Giulia & Max

Giulia si è appena svegliata.
Prova la sensazione di essere osservata e resta ferma. Sa già che ogni più piccolo movimento da parte sua, produrrà una reazione da parte di Max.
Sì, Max. Uno splendido rappresentante della razza canina che divide e condivide praticamente da sempre il suo piccolo appartamento, e come sempre aspetta di essere portato fuori a fare il primo quotidiano giretto al parco.
Lo osserva, è lì con il guinzaglio stretto tra i denti, con la testa inclinata da un lato, con l'evidente espressione che sottintende una domanda.
Lei si stiracchia pigramente e decide di alzarsi benché l'entusiasmo non la sostenga, non ne avrebbe proprio avuto voglia di alzarsi presto...
Da qualche giorno avverte un senso di malessere fisico, un'insofferenza che non riesce a vincere: sempre le stesse cose, la stessa vita, abitudini trite e ritrite.
Sono quasi le 8 ormai, infila la chiave nella serratura e fatica a chiudere la porta, Max ormai reso impaziente dall'attesa la strattona e lei ha quasi difficoltà a stargli dietro.
Sosta al chiosco per il consueto giornale, si avvia come d'abitudine verso il bar all'angolo dove è solita fare colazione: cappuccino e cornetto che ogni volta Max osserva golosamente.
La colazione è uno di quei momenti che la riportano con il pensiero a tanto tempo fa, ormai.
Era autunno e con ancora in mano l'ultima punta di cornetto, provò quasi un senso di disturbo, sentendosi osservata: davanti a lei un ragazzo con degli incredibili, scomposti riccioli arancio sulla fronte e due grandi occhi nocciola che la fissano. Finì velocemente la pasta e si avviò con Max alla volta del parco.
Diede una scorsa al giornale, seduta su una panchina mentre Max, lasciato libero dalla costrizione del guinzaglio, scorrazzava nel prato manifestando con pazze corse la gioia e la gratitudine per questo momento di libertà.
Sentì un fruscio che la indusse a voltare la testa e fu lì che lo vide: Una macchia arancione nascosta quasi tra il verde degli alberi e il grigiore plumbeo del cielo.
Era una chioma familiare, si avvicinò e le disse : "Scusa... prima nel bar... volevo solo dirti che c'era una coccinella sulla tua brioche".
Strano modo per attaccare bottone, eppure, si erano rivisti tutti i giorni poi con Marco.
Avevano preso l'abitudine di fare colazione insieme, di portare Max al parco insieme, a ridere, a scherzare, ad amarsi: si erano anche sposati e poi lasciati e poi...
E poi Marco era andato via, portando con sé il loro bambino, per il quale Giulia aveva sollevato mari e monti non ottenendo un bel niente...
Solo dopo moltissimi anni, aveva ottenuto solo che Marco, tramite una telefonata fredda ed incolore, l'avvisasse che suo figlio desiderava incontrarla.
Era in una fase di spasmodica attesa Giulia, una valanga di pensieri e di domande e di risposte l'assalivano travolgendola e lasciandola a tratti, pervasa da una grande gioia e a tratti sconvolta, si poneva delle domande, cercava di trovare delle risposte, tante cose non erano mai state dette, come sarebbe stato? Avrebbe capito che si trattava del suo bambino se lo avesse incontrato per caso? Cosa si sarebbero detti? ... Non c'era nessuno quella mattina al bar, aveva fatto la sua solita colazione, era andata a sedersi sulla panchina al parco.
Max scorrazzava libero e felice.
Qualcosa, un rumore, la distoglie dalla lettura del giornale e, proprio come moltissimi anni prima, una macchia di colore arancione tra il verde degli alberi ed il cielo plumbeo... Un ragazzo. "Scusa... prima nel bar... volevo solo dirti che c'era una coccinella sulla tua brioche!"