L'eredità e il valore del tempo

Le città in cui viviamo possono essere paragonate a degli enormi set cinematografici in cui ognuno di noi ha il suo ruolo. Partiamo tutti come comparse, giovani attori in cerca di gloria e per molti quello sarà il ruolo fisso da interpretare tutta la vita. C’è chi fa il “cameraman” e sceglie di seguire le persone da lontano, in modo distaccato, filmando tutto quello che vede per poterlo poi utilizzare in un imprecisato futuro. Ci sono i “registi”, coloro che controllano costantemente che la situazione vada secondo i loro piani, gli stuntman, quegli individui disposti a fare qualsiasi cosa pur di apparire, ma soprattutto gli attori. Pochi sono quelli che riescono ad emergere e diventare delle star, ma non conta; l’importante è riuscire ad essere protagonisti della propria vita e in parte di quella di chi abbiamo accanto. L’importante è che ognuno di noi sappia vivere la sua vita come un film dove tutto è possibile, senza tagli né censure e con una scenografia e copioni tutti da scrivere. E quando mi chiedono quale sia stato fino ad ora la scena più bella in cui io abbia “recitato”, racconto sempre l’aneddoto che segue, i cui risvolti mi ha portato al traguardo più ambito (non l’Oscar): la felicità!. Era un giorno di metà Aprile. Stavo andando, come al solito di corsa al lavoro, quando sentii qualcuno dietro di me urlare, blaterare qualcosa. “Questa volta mi licenziano davvero se faccio tardi” pensai, ma essendo estremamente curioso, mi voltai e vidi un vecchio zoppo che si avvicinava alle persone chiedendogli di aiutarlo ad attraversare. I suoi modi erano scorbutici ed arroganti e probabilmente era questo il motivo per cui nessuno gli avevo dato retta, fino ad allora. Ma a me fece una tale pena che decisi di andare da lui e gli chiesi dove fosse diretto. Mi rispose sorridendo che doveva semplicemente superare quel pericoloso incrocio, poiché era poco distante da casa, ma essendo menomato non se la sentiva di andare oltre da solo. Intanto una jeep blu era sfrecciata a tutta a forza senza rispettare il semaforo, alzando un polverone di commenti e di insulti che mi distrassero un istante. “Mi stai ascoltando??!”. ”Si,si mi scusi”. La mia attenzione, dopo la breve distrazione tornò sull’anziano, che rassicurai e lentamente arrivammo dall’altra parte. Nel suo sguardo lessi un’immensa solitudine e amarezza e notai che lasciò quasi a malincuore il mio braccio. Non è facile per nessuno invecchiare né tanto meno ammettere i propri limiti. Mi salutò calorosamente e prima di lasciarmi, mi diede una delle tante lettere che gli sbucavano dalle tasche del giaccone. “Non aprirla fino a quando non sarà venuto il tempo” si raccomandò, poi sparì lentamente all’orizzonte. Senza pensarci troppo, allungai nuovamente il passo fino a ritrovarmi esausto. Sotto l’azienda dove lavoravo. Trovai i cancelli chiusi e uno dei miei superiori lì fuori ad aspettarmi. “Affuso, questo è il terzo ritardo in una settimana”. “Ma veramente io..”. “Niente scuse,lei è trasferito nuovamente alle spedizioni”. Abbassai la testa, ringraziandolo di non avermi licenziato… Non ero ironico, poteva andarmi anche peggio e lo sapevo. Ma ero comunque affranto ed arrabbiato, poiché solo pochi giorni prima ero stato promosso nel reparto gestionale dopo anni di e anni di attesa. Mi voltai e sorpreso notai seduta sul marciapiede una mia collega che sapevo avere lo stesso mia vizio. “Laura,non mi dire che anche tu…”. Mi guardò con i suoi stupendi occhi azzurri facendo cenno di si con la testa. “Beviamoci su… che ne dici?” L’inaspettata proposta mi suonò particolarmente piacevole e senza esitare un attimo accettai e uscimmo a fare due passi. Sul momento non mi resi conto quanto stupenda stesse diventando quella serata che non avrei mai dimenticato. La mia testa era altrove, persa più che negli occhi di Laura, nei tanti pensieri che mi avrebbero impedito di prender sonno. Passarono un paio d’ore e dopo il drink, l’accompagnai a casa, facemmo appuntamento per il giorno successivo e poi ci salutammo. E per me ricominciò il tormento. “È proprio vero che il tempo è denaro”. Non riuscivo proprio a realizzare il fatto di aver perso il lavoro per aiutare qualcuno. Lo trovavo assurdo e quasi paradossale. Non amavo quell’impiego, ne avevo semplicemente bisogno per arrivare a fine mese. Passarono alcune settimane prima che mi rassegnassi all’idea di dover portare pacchi su e giù per dieci ore. Sarà un imprevisto a farmi rivalutare completamente quella mia faticosa occupazione. Mentre stavo andando ad un appuntamento con la mia splendida nuova ragazza, infatti, vidi sulla prima pagina di un giornale un articolo che rubò subito la mia attenzione lasciandomi di stucco: “Milionario muore e lascia la sua enorme eredità al cane e a degli sconosciuti messi alla prova”. “Assurdo” pensai e incuriosito guardai meglio la foto, riconoscendo in essa il vecchietto che una decina di giorni prima avevo aiutato. Avvertii che avrei fatto ritardo e corsi al mio appartamento a controllare cosa ci fosse in quella lettera che mi aveva dato ma che non avevo aperto. Ero felice come un bambino a Natale. “Magari sono io uno degli ereditieri, magari lì dentro c’è il numero di telefono del sul avvocato”. Purtroppo le mie aspettative e i miei “magari” furono palesemente delusi. Trovai infatti solo un bigliettino con su scritto “A te ho lasciato qualcosa più importante dei soldi”. Nessun numero… nessun indirizzo… neanche un euro!!!. “Cosa ci può essere più importante dei soldi?” sbuffai e pensai tra me e me di essere stato sfortunato anche in quella strana circostanza, quasi la cattiva sorte mi avesse preso di mira. Mi sbagliavo e non di poco… Quelle parole potevano, dovevano avere un senso,ma quale? Non facevo altro che ripetermele. “A te ho lasciato qualcosa più importante dei soldi”, “A te ho lasciato qualcosa più importante dei soldi”. Guardai l’orologio per capire di quanto fossi nuovamente in ritardo ed ebbi l’illuminazione necessaria ad aprirmi gli occhi. Non c’è nulla di più prezioso del tempo… e lui me ne aveva regalato tanto altro. Ripensai a quella famosa giornata; la jeep blu che non si era fermata, frettoloso come ero se non l’avessi aiutato, mi avrebbe sicuramente investito. Avevo, avevo... e ho ancora i brividi a pensarci avuto inoltre la possibilità quella stessa sera, in quella serie di “coincidenze” di farmi conoscere dalla ragazza che poi si era rivelata essere l’amore della mia vita. In più l’azienda per cui lavoro, per problemi interni, aveva poi messo in cassa integrazione tutti quelli degli uffici, lasciando al loro posto solo gli impiegati delle spedizioni. Corsi da lei. “Ti spiego dopo, seguimi”. La portai al cimitero. C’era una persona che non potevo non ringraziare. Posai il mio orologio sulla lapide solitaria e strinsi forte Laura. Le sussurrai con le lacrime agli occhi come erano andate le cose e dello stupendo dono che avevo ricevuto,poi dolcemente la presi per mano ed insieme ci inginocchiammo e cominciammo a pregare.