Quel sentiero per Strigari

La vidi percorrere i suoi sogni,
in un candido lamento,
diretta verso i mari argentati del silenzio,
guardo la mia faccia, e come un dolce pianto,
sconfinando i giardini della coerenza,
al di là della frontiera persa,
e vidi lei sotto una quercia,
immersa nei colori autunnali,
tra una foglia cadente e un sorriso di rassegnazione,
la guardai, e attraverso i miei occhi sorrisi,
uomini e bari percorrono le strade di questo mondo,
fermi, sorseggiano l’ultima bottiglia di birra alla fermata del tram,
e donne con trucco sgargiante,
trascorrono la notte aspettando l’uomo solitario,
percorro questi campi di grano,
era una notte schizzata di poesia
quando le labbra di lei baciarono le ferite di lui,
le promise che sarebbero andati al di là dell’oceano,
verso i sentieri bianchi della beatitudine,
verso un cielo di esplosione, felicità e rimpianto...
perso nella valle dei sognatori,
ho seppellito ogni peccato nella terra,
un viandante notturno,
tasche colme di tabacco,
stomaco traboccante di whiskey,
le sue scarpe consumate
da ogni strada percorsa, immaginata, svanita,
e la propria “consapevole inconsapevolezza”
lo portava a capire, quanto
la libertà, fosse solo un metodo per giustificare l’incoerenza!
In quelle notti cercava giustizia,
cercava ogni risposta e ogni senso all’inquietudine,
e all’alba di quelle notti,
restava fermo col suo incoerente malessere,
vuoto e sazio...
e l’ultimo pianoforte scordato
ricominciava a suonare,
ricordava gli occhi di lei,
e quegli occhi, in quell’istante, erano
persi a scrutare il volo di un gabbiano solitario,
impregnati di salsedine oceanica,
immersi nel suono di note zingare,
diseredate, smarrite.