Un eroe senza super

Il colmo. Finito nel traffico dell’antivigilia di Natale.
E non poter azionare i razzi della Batmobile per non rischiare di fare una strage!
Non gli era restato che sgusciare via dal mezzo e proseguire “a piedi”, o meglio sui tetti, dove nessuno lo poteva vedere. Avrebbe recuperato la Batmobile più tardi. Il messaggio non poteva aspettare.
Non prevedeva certo di incontrare il cavaliere che gli si parò d’un tratto davanti, l’abito di maglie di ferro di cui era rivestito scintillava alla luce della luna. C’era da chiedersi come avesse fatto a portare il cavallo fin sopra al grattacielo. Si mise subito in guardia.
‐ E tu chi saresti?
Lo sconosciuto non si tolse la cervelliera, ma il volto barbuto seminascosto dal cappuccio in maglia di ferro si vedeva perfettamente. ‐ Dovresti saperlo, Bruce, ‐ disse. ‐ Se non sbaglio, tanti anni fa, questa stessa notte, avevi espresso per Natale il desiderio di vedermi.
Egli non sembrò per nulla sorpreso, non ebbe bisogno di guardare la sopravveste di seta blu ricamata a leoni d’oro che il cavaliere indossava per capire di chi si trattasse. Gli bastò ricordare la letterina a Babbo Natale firmata dal piccolo Bruce Wayne, nove anni, la stessa che, quella mattina, gli era ricapitata tra le mani in una busta insieme alla lettera anonima che ordinava a Batman di presentarsi a mezzanotte sulla Clock Tower. Una sola frase: “Caro Babbo Natale, per Natale vorrei incontrare Re Artù”.
Sentirsi chiamare con il suo vero nome: questo lo aveva davvero turbato.
‐ Allora questa farsa è opera tua, ‐ disse. ‐ Cos’è, un ricatto? Chi ti manda?
‐ Un bambino, ‐ fu la risposta.
Non si stava prendendo gioco di lui, a giudicare dalla voce. L’unico in tutta Gotham City cui non facesse paura. O era un pazzo, o era sul serio Re Artù.
‐ L’eroe di Camelot prende ordini da un bambino? ‐ chiese con un mezzo sorriso. ‐ Non dovrebbe esser privilegio di un re non render conto a nessuno?
Re Artù scese da cavallo. Così superava a malapena la sua spalla.
‐ Un supereroe, non un re, pretende questo. Mi spiace deluderti, ma io non ho fatto che prendere ordini per tutta la vita, o quella corona non l’avrei nemmeno accettata. Lo so, a scuola hai sentito parlare di me come fossi un semidio; forse avresti dovuto sapere la verità prima di giurare che da grande saresti diventato come me.
E quella sera il piccolo Bruce Wayne era solo; ma come sapesse così tante cose su di lui sembrò non impressionarlo più di tanto.
‐ Quel bambino non esiste più, ‐ disse invece. ‐ Arrivi tardi. Lui ti aspettava quella notte di tanti anni fa, quando vide il padre e la madre uccisi da un ladro con una pistola in mano.
Si accorse solo allora che il fodero non portava alcuna spada. Era vuoto. Re Artù senza Excalibur, davanti a un supereroe armato fino ai denti. Se avesse voluto, avrebbe potuto farlo a pezzi. Eppure non avrebbe mai osato toccarlo. La persona stessa del re emanava una forza tale da non aver bisogno di null’altro. Neppure di una maschera nera.
‐ Quel bambino io l’ho visto perfettamente poco fa, ‐ quegli occhi azzurri sembravano togliergli l’armatura pezzo per pezzo. ‐ Quando ti sei accorto di esser finito nel traffico avevi la stessa espressione del giorno in cui i tuoi compagni di scuola ti chiusero per scherzo in cantina.
‐ Stai parlando a Batman, non a Bruce Wayne.
‐ Sto parlando a te. Credi forse che Gotham City non l’abbia capito da un pezzo chi sei? Un uomo rimane uomo, amico mio, anche quando lo seppellisci in una corazza di kevlar per togliergli ciò che ha dentro, e alla luce del sole mostri un volto talmente frivolo da non essere reale.
‐ Tu invece ti sei conservato tutto, ‐ egli rispose, sarcastico. ‐ Anche il tuo bel paio di corna.
Re Artù non sembrò per niente offeso. ‐ Ginevra più di tutti sapeva di aver sposato un eroe, non un supereroe. Se avesse sposato Lancillotto non sarebbe andata diversamente. Le corna fanno parte della storia; anzi, piacciono alla gente. Ti rendono più alla sua portata. E forse anche più utile. Dicono loro che anche un cornuto qualsiasi può diventare un eroe. Un eroe, senza super.
Gli voltò le spalle. Si sedette sulla ringhiera, cercando il tempo di digerire la valanga. Ci aveva pensato mille volte che prima o poi sarebbe arrivato il momento della fine di Batman, ma come un giorno ancora lontano. Il momento in cui si sarebbe tolto il cappuccio per l’ultima volta. No, non ora. Non riuscì a toglierselo.
‐ E chi sarebbe il bambino che ti manda? ‐ mormorò.
‐ Il bambino che tua madre ti ha insegnato a pregare mattina e sera, ‐ fu la risposta. ‐ Il bambino che fa muovere tutta quella gente... Guarda giù, Bruce.
Egli guardò. Guardò le luci colorate, il grande albero addobbato al centro della piazza. Davanti alla chiesa si era formato un gruppetto improvvisato di gospel che ad ogni persona che passava gridava “Buon Natale, buon Natale”.

Ding dong! Verily the sky
In riv’n with angel singing.
Gloria! Hosanna in Excelsis!