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È natale un'altra volta, Cricio.
Non c'è niente da fare.
Impossibile d'evitare.
Oramai è una questione quantistica.
Si sente nell'aria.
La predisposizione di tutti converge su determinate tematiche e cambia la normale percezione umore/lunatico/morale.
Fatto stratosferico a mio avviso.
Questa è una festività che ha molto da insegnare, Cricio.
No no non Gesù, la Maria, il bue, l'asinello eccetera eccetera. Quelli oramai dovrebbero semmai essere la scusa per capire.
Sì può fare veramente intendo.
Qui davanti abbiamo la prova concreta di quanto, agendo uniti, possiamo intervenire sulla situazione esterna.
«Come intervenire, Cappo?».
Insinuandoci fra gli elementi dell'ingranaggio, Cricio.
Andando ad ingrassare dove stride.
O forse perfino facendo ruotare l'insieme universale con i nostri sogni, Cricio.
L'unione mentale fra soggetti è un'arma, Cricio.
Io ne sono convinto.
E quest’unione mentale se solleticata risponde presente, Cricio.
Lei vagabonda in cerca di stati personali sintonizzati concentrici ed indipendentemente dal fatto le persone si conoscano o meno, riesce a scovarli ed unirli e dopo via insieme a cercare pari intenti e.
Ed allorché gli individui stimolati diventano assai assai e prendono "corpo" e coesione: ti sembrerà impossibile ma spostano e manipolano la postura e la coscienza dei luoghi e dei tempi, Cricio.
E quindi variano e cambiano, imponendo il loro palpito, anche il senso e lo svolgersi dei fatti.
Che, con la loro vibrazione, stravolgono gli equilibri tra i vari componenti sociali e se necessario li rivoltano pure su sé stessi.
«Peccato gli individui vadano ciecamente per i cavoli propri e non combattano mai totalmente le battaglie possibili, causa presunti bisogni che nascondono vizi di forma cui non s'è disposti a rinunciare, vero Cappo?».
Peccato sì, Cricio e peccato soprattutto non avere armi contro codesta tendenza, che io però chiamo malattia.
Trascorrono i millenni e siamo sempre meglio divisi, Cricio.
E nessuno sa che fare ovviamente bensì tranquillo, Cricio, ora sono arrivato io.
Lo che sa esattamente cosa non fare, Cricio.
«E cosa non facciamo, Cappo?».
Una volta sono andato al natale degli sfigati, Cricio.
L'avevano organizzato i senza tetto, gli sbandati ed i drogati, d'una mensa pubblica patrocinata da un'associazione caritatevole.
E l'avevano denominato così di persona, non è una mia presa in giro.
Ed avevano fatto le robe in grande, Cricio.
Striscione di benvenuto, cenone ricco, buon vino e scenografica vestizione del sotto cavalcavia.
Veli e tende e fuochi a ricreare intimità, in cui ognuno poteva inserire il contributo desiderato.
Ed erano arrivati addobbi impensabili, Cricio
ed un senzatetto apparve con un albero di natale particolarissimo, Cricio.
Dovresti averlo visto.
Un piccolo ciccione e sgangherato pino, di cartapesta e color verde variegato, alto un metro e retto su piedi calzanti stivaletto rosso; dai cui fianchi, del pino intendo Cricio, un po' dopo la mezz'altezza dipartivano due striminzite braccia che, mostrando inadeguatezza infinita, tentavano di reggere, di scheletriche mani e nulli muscoli, l'unica decorazione prevista, Cricio.
Un'enorme pesantissima palla fosforescente, Cricio.
Tre metri e venti di diametro, Cricio, ed incollata in equilibrio perpendicolare appena sopra la punta.
«Simpatico, Cappo.
Un artista?».
Te lo ripeto dovresti averlo visto.
Il corpo dell'albero stava praticamente pressato al limite dello schiacciamento e da un attimo all'altro pensavi sarebbe crollato vinto.
I tronchetti fungenti da gambette mimavano aperta e chiusa parentesi tonda ed il tipo, non contento, aveva messo inoltre degli occhi ed una bocca, peraltro piazzati benissimo, estremamente sofferenti.
«Una rappresentazione sarcastica della situazione dei festaioli, Cappo?».
Sì, Cricio e di tutti noi e della nostra malattia e quindi di ciò che non si deve fare, Cricio a. Accettare prendendola con ironia la.
La soluzione ai problemi unilaterali più demente, insulsa e contundente che ci sia.