Il volo

Aeroporto di Fiumicino, 3 febbraio 2006

Gli aerei passavano di continuo sopra la sua testa mentre la coda delle macchine si faceva sempre meno impegnativa. Viola stava andando da lui e lo faceva per la prima volta da sola.
Viaggiava verso Fiumicino, e senza rendersene conto, oltrepassava quello che fino ad allora era stato il suo limite più grande. Lei conosceva per filo e per segno il suo Paese, lo comandava a bacchetta, ne era la Regina. Niente la spaventava nel suo regno. Lì si era laureata, aveva trovato il lavoro per cui aveva studiato, sempre lì aveva intrapreso le passioni che coltivava, la danza fin da piccola, la fotografia da molto meno tempo. Insomma tutto ruotava intorno a lei, tutto quel piccolo mondo era ai suoi piedi perché lei lo aveva conquistato. Adesso stava per fare una cosa che non aveva nemmeno una volta contemplato di fare... partiva da sola con la macchina, doveva arrivare all’aeroporto, trovare un parcheggio sicuro per 4 giorni, raccapezzarsi fra il check‐in e i gates per non sbagliare volo…  insomma tutto era nuovo per lei. Non che sia una cosa difficilissima, ma per lei era davvero un grande salto.
Questo pseudo‐coraggio, appreso in quel mitico viaggio in macchina senza passeggeri, le parve come un gran respirone a bocca aperta di adrenalina pura. Mancava ancora un’ora all’arrivo a Fiumicino, si era accesa una sigaretta che le facesse compagnia ed ascoltava meticolosamente ogni parola di “pelle” degli Afterhours. Sembrava la scena di un film, lei si sentiva molto bella in quel momento, tutta con gli occhialoni alla rock‐star un po’ dannata, il cicchino fra le dita, la musica a palla. Si girò leggermente sulla sua sinistra mentre una macchina le stava per passare accanto. Il tipo al volante si era sporto visibilmente dal finestrino e in un secondo aveva arricciato le labbra verso di lei proprio per… sputare la cingomma ormai disidratata di zucchero! no ma come ci deve essere un errore,!...no no proprio così, per sputare un chewing gum! in un nano secondo Viola si era fatta un viaggio assurdo che quel tipo si stava sporgendo con le labbra arricciate, mentre intanto il suo ego si era fatto sazio di auto‐stima, perché stava chiaramente, dopo averla vista e scrutata così bella, (non solo accattivante fuori, ma sicuramente l’aveva colpito il suo alone di mistero del tutto rock and roll), per spedirle in maniera fichissima e elegante, un bacio dalla sua auto! Viola che si aspettava veramente un bacio, rimase a bocca aperta per un piccolo periodo e subito dopo, girandosi nuovamente verso la strada davanti a sé, si colse nello specchietto… e dopo un attimo scoppiò a ridere…
Rise da sola come una scema, e provò gusto nel farlo, forse era la prima volta che rideva con se stessa, tutto sommato non era un’amica da buttar via. Ridevano insieme lei ed il suo ego, e procedevano verso quell’aereo che l’avrebbe portata dal suo unico amore. Vi’ si rese conto che era bello viaggiare da sola e confrontarsi con gli altri senza che nessuno possa intercedere per te, ci sei solo tu e la strada, tu e tutta la realtà delle cose accanto, non c’è filtro solo “direzioni”, verso cui ti senti sospinto e non sai nemmeno tu dove trovi il coraggio per scegliere quale prendere. Lei aveva le idee chiare, se non fosse stato per Mì lei quel viaggio verso l’aeroporto e poi l’aereo da sola,…forse sì l’avrebbe fatto prima o poi, ma francamente più ci pensava e più non trovava altri motivi per cui si sarebbe potuta spostare in solitudine. Viola arrivò all’aeroporto, trovò il parcheggio che un parente le aveva indicato, e grazie ad una ragazza molto carina che le fece vedere la strada, trovò anche il capolinea della navetta che l’avrebbe portata all’aeroporto.
Prese la sua valigia a pois marrone con le palle celesti, e scese davanti all’aeroporto.
Dio quanto era grande e futuristico!… Per prevaricare quel senso di grandezza un po’ opprimente per lei, si dette un tono da vera donna, tirò indietro le spalle, alzò il petto, testa alta, pancia in dentro e così via… e finalmente entrò.
Trovò per prima cosa uno di quei carrellini fantastici che Viola pensò subito, salvano dalla scoliosi quelle che come lei hanno bisogno di avere tutto sotto controllo, e che perciò in vacanza si portano dietro il mondo intero.
Ci appoggiò le sue borse e infilò l’i‐pod a farle compagnia. Girovagava per i lunghi corridoi cantando a voce alta, le canzoni solite dei Verdena, degli After, dei Massive Attack, Vinicio, De Andrè, Battiato, Guccini… e molti altri ancora. Fatto il check‐in si fermò ad un piccolo bar.
Viola è lì e si sente in un film… il suo film, quello che ha sempre sognato… un amore da pazzie, e ora è lì a farla per davvero. Dopo aver mangiato una brioche, bevuto un succo, e fumato una sigaretta, decise di chiamarlo per sentire la sua voce. “Amore! Oddio non vedo l’ora di vederti…”.
Vì adesso era felice perché aveva riconosciuto un tono raggiante, aveva voglia di abbracciarlo, di dargli un abbraccio cosmico, un abbraccio che avrebbe dovuto riempire il vuoto di questi mesi. Questo vuoto era stato pieno di magia, di equivoci per colpa di quel maledetto Messenger, di fraintendimenti e di risate. Le sembrava tutto ad un tratto la pellicola di un film vista al contrario che torna indietro velocemente ma su cui le immagini sono ben definite!
Quanta voglia aveva di vederlo, quasi smaniava, e al contempo sapeva che le ore da quel momento all’abbraccio sarebbero sembrate ancora più interminabili.
Mentre la gente la osservava da vari angoli, Viola si sfregava le mani, e fotografava in qua e là i personaggi dell’aeroporto.
Ad un tratto il suo gate si aprì e tutti i passeggeri si accodarono per incamminarsi verso l’aereo. Si alzò anche lei e proseguì nella stessa direzione.