1979: Napoli e i suoi "mestieri".

Oggi sono straniera in patria, proveniente dalle tranquille sponde del Cilento, dove l'auto si può ancora lasciare con le chiavi nel cruscotto e la porta di casa senza istallazione di meticolosi sistemi d'allarme. Sono a Napoli per risolvere una delle solite controversie personali tra conduttore e locatario. Ho condotto con me l'esperto del caso, ossia un idraulico di fiducia che saprà essere imparziale ma non condirà il "conto finale" con cifre astronomiche.Via Cilea si stende elegante ed affaccendata sotto i miei occhi mentre, dal sesto piano di quella che è stata la mia casa di bambina, ascolto distrattamente le considerazioni del mio inquilino. Sono richiamata all'ordine della precisa richiesta fatta dall'esperto:•"Mi occorre una bomboletta di gas per usare la saldatrice e delle mattonelle che si dovranno porre al posto di quelle che dovrò rompere... ”. Sembra facile! L'esperto mi guarda, io guardo mio marito e decidiamo di scendere in strada per risolvere i due problemi.La solita confusione napoletana ci accoglie appena giù. Dove trovare,in una città dove non si usano le bombole di gas per cucina il necessario per la saldatrice? Esponiamo il quesito (per noi degno della sfinge) al primo individuo scelto a caso e la risposta è immediata:—"esiste una botteguccia in Via… vicino alla ricevitoria de lotto. “‐ La strada da percorrere entrando in una stradina laterale non é lunga, ma camminare speditamente e impossibile, troppa gente, troppe macchine, troppo ingombro di merci (le più svariate) poste in mostra sui marciapiedi strettissimi della “Via" che in realtà e un vicoletto contorto. Lungo il percorso torniamo più volte a chiedere indicazioni e infine giungiamo alla meta:—una stanzuccia buia dal cui fondo un cane "pastore" vecchiotto e curioso ci fissa con occhi dolci. Il locale e zeppo di una quantità inverosimile di merce a carattere “casalinghi". Detersivi, bidoncini, tappi di sughero, imbuti, spremifrutta, matassine di cotone... avremmo,  insomma da scegliere. Il bancone è sommerso di prodotti.—“C'e nessuno?” Chiediamo. Ed in risposta, da un’apertura seminascosta giunge un uomo. Ha l'aria simpatica e gentile, ci guarda e aspetta di sapere quello che vogliamo da lui. Gli esponiamo il caso e lui, continuando a sorriderci, tira fuori da non so dove proprio quello che ci serve:‐ una bomboletta di gas per idraulici e saldatori munita persino della saldatrice.‐ "dobbiamo lasciarvi una caparra?" Chiede mio marito.‐“no... no… niente soldi, soltanto, per favore, riportatemela in giornata. “‐ Non posso non meravigliarmi della fiducia illimitata che sembra dimostrarci. Dopotutto non ci conosce e non siamo in un piccolo centro del Cilento! Per questo insisto perché accetti del denaro “in pegno, ma lui rifiuta ancora categoricamente e, proprio per accontentarci, prende l'indirizzo ed il cognome che potrei anche dargli falsificati.  Resta irrisolto il problema delle mattonelle di ricambio. Ne parliamo al nostro nuovo amico che ci dice subito:—"Andate da Don Vincenzo ad Antignano, basta passare per sotto il ponte di Via Cilea..."‐E' inutile dire che seguiamo il suo consiglio. Dopo un minuto siamo di nuovo in cammino.  Durante il percorso abbiamo l'opportunità di costatare l'esistenza di due "Don Vincenzo" di cui pero soltanto uno merita l'appellativo di "o'cavicaiuolo". Il termine vuol significare "colui che lavora con la calce" e forse se lo e meritato per uno dei suoi mestieri giovanili. Trovarlo non e facile, alla fine giungiamo in un vicolo su cui affaccia un palazzotto vecchio con "cortile". Il cortile, zeppo di materiale da costruzione,sembra reduce da un bombardamento di guerra: Calcinacci, detriti, mattonelle rotte e semirotte, pezzi di Water e cespugli di erbe polverose fanno da sfondo alla "passeggiata" di un gruppo di polpastrelli giovani e sporchi che cercano il cibo tra i rifiuti ed ogni tanto s’inseguono vicendevolmente per strapparsi qualcosa dal becco l'uno con l'altro. Non appena "entrati" (o dovrei dire usciti?) sul cortile,ci viene incontro un vecchio magro,dall'aria affaccendata che domanda:‐ “Da dove siete entrati?"‐ Ma poi non ascolta la risposta, tutto intento a cercare un "pezzo di antiquariato" per il giovane che lo segue. Risolto il problema giunge il nostro turno. Ci ascolta meditabondo e poi borbotta:‐ "Siete stati fortunati, e’ mattunelle nere nun se trovano cchiù"—E ci tira fuori da un mucchio un paio di questi "gioielli",ancora incrostati di cemento e calce. Poi si allontana. Lo inseguiamo per fargli notare che ce ne servono dieci e non due. Le scova dal mucchio e, rispondendo alla nostra `domanda, dice convinto:—"sono cinquemila lire". Io e mio marito ci guardiamo meravigliatissimi. "Si nun'e’ vulite nun v'e pigliate! si e voglio dà e dongo subbito, so’ ricercate e chisto culore, nun se trovano"‐ Ci previene lui. Finiamo per prenderne sette, anche se poco convinti. In quel momento si avvicina al vecchio un “tipo" sconosciuto che stringe tra le mani un astuccio a forma di pipa, ne tira fuori proprio una pipa, ma davvero eccezionale, in corno, sulla parte superiore porta scolpiti a tutto tondo tre puledri in avorio ingiallito, fatti proprio bene. Osserviamo l'oggetto con attenzione perché davvero lo merita e ci avviciniamo. L'uomo più giovane é molto soddisfatto del "pezzo" che ha appena acquistato da qualche parte,"Don Vincenzo" scrolla le spalle e si allontana brontolando. Non sembra apprezzare né l‘antichità né l'arte dell'opera. Restiamo soli con "l’antiquario" il quale rivolge uno sguardo di compatimento ai vecchio che si allontana poi dice convinto:• "Chillo, o' verite? Tene é miliuni! Ma nun sé gode! A vita nun so' e soidi"‐ Si rivolge a mio marito e con un gesto rapido gli sfiora la camicia bianca dicendo:‐ “A' vita é sta camicia, é a freschezza, e’ sta cravatta nuova" Poi, come un attore di De Filippo che conosca bene la sua parte rivolge la sua atténzione a me, cha attendo il secondogenito. Da un colpetto al "premaman" leggermente gonfio e aggiunge: "A vita è stu piccirillo cha adda nascere! Chesta é a vita"‐ Poi si gira a si allontana sorridendo con un’andatura leggermente ancheggiante. Napoli, l’eterno teatro di “Eduardo", non finirà mai di entusiasmarmi.