Il canto di un grillo meccanico,
allarme dimenticato, risuona dai piani
senza ascensore. Il lugubre rintocco
smezzato dalle finestre accostate, si
insinua con il corpo di un gas
e mi raggiunge. Non sapevo come finirmi,
se con la bocca slabbrata dal silenzio o con
le vene disossate dai polsi.
Allora ho pregato che mi arrivasse
un aiuto, un giorno come mannaia,
un orario per cappio.
E adesso che mi amalgamo in questo
corteo cereo e buio, adesso che le promesse
sono mantecate al disprezzo, trovo un mio
ricciolo nella minestra: il naufrago arranca,
poi affonda. Nulla di me va salvato.
Lo sforzo stipato piuttosto in cantina
fra un rosso pasticcio di uve e
budelli ripieni di bisestili mattanze.