Voler che un ateo la pensi come un credente (o viceversa) è una pretesa senza capo né coda. Ma quando entrambi si lasciano trasportare dal fanatismo o dalla voglia di fare il trombone, iniziano subito a parlare una stessa lingua, ossia quella della comune inciviltà e delle reciproche mazzate verbali.
Quel ch'è certo è che a me non piace credere o non credere a chi o alle cose a cui gli altri credono o non credono, o fanno finta di credere o non credere, solo per sentirmi superiore a tutti, oppure per essere alla moda o per crearne una tutta mia. Se oggi abbraccio una qualche credenza, discredenza o miscredenza, da domani non lo so. La mia palla di cristallo si è rotta, e io, senza di essa, non ce la faccio a prevedere nemmeno il presente.