Se una notte d'autunno un suonatore

"Ci vuole swing", dice.  E quella voce sa di foglie gialle a terra e di vento ancora caldo a
mezzogiorno. Non sa di sera, quella voce. Di sera serve coprirsi, serve pedalare forte prima che il tramonto arrivi col suo freddo di buio. Sa d'autunno. E per questo non fa troppo male. Non ha la gloria sfacciata dell'estate e nemmeno il rigido imporsi dell'inverno. Ha la mezza misura dell'intermedio, la grazia del passaggio. Dalle finestre grandi della limonaia passa la luce fioca di un lampione e piove, piove piano, che non sferza la faccia se esci ma lo senti appena sui capelli. "Ci vuole swing, Monia. La leggerezza dell'abbandono mista allo slancio vitale. Dondolare. Dondolare sull'altalena delle cose. Su e giù, in parabola ascendente. Tensione. Distensione."
La birra è a metà. Il tavolo, tondo e basso in alluminio, si colora d'amaranto e giallo. I faretti però sono discreti, si mescolano piano alle parole, senza accecare, senza disturbare il tono quieto del parlare. "Duke Ellington lo diceva, nessun testo musicale è swing, non si può scrivere dello swing perché lo swing è cio che eccita l'uditorio e non esiste swing fino a che la nota non è risuonata. Lo swing è un fluido e per quanto l'orchestra abbia suonato un pezzo quattordici volte, può darsi che essa lo suoni con swing solo la quindicesima volta."
"La quindicesima volta è la mèta?"
"Sì e la spinta per resistere le prime quattordici."
"Un po' come nella vita."
"Già."
"Lo sai, lo diceva anche il mitico Pier Vittorio."
"Vero, Tondelli. Lo hai letto? Un grande."
"Sì."
Seduti su sgabelli rossi, sembriamo una lotta di sguardi. Lotta di cuscini, però, di quelle che ridi, non per farsi male. Il locale non si riempie stasera, tutto è come sospeso.
"Quando piove, quassù è così, non vengono." La gente pare non voglia disturbare e se ne sta altrove, nelle case, in altri pub. Via da questi discorsi di suono, da questo parlare sommesso. Eppure qui c'è appena stato un uomo, sul palchetto, che ha suonato. E ora che ha finito, beve al bancone e continua a suonare, però lo fa parlando. Ci guarda, con la sua voce d'autunno. E infila a turno i nostri nomi in mezzo a quelle parole, come si fa con un bambino per
richiamarlo all'ordine, per educarlo all'ascolto.
"Lo swing, Monia, non lo scrivi sul pentagramma. Saltella come un cane sul prato. Due crome suonate in tre ottavi per la durata di un quarto. Forza centrifuga e centripeta. Trombe, tromboni, sassofoni e la sezione ritmica, la più importante, formata da pianoforte, chitarra, contrabbasso e batteria. Così suonavano le big bands, 20/25 elementi. Ma anche e solo 3, 4 persone come noi stasera e allora hai il main stream. E c'era un leader, coi suoi arrangiamenti scritti, che definiva l'impostazione del suono. E poi isolisti che improvvisavano su quel tappeto, variando il tema, diventando tema essi stessi."
"Sei il leader, stasera?"
E gli altri tre guardano e sorridono. Sullo sfondo, dietro le loro schiene, la pioggia di mezzanotte cade sui vetri.
"Se così ti piace definirmi."
La cameriera bionda si ferma, beffarda e si appoggia al suo sgabello. Pochi tavoli da sistemare, praticamente già finito.
"Lei è bravo", gli dice e rianima in lui un mondo lontano di donne che lo aspettavano fuori, belle e morbide, donne da suonare come la chitarra che
tiene ferma, ora, poggiata alle gambe. Donne di quando ci credeva ancora che suonare poteva dargli un po' di pane. "E' bravo davvero. Poteva sfondare,
poteva non farlo solo per hobby."
Lui non risponde. O meglio, lo fa a modo suo. Prende la chitarra ed arpeggia. La guarda e in quel sorriso c'è un ghepardo in attesa, un cenno d'attacco domato, un istinto d'uomo che naturalmente va verso quel richiamo di donna.
Sono belli, quei due, dal mio angolo di sgabello rosso. Sono una promessa, un gioco di seduzione unilaterale, di lei che non ha bisogno di chiedere, di lui che in svantaggio prova a recuperare. L'arpeggio si muta in sostanza, ritorna brano, chiama gli altri strumenti e così, senza un programma, senza nemmeno dirlo, quei quattro ricominciano a suonare.
Poi, alla fine, al microfono, lui.
"Ci vuole swing, Monia, ci vuole swing."