Il tubo di Tubik

Invenzione dell’anno per 1.550 anni consecutivi, Oscar del passatempo ambiguo per lustri interi, medaglia d’oro per 48 edizioni consecutive alle Olimpiadi del gioco non lineare, Nobel per la fisica, la matematica, la bioingegneria inframolecolare 100 anni su 100…  Un intero palazzo adibito a conservare ed esporre in sana presenza tutti i riconoscimenti, i premi, le insignità vinte, ricevute e recepite da questo sensazionale e geniale nonché polivalente elemento di svago: il Tubo di Tubik.

Non si sa se l’inventore del Tubo fosse qualcuno chiamato Tubik… o se l’inventore di Tubik fosse qualcuno chiamato Tubo.

Fatto sta che intere generazioni di Teste Quadre sono impazzite per questo gioco moltopiuche gioco, per questo svago moltopiuchesvago, per questo rompituttelemeningi che ha stravolto integralmente economia, assetto commerciale e angolo di incidenza del magnetismo locale.

Nel Quadrilatero di Quadrakistan: quattro isole quadrate disposte a quadrilatero nel mar Quadrato (cosiddetto per le caratteristiche onde quadre che consentono agli abitanti locali spettacolari  evoluzioni sui tipici rettosurf locali (cosiddetti per la caratteristica capacità di planare ad angolo retto sulle onde quadre)).

In Quadrakistan la gente è vissuta da sempre senza particolare attenzione né al divertimento né al passatempo divertente, e men che meno più che lo più.

La parte occipitoparietale di questi abitanti, a conseguenza di questo, si è sviluppata secondo la più diffusa forma geometrica locale: il quadrato, assumendo nei secoli dapprima sembianza parallelopipeidale poi, via via che il mio amico Darwin sviluppava le sue gags sull’evoluzione della specie, ecco che il cranio locale ha assunto la definitiva forma quadra che tanto ora lo caratterizza. 
Da qui il famoso detto: ‐ Testa Quadra! – che indica una persona con la testa quadra.

Lineamenti quindi un po’ spigolosi, accentuati peraltro da baffi e sopracciglia pronunciati perfettamente perpendicolari alla tangente del naso; questo per fortuna solo nelle donne.
I maschi invece hanno sviluppato le famose palle quadre che fanno da cornice ad un elemento organico previsto per la riproduzione sessuale un po’ complessa, invero, in quanto anch’esso quadrato.
Questo impone che il coito locale sia monostile: un prontuario prontamente diffuso dalla diocesi locale illustra l’unica possibile posizione per realizzare opere di riproduzione della specie e lì, neanche a volerlo che ti entra in un modo diverso, anche perché eventuali altri buchi disponibili hanno la stessa rigorosa geometria.

Più semplice, certo, ma poco creativo anche se in mancanza di alternative la monotona posizione del Pintoretto (noto autore di quadri sulla paesaggistica del luogo che per primo ne aveva raffigurato su un depliant la dinamica calcolando esattamente l’angolo di incidenza della cappella rispetto al coseno clitorideo) era comunque considerata un fantastico ed irripetibile momento di esplosione interiore.

La vita in Quadrakistan era certamente semplificata da un insieme di usi, costumi ed usanze, in parte dovute alla precisa e rigorosa linearità di cose e persone, in altra parte dalla mancanza di stimoli, forme diversive di piacere o di interesse, desideri, idee, ideali, obiettivi della popolazione indigena.
Sotto un cielo stellato dalla vaga sembianza cubiforme, le quattro isole disposte a quadrilatero erano caratterizzate da grossi massicci cubici centrali, spruzzati di neve dal cristallo quadro, poco adatta per sciare ma utilizzata tuttavia per la realizzazione di semifreddi tipo cubo‐profiterol, quadro‐gelato, sorbetto‐4lati.
Gusto rigorosamente ed esclusivamente pancarrè.

Grande attività sportiva agonistica: ogni quadrimestre si svolgeva un quadrangolare di cubismo, l’unico sport praticato e quindi molto seguito in cui i giocatori, disposti secondo il famoso schema 2x2=4, facevano strisciare un cubo di cuoio sul quadrato di gioco sinchè il cubo stesso entrava nel quadro di una delle due s‐quadre. A quel punto veniva assegnato un lato alla squadra autrice del punto: al quarto lato lo stadio esplodeva di gioia per la realizzazione del perimetro finale. A questo punto si tiravano i dadi e (pari o non‐pari) si assegnava il vincitOre che in genere era una delle due s‐quadre. A volte invece vinceva il pubblico ma non siamo ben documentati sul come questo accadeva.

A scuola, tutto molto più semplice: in matematica e geometria poche formule essenziali per sapere tutto: area, perimetro e diagonale del quadrato erano gli unici argomenti affrontati. Per il resto: storia del quadrato, geografia locale, disegno di quadrati su fogli quadrati, psicologia del quadrato e sociologia quadrata dell’anatomia individuale.

Piatto tipico locale le tipiche zollette di mais geometricamente ineccepibili: quadrate.
I villaggi, su planimetria quadrata, erano divisi in riquadri a loro volta suddivisi in sottoriquadri: al centro di ogni sottoriquadro abitavano i migliori fotografi del paese, erano loro infatti, specialisti in inquadrature, a mantenere il controllo politico del paese: dei veri privilegiati! Gli era infatti concesso il particolare beneficio di avere una esenzione plenaria dalle spese di manutenzione dei calli sottoplantari dei rispettivi piedi.

Per alcuni anni una ganga di malviventi aveva creato qualche dissapore all’interno della comunità: mettendo a soqquadro gli ambienti statali avevano infatti provocato panico e terrore ma poi tutto è tornato nel quadro dei quadri generali grazie alle milizie locali.

Non sappiamo definire questo insieme come ideale o funzionale, ma di fatto la realtà del Quadrakistan e della sua gente era questa, un po’ monotona, o forse, semplicemente… troppo inquadrata per consentire un progresso sociale in linea con il passare dei secoli. Si poteva sicuramente fare di meglio ma mancavano al tempo stesso i presupposti geometrici per poterlo fare: tutto orbitava intorno ad un ristretto patrimonio di conoscenze fisiche, storiche, chimiche, culturali radicate nel tempo da sempre quale unico patrimonio conoscitivo del Paese.

Mattone su mattone, cubetto su cubetto, dadino su dadino, Latoperlato (si pronuncia lato per lato e non lato perlato ) giocava sin da piccolo alle costruzioni destinate allo specifico uso di rompicapo: creava cubi di circa 100x100cm disponendo mattoncini cubici di manganato di titubo ( una sostanza chimicamente definibile come quadrato di manganesio con elementi di titanio cubico ) che andavano poi demoliti a testate sin quando il cranio non risultava sufficientemente fracassato; chi riusciva a rompersi il capo nel minor numero di tentativi stabiliva il rispettivo record prontamente omologato da una quadrigiuria di quattro giudici purchè probi e retti. Si trattava sicuramente di uno dei più diffusi passatempi locali ma a onor della verità erano rari i popolani che, intrattenendosi con questo trastullo, dichiarassero di ricavare particolare divertimento o piacere.
Di fatto quello era e quello restava.

Latoperlato devolveva i proventi derivanti dalla vendita del suo gioco all’associazione a favore dei venti stagionali ( da cui il termine ‘proventi’ ) : era una specie di cooperativa che studiava il moto delle masse d’aria attorno all’arcipelago con lo scopo di prevedere il tempo ( da qui il termine meteorologia, ma non sappiamo bene il perché di questo etimo ).
In cambio di questa donazione pro‐venti riceveva il diritto di respirare come meglio credeva: inspirazione ed espirazione o viceversa, come meglio preferiva: un autentico privilegio!

Mentre collaudava uno dei suoi cubi eseguendo test di resistenza nonché crash‐test con una riproduzione in scala reale di cranio di rinoceronte ortogonale però, scoccò una scintilla che provocò una insolita reazione negli elementi chimici che costituivano i mattoncini: ne derivò una catena di esplosioni incatenate con relative esalazioni di vapori e nubi tossiche che avvolse il Paese per circa sette settimane e mezzo ( da cui il famoso film ).

Gli abitanti se ne stettero chiusi sigillati all’interno delle proprie abitazioni mentre si aspettava il termine di questa catastrofe ambientale, ma il peggio doveva ancora venire: quando infatti sembrava che le esalazioni tossiche legate alle esplosioni stessero per dileguarsi, ecco una improvvisa fiammata multicolore comparire nel cielo! 
Le nubi si erano infatti condensate rifrangendo all’interno delle proprie molecole vaporose la luce del sole, e un incredibile fenomeno atmosferico lasciò salato lo stupore di chicchessia…

Un arco multicolore balenò da un orizzonte all’altro delle quattro isole provocando fenomeni di isterismo collettivo ma, soprattutto, una destabilizzazione interiore di tutti i Quadrakistani letteralmente sconvolti alla vista di quella insolita forma contronatura: una specie di semiquadro senza angoli, senza spigoli, senza geometrico rapporto di linee perpendicolari tra loro! Impossibilitati a concepire questa incredibile astrazione dalle loro conoscenze storiche in molti caddero in un vertiginoso abisso di follia, esplose come un’epidemia un senso di panico turbolento e incontrollabile, ci fu persino una crisi economica che portò ad una rapida recessione generale: sembrava la fine!

Latoperlato cercò di non perdere la testa e, quale responsabile di questo gravissimo episodio che rischiava di compromettere l’intero paese provò a studiare il fenomeno ma nessuno strumento era in grado di rilevare questa forma sconosciuta, darle una unità di definizione, misurarla, riprodurla, analizzarla…

Il cubo di mattoncini di manganato di titubo si era pressoché liquefatto e ora, rapprendendosi, aveva una massa informe. Il peso specifico sembrava invariato, la densità molecolare pure, eppure una misteriosa logica impediva di definire qualcosa che, non essendo quadrato o cubico (quadrato per quadrato) esulava dal patrimonio di conoscenze personali. 

Provò dunque a modellare l’impasto liquefascente a sembianza del misterioso ponte di luce multicolore che, pian piano, svaniva dal cielo: ottenne un oggetto impensabilmente strano, forse pericoloso: lo chiamò Tubo in quando derivato da un cubo di Manganato di Titanio, e cominciò a studiarne le mille incognite, quella forma tondeggiante che non concedeva la possibilità di rapportare un lato con l’altro… comunque lo giravi tra le mani era sempre identico, il sopra era uguale al sotto e sottosopra era identico a soprasotto!

Un po’ intimorito ma al tempo stesso affascinato dallo spirito del ricercatore si barricò sconcertato da questa scoperta alla ricerca di un insieme di risposte: alla ricerca di un maledetto perché…

Provava strane sensazioni nel guardarlo, nel toccarlo, nel farlo rotolare sul palmo delle proprie mani, nell’accarezzarlo, nel girargli attorno con lo sguardo e con la mente, cercando di specchiarsi come se potesse riflettersi in qualcosa di diverso, nuovo, sconosciuto eppure reale… nelle sue mani!

Provava immense sensazioni, rivedeva la sua storia e la sua vita come scollarsi dal quadro in cui erano state dipinte, si rese conto che le proprie idee davano spazio a delle associazioni mentali più libere e ampie di quelle di sempre… Pensò fosse un oggetto capace di dare saggezza, sapienza e conoscenza, libertà e immaginazione…

Lo mise sul mercato.

Al centro della piazza locale in cui si svolgeva il mercato con relativo scambio di merci e beni, pose alcuni Tubi su di una bancarella… il popolo dapprima fuggì terrificato a quella vista ignota poi, con curiosità si riavvicinò prudente e quatto.

Un bambino riuscì ad allontanarsi d’improvviso dalla propria mamma e ne prese in mano uno… gli cadde per terra, rotolò…!
Stupore e paura, meraviglia e caos, ma il bimbo sorrise divertito, tutti lo guardavano… il Tubo rotolava ancora e tutti si illuminavano di nuovo. La bancarella fu presa d’assalto e i Tubi andarono a ruba.

Latoperlato aprì un impero industriale sulla fabbricazione di questo gioco‐passatempo incredibilmente ricco di sensazioni, stimoli, piacere…

Con il Tubo di Latoperlato era possibile creare, vedere cose nuove, tenendolo in mano si eseguivano fantastiche operazioni di marketing multilivello, si vedevano con la propria immaginazione spettacolari film olografici, si studiava l’astronomia e l’astrologia, la meteorologia e l’orologeria, il tempo, la storia, la vita, l’anatomia, la biochimica, la biotecnologia infrasettimanale, lo spazio e l’energia, il proprio corpo, il proprio spirito. La mente si apriva a nuovi orizzonti, il desiderio di essere e di vivere, di vedere, capire, scoprire, riscoprire, liberarsi da un’unica ipotesi di soluzione esistenziale.

L’impero di Latoperlato crebbe al punto che divenne un intero Stato autonomo e ricco: venne chiamato Tubik e, dopo essersi gemellato con varie località mondane in tutto il mondo tra cui Dalmine, comiciò ad esportare questo rivoluzionario prodotto ovunque riscontrando un successo pressochè universale.

Questo spiega forse, perché, le Testequadre fossero così impazzite per questo oggetto semplice ai giorni nostri, ma interamente sconosciuto allora all’umanità intera.

Si dice, leggenda o non leggenda che sia, che grazie a Latoperlato e alla sua geniale e coraggiosa scoperta, l’uomo abbia scoperto valori immensi per le sue chances di progresso nei secoli a venire: la possibilità di scoprire cose nuove, la possibilità di cambiare, la ricchezza delle mille forme di migliaia di cose, la diversità e la libertà, potersi esprimere, pensare, vedere, ragionare, aprirsi…

Forse ancora oggi, prendendo in mano un piccolo cilindro anche di materiale plastico o di banale e volgare metallo, possiamo provare ad apprezzare molte cose che non vediamo… chiusi in una scatola inesistente che noi chiamiamo a volte abitudine… a volte esperienza.