L'ombra del tempo
Chi conta gli anni e li sente sulle spalle
li vive come un peso, una lenta condanna.
La voce che s’affievola, la mano che non stringe:
il genitore diventa un’ombra in cammino.
Si sommano i silenzi, i pasti, le cure date,
in un bilancio amaro di giorni affannati.
Si sogna la libertà, la casa infine quieta,
senza vedere il dono che il tempo ancora concede.
“Non ho tempo”, “Che tormento”, “Se almeno fosse breve”:
così risuona il lamento di un cuore già stanco.
Eppure altrove, dove l’aria è più sottile,
siede chi ha conosciuto il gelo in pieno aprile;
chi ha visto un volto caro svanire nel silenzio,
stringendo mani vuote senza un domani in mente.
Io, che ho perduto la sorgente della vita,
porto un’assenza muta, una ferita che non sana.
Darei l’anima, l’oro, ogni respiro che mi resta
per quella voce stanca, quella presenza discreta.
Per ascoltare ancora un racconto già sentito,
per una ruga in più, per un sorriso finito.
Per l’odore di casa dissolto nel ricordo,
per l’ombra di quel peso che io non ho mai retto.
Un peso che era radice, memoria, storia intera:
un tesoro fragile nella sua gloria vera.
Chi ha la fortuna di averli, li stringa e non li sdegni,
ché l’assenza non avverte, non chiede — ti trattiene.
E nel vuoto che rimane comprendi, con brivido profondo:
non esiste dolore più vasto d’un amore che non è più al mondo.