Un posto accanto al finestrino...

Kikko si sveglia, apre gli occhi di soprassalto, guarda la luce fuori… e “cazzo la sveglia!”, si alza vorticosamente, fa il doccino rituale del ripiglio, saltella mentre si mette i pantaloni e poi corre a fare colazione. Questa fase della mattinata è per lui un rito al quale per niente al mondo vorrebbe rinunciare, e, infatti, quando rientra di notte a casa fradicio e pieno di niente, se non di birra e di chupiti, la prima cosa che pensa buttandosi sul letto vestito è: “Boia dhé, domattina non ce la faccio nemmeno a fa’ colazione…”.
Così di fronte ad una tazza di tè, scopre il gusto di svegliarsi la mattina e andare a lavoro un pochino più contento, perché alla fine lui ha trovato il suo equilibrio, la sua casa di amici, il suo lavoro “perbenino” dietro ad una scrivania, una ragazza a cui vuole bene, perché gliene ha sempre voluto. Per le passioni non c’è spazio, d’altronde prima di tutto bisogna pensare a trovare… a trovare… a trovare… aspetta un attimo?! ma che cazzo sta cercando Kikko?! E da cosa era scappato?!
Vabbè, lui non se ne preoccupa adesso è troppo intento a guardare dentro la sua tazza di tè mentre chiude a panino le macine, le inzuppa, dà un primo morso, poi un altro e infine lascia l’ultimo cadere dentro la tazza e lo guarda attentamente galleggiare, poi, appena quel gustoso boccone comincia a dare segni di cedimento comunicando attraverso le bollicine che cominciano a formarglisi intorno, prontamente con il cucchiaino, lo avvolge e lo carica come un estremo salvataggio. Adesso sì che è contento.
Corre in camera, e fruga in ogni dove. Una lettera trovata in una tasca di un giacchetto mentre cerca frettolosamente degli spicci e qualche euro per comprarsi il panino per il pranzo in tutte le tasche dell’armadio, è la sorpresa di quella mattina… non può credere ai suoi occhi… Celeste?! La infila in tasca, si precipita giù per le scale e corre in direzione della metro. Riesce a salire al volo e finalmente si siede impassibile al finestrino, perché per la prima volta in vita sua, forse, ha trovato “un posto”. Un attimo di respiro per riprendersi da questa incredulità… una lettera di Celeste; guarda giusto la data per rendersi conto che non è stata scritta ora, ma mesi fa e impulsivamente la infila di nuovo in tasca. Iniziano a riaffiorare i ricordi, le emozioni di quei tre giorni, quanto si sentiva combattuto, ma quanto, in realtà, la desiderava con tutto se stesso quella donna?
È inerme, completamente incredulo al ricordo del davanzale di quella mattinata, è lì che l’ha vista svegliarsi, far filtrare la luce dalla finestra e iniziare una nenia massacrante e indefinita, che lui sapeva solo che avrebbe fatto del male… l’ha vista dirgli “è tardi”, “farai tardi a lavoro se non smetti di guardarla e morire dentro”, perché sapeva che nonostante tutto non avrebbe potuto funzionare, perché sapeva che tutto quello che stava provando in quell’addio e in quei tre giorni trascorsi insieme, avrebbero lasciato solo un alone meraviglioso che si chiama souvenir… a pronunciarlo in francese sembra ancora più dolce, come qualsiasi dolore… purché abbia derivazione “amorisiaca”…
Kikko è seduto e non sa che fare: non leggere, gettarla via o aprire quella busta? Credere in tutto quello che ha fatto finora, oppure riassaporare il sogno di lei e leggere, leggere subito?
Si fece coraggio, decise di seguire il suo impulso e con la mano destra, tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un fagotto di carta ben ripiegata di almeno tre pagine…
Intanto, la metro scorreva veloce e ad ogni stazione qualche viso fuori ad aspettare la prossima carrozza, creava immagini di donne e uomini senza futuro, solo in balia degli eventi, completamente catapultati nel grande caldo del sottopassaggio, alcuni accaldati che si toglievano nervosamente il sudore dai baffi e dalla fronte, mentre altri erano intenti a sventolarsi con giornali, ventagli, tutto ciò che potesse essere oggetto di vento! Dinamiche usuali.
Kikko distolse lo sguardo dal vetro lercio e cominciò a scartare quel manipolo di carta, fin quando la stese tutta e cominciò a divorarla con gli occhi e tutti i sensi.
Ogni parola di Celeste, lo riconduceva a odori, profumi, pelle, sapori, niente era scontato… tutto era magicamente triste e meraviglioso… in quella lettera suonavano forti le parole “addio mi amor”.
Lui vide lei in quella lettera, la vide per quello che era veramente, con il suo carattere deciso, dolce, a volte anche insolente, presuntuosa, amante vogliosa e dea tantrica, sensibilmente profonda e leggera allo stesso tempo… e fu lì, in quell’usurata poltroncina della metro, su cui milioni di culi e di vite insieme si erano seduti e riseduti, senza mai saper di averlo fatto, che lui se ne innamorò.
Fece una pausa… chiuse gli occhi e cominciò a piangere come un bimbo. Erano anni che non piangeva così, non riusciva a trattenersi neanche lì davanti a tutta quella gente che lo guardava e che intenerita, cercava di dargli un conforto con un sorriso. Ma in quel momento c’era soltanto lui, le parole di Celeste e quelle lacrime che gli rigavano il viso e che lui disperatamene immaginava avrebbe voluto versare sopra di lei, sulla sua pelle, dentro le sue braccia, sopra le sue labbra.
Assorto nelle sue sensazioni, sentì per la prima volta da che era salito lo scossone della carrozza fermarsi. Alzò gli occhi e vide che era proprio la sua fermata.
Ma come tutte le più belle fiabe…
Ogni cosa a suo tempo…
Quel tempo che li aveva consumati e allontanati, adesso è lì che non guarda in faccia nemmeno questa volta Kikko, perché se non si sbriga rischia di perdere l’aereo che lo riporterà in Italia.
E adesso è lui a correre, corre per la strada veloce come non lo è mai stato, con una forza e un’energia atipica per lui. Finora non si è mai scomposto di fronte ai grandi sentimenti, li ha sempre vissuti, guardati passare e scivolare via senza mai tentare di fermare quelle sensazioni... ed ora è lui che corre, ora che Celeste ha smesso, perché è esausta e stanca di combattere, adesso è lui che non può più vivere senza Amore.