mi sarei mai innamorata di "Romano"... –
Ora la storia cambiava: questo "Romano" viveva in una città di marmo bianco, con fontane e piscine in ogni casa e Barbara, cresciuta com'era nella foresta, sempre in viaggio alla ricerca delle prede migliori, era affascinata dai suoi racconti. Aurora invece pensava alla vicenda precedente e restava piuttosto fredda di fronte al progetto dell'amica di fuggire con lo sconosciuto.
‐ Potreste venire con noi! ‐ osservò inaspettatamente Barbara un giorno e di fronte alla muta meraviglia d'Aurora specificò ‐ Tu e Mark potreste seguirci nella città di marmo... era previsto da prima della sua nascita che dovesse unire i nostri popoli! ‐ Aurora non aveva alcuna simpatia per lo sconosciuto e per la sua millantata città, ma per non offendere l'amica rispose semplicemente: ‐ I nani non lo permetteranno! ‐ A quest'affermazione Barbara si fece minacciosa: ‐ Se un guerriero come mio padre ha pianto quindici giorni davanti ad una grotta, i tuoi nanerottoli saranno onorati dall'interesse di mio fratello nei tuoi confronti! –
Non era esatto.
Tuttavia, esaurito il miracolo del primo risveglio, nessuno sapeva che fare della principessa, in attesa del fatidico giorno delle nozze ed era innegabile che con Barbara passasse ore spensierate ed imparasse a cantare in modo straordinario, dote molto nobile e femminile di cui era giusto che una principessa s'adornasse, quindi i nani chiudevano un occhio sul resto. Un domani, qualora servisse, avrebbero reso inaccessibile la caverna agli umani nel giro d'una notte, erano maestri in questo, ma per ora la fanciulla era ancora utile e poteva restare.
Un giorno Barbara non venne: Aurora lo passò in attesa, cantando sommessamente come un uccellino ferito. L'indomani la fanciulla giunse in preda ad un'ansia irrefrenabile e parlò di una festa per la quale i nuovi guerrieri erano tornati e fra essi naturalmente anche Silvano: suo fratello aveva un nuovo nome, adesso, un nome segreto che soltanto loro due, che lo amavano, potevano conoscere e cosa di gran lunga più terribile, aveva la pelle abbronzata e gli occhi completamente d'oro. Barbara si disperava per questo: ‐ Erano occhi verdi, non ricordi? Il fresco e rassicurante colore dei boschi. Non ti nascondo che talvolta nelle sere d'inverno quella luce d'oro che aveva sul fondo si... come potrei dire... espandeva, ma era sempre un colore vivo, come il sole tra le foglie. Ora tutto ciò che di silvestre c'era in lui è scomparso ed i suoi occhi sono completamente d'oro... il colore del miele, delle foglie morte, del fuoco d'inverno... i capelli e gli occhi si sono scuriti, senza diventare bruni, la pelle anche è abbronzata, il corpo magro ed asciutto come quello di un animale selvatico dopo il letargo invernale... ecco che cosa sembra: una fiamma.... una lunga fiamma scura che non da calore... Io ho paura di lui. ‐
Aurora no. Per la prima volta cominciò a desiderare ardentemente d'incontrarlo.
Le pareva che quel guerriero con l'oro negli occhi e nei capelli avrebbe portato luce e calore nel buio della sua esistenza... strano, era la prima volta che la considerava in questo modo. Improvvisamente Barbara, tanto legata al mondo animale e silvestre, denso di suoni e odori, le venne a noia. Certamente era strano che una ragazza dall'apparenza del tutto ragionevole, s’aggrappasse con quella tenacia animalesca ad un ambiente così primitivo come quello d'una foresta, al punto d'aver paura d'un fratello che si faceva uomo, invece di restare quella specie di scoiattolo con cui un tempo ella amava arrampicarsi sugli alberi. Eppure quella ragazza era l'unico legame, se pur fragile, con lui, e soltanto per questo uscì dalla caverna per avventurarsi con l'amica nell'ombra cupa del bosco, dove l'aria era gravida degli odori dei muschi e degli alberi rafforzati dalla rugiada notturna, che ora traspirava errando in una nebbia bianca e densa verso l'alto, in un freddo umido che penetrava senza pietà nei suoi vestiti di lino purissimo, aumentando il suo desiderio di scaldarsi a quella fiamma umana... invece Barbara pareva averlo dimenticato, perché sproloquiava invece su sua madre, che non conosceva affatto e ricostruiva coi racconti degli altri. Una madre consacrata ai boschi, che parlava con gli alberi, ( forse era un vizio di famiglia! ) e forse... ora Barbara capiva... forse non dal dio delle selve, ma da un uomo silvestre aveva concepito quel figlio, che non voleva assomigliare a suo padre. L’altra moglie, dopo tutto, aveva ragione, in famiglia avevano tutti, da generazioni, gli occhi azzurri!
Per la verità Aurora era talmente ignara della famiglia e delle sue leggi, che la mostruosa possibilità d'un adulterio, la lasciava completamente indifferente e pensava che fosse il freddo a far tremare l'amica da capo a piedi. Al contrario, era colpita da un fatto strano: il sole filtrava chiaro ed obliquo tra gli alberi e Barbara, muovendosi, proiettava nella nebbia ombre inquietanti, gigantesche; non aveva mai visto nulla del genere ed il curioso fenomeno, unito al freddo, accresceva il disagio. ‐ Andiamo un po' al sole! ‐ propose, sperando di tornare verso casa, ma l'altra la condusse invece sempre più in alto, finché gli alberi si diradarono per far posto a grandi rocce coperte di muschio ed rododendri fioriti di rosa, bianco e rosso rubino. Più in alto, sotto le rocce, la neve bianca splendeva sotto il sole terso del mattino e Barbara pareva distrarsi dai suoi dolori per spiegarle attentamente ogni cosa. Per la prima volta le capitò di pensare che il mondo esterno fosse bello!
Si sedettero entrambe su un sasso caldo di sole e guardarono verso la valle, ancora coperta da una nebbia celeste, una grande, tiepida quiete parve avvolgerle. Ma fu solo un breve momento di pace e poi Barbara riprese le sue strane riflessioni: ‐ Azzurro è il cielo e verde è la terra, questi sono i colori della vita: Gli uomini che hanno gli occhi di questi colori riflettono una scintilla divina: hai notato che gli animali, invece, hanno gli occhi scuri? ‐ Naturalmente no. Aurora non aveva mai guardato una bestia negli occhi, né desiderava farlo.
Sospirò. C'era tanta pace lassù, l'aria era così fine ed il sole così caldo! Forse quelli che accusavano Barbara di parlare troppo non avevano tutti i torti! Infatti proseguiva col tono sommesso delle grandi confidenze: ‐ A te che sei mia amica posso dirlo... anche Romano è scuro d'occhi e di capelli, ma ho pensato che fosse una caratteristica della sua gente, del tutto diversa dalla nostra... invece mio fratello... ma sì bisogna ammetterlo, non è né dei nostri né dei loro... gli occhi specchiano i più intimi pensieri dell'uomo. Ti sei mai chiesta per esempio da dove vengono i tuoi occhi azzurri, visto che sei sempre vissuta nel buio di una grotta? È evidente, il cielo ti riempie della sua luce, perché tu sei buona, invece gli occhi di Silvano si son fatti cupi, perché egli cova in sé pensieri di morte. Anche mio padre è un guerriero, si capisce, ma non vive solo per questo, nel suo cuore c'è stato posto per gli affetti familiari... lui invece non ha ancora avvicinato una donna. ‐ Per la verità questa notizia era gradevole, Aurora ne era inconsapevolmente già gelosa... e Barbara continuava: ‐ Ora capisco che cosa mi ha spaventato in lui: la somiglianza con Romano, sembra suo fratello, non il mio. Due messaggeri di morte: il giorno e la notte, entrambi distaccati dalla realtà della vita, coi suoi colori e sapori... idoli muti, da cui la gente attende protezione, ma avrà solo sventura e morte! ‐ Da dove le venivano questi pensieri? Ora s'era alzata e levava le braccia in alto, con gli occhi fissi nel vuoto e pareva scorgere cose orrende: alberi e case bruciate, donne violentate, bambini barbaramente uccisi... persino Romano, fino allora tanto amato, era sospettato d’averla usata per entrare a tradimento in un villaggio nemico.
Aurora non conosceva la realtà di cui Barbara parlava: fino a quel giorno l'amica le aveva descritto la propria vita in termini idilliaci ed ora invece usava immagini agghiaccianti... solo perché gli occhi di suo fratello avevano cambiato colore. Cercava di ricordare se qualcuno dei nani fosse andato soggetto allo stesso disturbo, ma per la verità non aveva mai prestato attenzione a loro... che cosa poteva fare per calmare l'amica? Ora, rannicchiata a terra, piangeva a dirotto mormorando: ‐ E dire che potrei aspettare un figlio da lui! ‐
Poi, inaspettatamente come era arrivata, la crisi passò, Barbara si levò in piedi, asciugandosi le guance col dorso delle mani: ‐ Ma io non lo seguirò. ‐ disse, finalmente placata ‐ Io posso restare qui, vero? ‐ Aurora annuì sconcertata e Barbara, rassicurata da quest'assenso, si avviò verso casa a passo spedito ‐ È così semplice, ‐ proseguì inoltrandosi nell'ombra del bosco ‐ non gli permetterò di diventare un guerriero di nessun tipo, non appena sarò certa della mia gravidanza, lascerò tutto e verrò a vivere quassù. Mio figlio avrà gli occhi azzurri, non gli permetterò d'esser diverso! ‐
La nebbia era scomparsa, muschi e felci riposavano tranquilli nella penombra e colonie di formiche trasportavano solerti gli aghi di pino, fino a formare colline tondeggianti; Barbara trovava tutto meraviglioso e faceva progetti di vita nella foresta, Aurora non sapeva se la spaventava di più questa quiete improvvisa o la disperazione di prima... era tutto così strano e la foresta si faceva sempre più fitta, man mano che s'addentravano sotto gli alti faggi. Aveva voglia di tornare alla sua grotta e di riposare un po'.
‐ Guarda, ‐ disse all'amica quando furono rientrate, davanti allo specchio di lucido argento, che raddoppiava generosamente la luce del giorno: ‐ Vedi? Anche noi ci somigliamo tanto, sciogli un momento i tuoi capelli e guardati... abbiamo identici occhi e simili membra, io sono la tua copia bruna... ‐ La voce le tremava, non poteva concludere la frase, era perfettamente convinta d'aver trovato una sorella e questa certezza la consolava, ma Barbara, al contrario, si staccò da lei inorridita: ‐ Naturale che siamo uguali, stupida! ‐ esclamò rude ed aggiunse con amarezza ‐ Siamo donne, nostro identico destino è partorire figli e tutte le altre cose che facciamo sono solo sciocchi giochi per ingannare l'attesa, ma gli uomini devono essere diversi tra loro, per poter esercitare diversi mestieri: il più forte sarà un guerriero, il saggio parlerà con gli dei, il bardo conserverà la memoria delle storie antiche e trarrà dall’arpa dolci melodie, il più agile e silenzioso caccerà, mentre il pavido dovrà rassegnarsi a raccogliere la legna e a lavorarla con le sue mani. Su queste differenze posa la pace in terra, guai ad abolirle! Anche in uno stesso gruppo di guerrieri, addestrati insieme, c'è varietà di compiti e temperamento e tutti naturalmente, obbediscono al loro capo. Ma due persone uguali, perfettamente uguali addestrate alla guerra in due diverse tribù, si dilanieranno, perché ciascuno vorrà essere il migliore. Queste persone uguali sono mio marito e mio fratello! ‐ la fissò un momento con odio e concluse ‐ Ma che puoi capire tu, nata e cresciuta fra i nani, dei miei più cari affetti? Maledetto il momento in cui te li ho confidati! ‐ e se ne andò.
Aurora rimase un po' immobile davanti alla grotta, guardando l'acqua, il sole ed il bosco come se li vedesse per la prima volta, poi, stremata dall'insolita camminata, si addormentò.
I giorni seguenti non aspettò più l'amica.
Dopo tanto ingiustificato strepitare Barbara si sarebbe meritata un po' di rancore, ma Aurora non arrivava a tanto, era semplicemente stanca. Tutto quel parlare aveva messo in un insopportabile disordine i suoi pochi, quieti pensieri proprio adesso, che il suo nuovo amore occupava la sua mente. Non progettava nulla per uscire ed incontrarlo, aspettava semplicemente che arrivasse. Non gli era forse stato riferito, preziosa informazione, che non aveva interesse per altre donne? Dunque era soltanto una questione di tempo.
Ora si destava felice alle prime luci dell'alba, si acconciava con gusto sottile i lunghissimi capelli, cantando sommessamente e saliva in alta montagna. Aveva scoperto che, saltando leggera da un sasso all'altro, lungo il letto del torrente che bagnava la caverna, s'arrivava in alto senza passare per il bosco, non condivideva il culto dell'amica per il verde: i nani le avevano insegnato che il muschio rende umide e malsane le caverne e l'istinto le indicava il bosco come una forza ostile.
Il cielo era azzurro, bianco, rosso, aranciato e grigio, grigie le rocce e nera la notte riposante, nella calda caverna, rosso era il fuoco e bianco l'argento con cui si fabbricavano i gioielli migliori e questi erano i colori del lino profumato dei suoi vestiti.
Barbara doveva essere pazza, l'umido della foresta ed i fantasmi degli animali uccisi le avevano appesantito l'anima; la sua invece era un volo d'ali leggere dentro al suo petto e talvolta, vicino alle cime bianche di neve, le pareva quasi che prendesse il volo. Ma non era tempo di volare adesso: doveva aspettare il suo guerriero dai grandi occhi d'oro.
Arrivò Barbara, invece, completamente inattesa, in una notte di luna piena, bianca e chiara come una giornata d'inverno. Giunse piangendo, senza scusarsi, fiera come il solito, ma più disperata ‐ È successo ‐ le disse a mo' di saluto ‐ me lo ha ucciso. –
Aurora si levò a fatica dal letto e per un attimo sperò che Barbara fosse soltanto un brutto sogno, entrato col profumo greve dei gigli selvatici, ma si rese conto presto che era l'amica in carne ed ossa, con una nuova storia triste da narrare. ‐ Romano è venuto a chiamarmi prima che sorgesse la luna: voleva mettermi in salvo prima che i suoi compagni mettessero a ferro e fuoco il villaggio, per aver mancato ai patti d'alleanza eterna appena giurata. Pare, ma non ho capito, che ci fossimo solennemente impegnati a rinunciare alla guerra, per coltivare non so bene cosa e che l'arrivo al villaggio dei nostri guerrieri avesse invalidato questo patto. Io ho detto la verità, che noi viviamo di caccia