Il cesto delle occasioni

24 Settembre 1996

Forse c’è ancora ma di sicuro, una volta, c’era Cannellone, uomo tutto d’un pezzo e con le idee palesemente assai chiare...

Un giorno, cigolando il cancello semiautomatico che regolava il flusso dei passanti all’interno del residence in cui viveva, scomodò il Presidente della Camera dei Ministri affinché venisse adottato un piano di pronto intervento civile che istituisse una guardia giurata per ogni cancello del paese, al fine di evitare cigolii molesti.

Era necessariamente una di quelle persone che nella vita calcolano tutto, e di tutto fanno esasperate questioni, sanno tutto di ogni cosa, e di ogni cosa vogliono la perfezione totale, uno di quelli che impediscono all’erba di sbordare dalle aiole, ai fiori di perdere petali... A tal fine in effetti aveva proposto un referendum affinché il piano di pronto intervento prenarrato, provvedesse anche a raccogliere petali di fiori in appassimento, foglie di alberi in caduta libera e, già che si stava in ballo, anche il polline girovagante l’aria, prima che tutto ciò potesse toccare il suolo e quindi lordarlo.

Un autentico incasinatore dell’umanità: impossibile stargli accanto più che qualche nanosecondo!!!

Al mattino nel radersi con un affilatissimo e precisissimo rasoio laser con elementi di titanio, raccoglieva tutta la peluria depilata in un raccoglitore per la raccolta differenziata dei peli rasati, da non confondersi con quello per la raccolta dei peli sottoascellari piuttosto che da quello per la raccolta delle unghie neotagliate, diviso in tre ripartizioni: unghie semplici, unghie sporche ed unghie incarnite.

Tralasciando i dettagli relativi la pulizia rettale a seguito delle secrezioni relative, è curioso anche il sistema da egli adottato per l’impiego multiuso di stuzzicadenti usati, grazie ad un efficace sistema di lavaggio, disinfezione e temperatura dello stecco con conseguente raccolta dei trucioli dispersi che vengono poi rimpastati per ottenere assi portanti per la costruzione di ottovolanti ciclopici.

Un pozzo di scienza e cultura in grado di affermare le proprie qualità ovunque, contagiare il popolo, la gente, chiunque gli si avvicini. Veramente un esempio di perfetto meticolosismo e di ottimizzata essenza del buon vivere nel rispetto e nel calcolo di tutto e tutti, tu compreso.

Infiniti titoli di studio, lauree e diplomi pressoché di ogni cosa, facoltà o materia.
Un pozzo di scienza ma anche un essere garbato, educato, che tende al bene altrui prodigandosi in infinite opere di insegnamento ed addestramento, illustrando a chiunque il meglio per ottenere il meglio anche dal più peggio. Bello a vedersi, semplicemente perfetto.

Forte di questa sua talentuosa personalità, il Cannellone teneva un grosso cesto, detto il Cesto delle Occasioni.

Si trattava di un grosso contenitore in giunco colorato al fior di fragola, contenente (ma senza colonnello) numerose palline dipinte di nero, aromatizzate all’aceto... Ogni qualvolta avesse commesso un errore, una mancanza, non avesse affrontato un dettaglio di realtà con il massimo della tempestività od efficacia, ne avrebbe tolta una e, se un giorno le palline avessero mai dovuto esaurirsi, si sarebbe tolto la vita, in quanto avrebbe dimostrato a sé stesso ed al mondo un eccesso di imperfezione.  E’ evidente che questo rischio non si poneva, in quanto il suo essere era talmente saldo e fortemente preciso, che il rischio di errore non era neanche impercettibilmente ipotizzabile, e in effetti il Cesto delle Occasioni era sempre, da sempre, colmo sino all’orlo di palline di aceto nero.

E questa era anche una sua grossa vanteria: al Cannellone piaceva guardare spesso il suo cesto sempre pieno, dimostrazione che il suo perfezionismo non concedeva nulla all’errore, neppure involontario, e tutto era sotto il continuo e costante controllo del suo esercizio, delle sue attentissime attenzioni.

Passo’ quindi un giorno, di giorno, a ottimizzare la propria salute polmonare joggizzando su una spiaggia deserta, autentico spettacolo di prestanza atletica, fisica e biomolecologica. Correndo con ritmo perfetto e cadenze sopraffine, sviluppava una battuta plantare dei piedi sontuosamente liberi da calli, verruche, peli superflui ed odori molesti, semplicemente perfetta; la gestualità sportiva del suo corpo esprimeva una suprema ideologia dell’anatomia umana, il suo respiro metricamente cadenzato era un inno all’inspirazione ed espirazione polmonare, muscoli e tendini si contraevano ed estendevano con un superbo altalenarsi di elastiche contrazioni e senzatrazioni.

Qualcuno, nel vederlo, avrebbe per certo esclamato:

‐ Caspitello caspitino, ma che atleta sopraffino
Caspitino caspitello che prestanza da modello...
Caspitaccia caspitona che salute proprio buona
Caspituzzo caspitazzo ma che pezzo d’un ragazzo! –

Dopodiché trattandosi di una spiaggia deserta le siddette esclamazioni venivano semplicemente presupposte da chi, come me, sta spremendosi le meningi per cavare fuori la storiella...

Sicché
passo dopo passo, incedere dopo incedere nella salubre ginnastica mattutina, il Cannellone giunse al fine del proprio ciclo ginnico e si dedico’ alle altre sane abitudini quotidiane tra cui:
meditazione strascendentale secondo i paradigmi spagosofici del 700 europeo, contemplazione del proprio io attraverso la lettura interiore del proprio essere e non di quello altrui, aerobica, anaerobica e ginnastica anale a seguito della quale approfondito esame delle relative feci e del liquido orinale, prelievo e campionatura del sangue con relative diagnosi, controllo della vista udito olfatto e sensi vari, colazione ricca e proteica nonché vitaminica e integratrice di zuccheri primari e secondari, preghiere sul genere Ave Prozia e Padre Nastro, previsione del tempo per la giornata, l’indomani e i relativi prossimi 25 anni, pressione altimetrica e barometrica in assetto costante e variabile, e in effetti moltissimi altri test e consuetudini per la propria perfetta salute generale.

Nel volgere lo sguardo fiero verso l’orizzonte, si perdeva nello scrutare le onde, il nascere lontano, il loro lento e maestoso avanzare verso la riva, il loro infrangersi, la cresta spumosa che ribollendo e brillando si arrotolava su se stessa frantumandosi sulla scogliera, vaporizzandosi in spruzzi e schizzi che riflettevano l’arcobaleno.

Nel riempirsi  di tanta bellezza penso’ che per perfezionare la propria perfezione avrebbe in effetti dovuto riuscire anche a lui di profondere tanta possanza e significanza all’infuori di se’ e che comunque anche lui avrebbe dovuto provare l’ebbrezza di infrangersi su uno scoglio per riflettere i colori del sole e per prorompere la propria grandezza...

Decise di organizzarsi per farlo...

Dopo aver nuotato qualche dozzina di ore in direzione dell’orizzonte si sarebbe in realtà dovuto chiedere a che distanza si sarebbe trovato, all’incirca, l’orizzonte, e forse avrebbe potuto evitare la ricerca di un traguardo impossibile a destinarsi... Nuoto’ infatti ancora varie quindicine di mezzore senza porsi dubbio alcuno, anche perché non sapendo cosa fosse un dubbio non avrebbe qualsivoglia potuto porselo...
‐ Appena giungo all’orizzonte mi abbandono sul mare e vado spumeggiante verso gli scogli, ad infrangermi con fragore!  ‐

E nuoto’....

Giunse infatti, ma non all’orizzonte bensì alla sponda opposta del mare, vide la costa, le rive, le spiagge e gli scogli, ma non poté attuare il proprio desiderio, in quanto non era partito dall’orizzonte.
Si sedette pensoso sulla sponda opposta, dedicandosi ad un sapiente riposo adagiato sulla candida e tiepida ghiaia, guardo’ nuovamente il mare e si rese conto che non avrebbe potuto fare ciò che desiderava...
Le onde partivano dal limpido confine tra le acque e il cielo, ma lui non ci era riuscito!

Accompagnato da un inedito senso di leggera confusione dovette cedere alle evidenze e, rientrato nella propria dimora, distrusse una pallina di aceto nero.

‐ Poco male, pensò, ce ne sono ancora moltissime, e questo e’ solamente un episodio non ripetibile –

E in effetti ebbe poco a ripetersi, anzi, più che altro fu buon esempio e buon metodo di analisi e riflessione per nuove cognizioni del proprio essere, cosi’ nacquero valutazioni veramente significative alle già perfette (o quasi?) abitudini  e tendenze del Cannellone.

Ed ecco comparire geniali novità nel quotidiano di tutti i giorni, nonché importanti e determinanti idee, progetti e fatti a migliorare il presunto perfetto del proprio insieme.
Al mattino un gallo, collegato ad una gallina, dava la sveglia con tanto di benvenuto diurno e ovetto tiepido, al chicchirichire del gallo un prelibato meccanismo separava i componenti dell’ovetto triturando perlosì il guscio in particelle successivamente reimpiegate per la costruzione di silos antiatomici...

Nel frattempo sgorgava acqua tiepida dai rubinetti di casa e un sistema di lavaggio automatico provvedeva alla pulizia generale delle parti complesse, tra cui retropalpebre e zona interna dello sfintere, nonché di quelle meno complesse come viso, mani piedi e capelli, successivamente pettinati da un pettinatore elettronico e spazzolati da uno spazzolatore alimentato dal riciclo dell’acqua sporca, dopodiché asciugati e messi in piega da una asciugomessinpiegatrice aggiornata in tempo reale con i più attuali criteri dell’alta moda sulle acconciature. Importante quindi notare come ogni abito predisposto per tempo all’uso mattutino, perfettamente stirato ammorbidito, profumato e decontaminato da eventuali radiazioni nucleari e tossine microbatteriche, venisse indossato grazie ad un ingegnoso indossatore alimentato dal fetore della biancheria usata e dalla decomposizione degli scarti organici dello stesso Cannellone, per poi concludere la fase di sveglia con un rapido ma totale aggiornamento dei fatti del giorno grazie alla lettura simultanea di tutti i quotidiani del mondo di cui egli era abbonato, e dalla visione di tutti i TG e Radiotg mondiali dalla propria centrale di ricezione globale di qualsivoglia radio e televisione del globo.

Per non parlare della sua nuova bicicletta dotata di ogni buon comfort: dal salotto per gli ospiti alla toilette per signori e signore, nonché a quella per maschi e femmine.

E il casco per la moto, in grado di convertire le particelle di smog presenti nell’aria stradale in pura aria ionizzata d’oltralpe...
E il portafogli, in grado di convertire sistematicamente qualsivoglia banconota in valuta locale?

E le stringhe autoannodanti per le scarpe?

E le scarpe con doppia suola per salite/ discese?

E il cappelloautomassaggiante il cuoio capelluto con analisi continua della salute di ogni singolo capello, del coefficiente di caduta generale capace anche di provvedere con un sensore ottico interno a dare, quando ne fosse il caso, una spuntatina ?

L’ineccepibilità era la sua regola e il tempo trascorse un po’ sin quando, nella salubre brezza del mattino, incontrò mentre ritmava un cadenzato passo di footing, un bambino che raccoglieva conchiglie lungo la rena… fece una pausa stimata in 2 minuti e 43 secondi e 5 decimi per chiedere al fanciullo cosa stesse facendo

‐ Non lo vedi, vecchio mammalucco? Raccolgo le conchiglie ! –

Rispose, educatamente, il simpatico marmocchio

Dopo aver stimato la direzione del vento grazie alle sue sopracciglia tattili e quantificato l’umidità dell’aria grazie alle funzioni igrometriche dei peli pettorali, il Cannellone replicò:

‐ E’ un passatempo molto interessante… posso aiutarti a perfezionarlo ? –

‐ Lasciami in beata pace brutto bambascione… e stai zitto, chè devo ascoltare il rumore del mare –

Così simpaticamente replicando, il ragazzino pose una grossa conchiglia all’orecchio, e sembrò perdersi in una melodica armonia di suoni.
Il Cannellone, incuriosito, si avvicinò per ascoltare anch’egli ma il bimbo, infastidito, lo allontanò…

Il tempo di break era scaduto, così riprese la propria corsa mattutina ma il calcolo dell’incedere dei propri passi rispetto all’angolazione del piede in incidenza sulla sabbia rapportato all’asse di curvatura terrestre in concomitanza del calcolo della marea era diventato impreciso, in quanto visibilmente deconcentrato dall’episodio appena accadutogli.

Capitò così di inciampare in un grosso conchiglione rotolando al suolo e insabbiandosi di conseguenza la perfetta delineatura del viso… un incidente!

Cosa mai vista, né capitata… come aveva potuto distrarsi, deconcentrarsi, perdere tempo e ritmo nella perfetta cadenzatura della sua corsetta?

Pensò gravemente che questo errore avrebbe costato una nuova pallina di aceto nero, la seconda… e questo stava per demoralizzarlo oltremodo senonchè, rimirando la conchiglia in cui era appena inciampato, provò l’immediata necessità di replicare l’atteggiamento del bambino, la portò verso il sontuoso orecchio sinistro e rimase stupefatto da ciò che sentiva: il rumore del mare, il fragore delle onde, l’immensità delle acque sembrava racchiusa nel minuscolo spazio interno di quel guscio arrotolato senza particolare logica geometrica. Ascoltò ancora, e lo spazio interno della conchiglia sembrava moltiplicarsi all’infinito trasmettendo il senso della grandezza delle cose, il boato del tempo, il silenzio dell’abisso, il sussurrato bagliore del sole che sorge e che tramonta, l’acqua, la pioggia, il cielo, l’arcobaleno, le nuvole e le stelle sembravano parlare dal nulla…

Qualcosa di più grande ed intenso sembrava sfidarlo nuovamente… sempre lui, il mare, un frutto del mare, la sua imponenza, il senso di orizzonte senza fine e moto interminabile, una nuova sfida, un nuovo modo di migliorare, di vincerla, la rivincita… finalmente!

Cercò di replicare quel mondo di suoni ed atmosfere racchiuso nella conchiglia gonfiando il petto ed inspirando circa 2,3 litri d’aria balsamica, protese le braccia verso il cielo perfettamente perpendicolari all’orbita della terra intorno al sole, curvò la schiena in avanti al fine di creare un coseno interno esattamente pari a quello relativo la stratosfera in rapporto alla ionosfera, gonfiò i muscoli immettendo una forza di 56,45 Joules al secondo, spostò la carotide verso l’alto di un numero di millimetri pari al logaritmo del peso specifico del titanio fratto il numero di molecole componenti una cellula di zanna di elefante, spiccando quindi un salto di 48 centimetri meno la differenza tra la distanza in parsec della terra dalla prima supernova e la velocità di propagazione di un fulmine all’interno di una massa gassosa, aprì la bocca emettendo un suono possente e roboante che tuonò intorno con magnifica potenza e possanza…

‐ Ci sono riuscito, come sempre! –
Esclamo tra sé e sé con scontato compiacimento… In quella, alle sue spalle, un gregge di pecore nere corse quasi impazzito verso l’acqua, tuffandosi in mare.

Un fenomeno raro, quasi unico… ma mentre contemplava questo strano episodio, il bambino gli tornò appresso redarguendolo:

‐ Tu non sei il mare, non puoi essere, fare, competere con qualcosa di immenso e grande che appartiene alla grandezza del mondo, di tutti noi, non sei nulla confronto alla grandezza di una grande cosa, la tua arroganza ti porterà a consumare il tempo della tua vita, in una inutile sfida persa in partenza… ‐

Perdere… la sfida… una sfida… una sconfitta … ???
Non erano assolutamente pensieri in grado di coesistere nelle molecole cerebrali del Cannellone senza provocare una tempesta di contraddizioni e stimoli violenti, alla rivalsa, alla supremazia, all’affermazione di sé al mondo e sul mondo, su ogni parte di ogni cosa, ogni parte del mondo, sul mare, in quanto parte del mondo, parte di una sfida, quell’unica sfida che lo aveva piegato, ad oggi, già ben due volte

Cominciò dignitosamente con l’assolvere il suo debito, lanciando al mare la seconda pallina di aceto nero dalla sua cesta…. Ma il bambino intervenne nuovamente…

‐ Devi lanciarne un’altra, perché hai cercato di imitare il rumore del mare e hai solamente prodotto il suono di un richiamo per le pecore! –

Amara constatazione … la sconfitta stava bruciando in duplice maniera … e partì così anche la terza pallina, cancellata dai flutti, dalla schiuma delle onde che la squagliarono in pochi istanti
Ci fu un breve attimo di silenzio e riflessione, il poderoso umano si sentì pervadere da un malcelato senso di incognita difficoltà, un alone impercettibile di insicurezza e impotenza… da cui cercò di reagire… si impose di contrapporre la propria determinazione per vincere questo unico ostacolo mai incontrato nella sua inappuntabile esistenza.

Si tuffò quindi con grande determinazione contro la cresta delle onde più alte, trapassandole con grande precisione da parte a parte, atterrando nell’acqua spumeggiante con una perfetta carpiatura del dorso avvitato sull’area lombo‐sacrale, penetrando l’acqua che ribolliva sulla risacca e inarcandosi perfettamente al fine di rendersi idrodinamico al massimo livello… le onde si infrangevano sulla riva, sabbiosa a tratti, in parte irta di scogli tappezzati di frutti, alghe, molluschi, piccoli crostacei dalle mille zampe che camminavano incerti tra gusci di cozze e filamenti vegetali, tra stelle di mare e granchiolini trasparenti, quasi evanescenti… il sole si infuocava riflettendosi sulle mille frange della superficie accarezzata dal vento senza barriere, brillavano i raggi che via via si disperdevano tra cielo e mare creando un’unica armonia di colori, raggi di mare, onde del cielo, nuvole arricciate e sfilacciate che fondevano i colori del mondo nel dipinto del tramonto, accompagnati dal battito d’ali di un gabbiano solitario, dal frenetico rincorrersi di mille tremolii luccicanti e palpitanti, sopra e sotto, mentre la terra diventava tutt’uno, il cielo e il mare, lo spazio e gli abissi in una sola fusione di insiemi, di parti dell’infinito che armonicamente guidavano il tempo e i frammenti del tempo verso l’argento della notte, verso quella parentesi di sogni, silenzio, abbandono che accompagna ogni essere al richiamo del riposo e dell’amore… 

In questo silenzio perdiamo ogni traccia di uno sconosciuto resto decomposto reso su una spiaggia lontana, mesi, anni dopo… corroso dalla salsedine e dal freddo, dal sole, cibo per parti di un ecosistema marino, dissolto in brandelli di plancton e bocconi succulenti per pesci notturni, indefinibile insieme di avanzo organico, scheletro di se stesso, del nulla, del nulla che viveva dentro di sé, che lo riempiva, lo alimentava, lo condannava….

Cala lentamente la marea verso il tardo giorno di un qualunque momento, nel morbido ripetersi di un dolce sciabordio piccole onde lambiscono la sabbia dorata, fine e calda, dove l’impronta di un bambino che torna verso casa si dissolve poco a poco, granello di sabbia dopo granello di sabbia, ricomponendo un tracciato eterno come la storia della vita, un mosaico fatto di infiniti tasselli composti e guidati da un unico progetto di insieme, dall’armonia dell’essere, del mondo, della terra, dello spazio, del tempo… nessuna sfida, nessuna distinzione, un unico insieme di mondi congiunti e realtà interfacciate nel grande, indivisibile disegno…