Per mia Madre

Cara Madre,
sono conscia che la mia voce è cosi lontana che a stento riuscite a udirne il flebile sussurro. Il buio di questa grotta mi penetra giorno dopo giorno nelle ossa, nella testa. Non ho più forza di piangere, non ho forza di reagire. Mi mancate tanto...
Sapete Madre, durante un lungo interminabile giorno dove sono rimasta da sola e senza cibo osservavo le acque scure del lago, che nascondono chissà quali misteri, il loro infrangersi lento e monotono sulla riva e senza rendermene conto devo essere scivolata nel sonno. Vi ho sognato Madre.
Nel mio viaggio onirico vi eravate voi, ridente come quando cavalcavate i vostri cavalli, con la risata cristallina mentre correvate come un uomo, con i capelli rossi al vento, così simili ai miei, fra la gioia e i sorrisi di coloro che vi amavano e che vi amano ancora.
Vi ho sognato con i cavalli che tanto amo e odio, con quegli animali fieri che creano in me sentimenti contrastanti.
Ricordate come vi venivo dietro per i campi attaccata alle vostre gonne? Come anche a me piaceva cavalcare?
(Elastir, bianco destriero... è lì vicino a voi adesso?)
Non sono riuscita a montare più su di uno di essi dal giorno della vostra morte, da quando vi hanno portato via, dalla mattina in cui vi abbiamo trovato con quel sorriso dolce ed enigmatico così pieno di promesse. Madre perché? Perché siete andata via? Perché la vita è cosi crudele con me? Cosa ho fatto di terribile?
Con stupefacente angoscia stringo fra le mani la pietra che tenevate al collo, essa è sempre con me, la piccola pietra senza alcun valore di cui voi eravate tanto gelosa, nessuna l'ha mai vista madre, la tengo fra le vesti con un lungo laccio, per gli altri non avrebbe comunque alcuna importanza, ma mi lega a voi, al vostro ricordo e mi dà conforto.
Sono andata via dalle nostre terre poiché il dolore di vedere la nostra casa vuota, la nostra famiglia, un tempo serena, ormai distrutta mi soffocava, mi toglieva il fiato, non riusciva a farmi aprire gli occhi senza che essi fossero colmi di lacrime, sapeste quanti fiori ho piantato sul vostro giaciglio... dovreste vedere come erano profumati e colorati.
Poi un giorno sono giunti due uomini, dopo alcuni mesi dalla partenza di nostro padre, mi dissero che avevano il suo corpo.
Egli era partito nonostante le mie suppliche, cercava il vostro assassino... non riusciva a rassegnarsi che fosse stato tutto un incidente, vi amava alla follia egli, come vi amavamo noi. Ed allora rimanemmo da sole. Io e la vostra piccola Varienne.
Perdonatemi madre se quanto insieme a voi, sul giaciglio di umida terra è giunto anche vostro marito, mio adorato padre, ed ho piantato fiori anche per lui, non sono rimasta a vederli crescere. Perdonatemi se non ce l'ho fatta e sono andata via.
Adesso che sono sola e ho tanto tempo per riflettere, me ne rammarico. Non dovevo lasciare il villaggio né la nostra gente. Adesso sono sola. Abbandonata a me stessa.
Dovete sapere madre che il vostro piccolo gioiello è divenuta adulta, Varienne adesso è una sacerdotessa, è lontana, mi manca, ma ogni tanto mi appare in sogno sono cosi contenta che non sia in pericolo e stia bene. Varienne sorella mia, ti voglio bene... sempre e comunque, qualsiasi cosa mi possa accadere.
Ed io? La vostra figlia buona e laboriosa, come sono finita? Cosa faccio? Non mi dicevate sempre che avrei avuto un futuro luminoso?
Perché Madre ogni volta che cerco di afferrare la felicità mi sfugge, gettandomi dentro un baratro?
Un pozzo sempre più buio, sempre più profondo. Sola. Non so cosa accade al di fuori di questa piccola ed umida grotta, non so quando l'uomo che mi tiene rinchiusa si annoierà di me e quando quel momento arriverà pregherò la Dea affinché mi uccida in fretta senza abusare di me.
Sono giunta su queste terre e tutto mi appariva scuro, vi era solo un puntino a illuminare il mio cielo nero, era lui, una piccola stella destinata a cadere poco dopo,ingannandomi e facendomi soffrire. Sono stata una sciocca Madre, egli aveva un'anima dannata ed io non sono riuscita a vederlo.
I rosei sogni dell'amore, come posso ancora crederci?
Il mio cuore dolente si era aperto a poco a poco, il lavoro mi aveva aiutato, il gettarmi anima e corpo nei piccoli progetti che tanto amo, e la congrega... la mia nuova famiglia.
Era giunto il sole, una nuova vita, la serenità, il desiderio di figli. Ci pensate Madre? La vostra piccola Shemye con un bambino da amare? Non era il vostro desiderio fin da quando ero ancora piccola?
Ed adesso? Rapita. Segregata, per rivivere di nuovo un incubo, in forma ed in maniera diversa, ma pur sempre un terrile e nebuloso incubo.
La prima volta ho perso il mio compagno, Elverelith, il mio promesso sposo, viva e salva per grazia divina, fuggita con la calata delle nebbie, confusa. Non tento nemmeno di ricordare cosa mi è accaduto.
Adesso invece cosa perderò? Non ho più nulla se non la mia vita, le mie mani e la mia voce, che nelle ore di solitudine mi tiene compagnia, facendo sì che non impazzisca e tenti per questo gesti folli.
Scappare? Come posso... Quanto dista la terra ferma dalle acque scure? Cosa c'è fuori da questa grotta? So di essere sull'isola, ma morire a causa della stanchezza nelle alte acque? E' questo il mio destino?
E se non morissi, se quell'uomo riuscisse nuovamente a prendermi, cosa il futuro mi riserva?
Madre ho tanta paura. Paura di non farcela.
Vi supplico vegliate su di me e datemi la forza di continuare a vivere.
Vostra Shemye